L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

domenica 28 settembre 2008

Giustizia/Sicurezza: La paura? Da collettiva è diventata individuale

di Lisa Ginzburg- www.ilmessaggero.it

ROMA (27 settembre) - La paura era collettiva, adesso è individuale. Non più terrore condiviso di epidemie, catastrofi, guerre. Invece un tarlo insinuante e sottile vissuto in solitudine, ognuno acquattato nel grembo delle proprie nevrosi. È per esplorare le dimensioni dei nostri più profondi timori che in questi giorni a Roma si è tenuto il primo World Social Summit, organizzato dalla Fondazione Roma e dal Censis. Attraverso le voci di sociologi, filosofi, architetti, scrittori, rifugiati, magistrati, politici, psicoanalisti. Calarsi nel baratro delle “paure planetarie” e di lì immaginare strade per arginarle, dare loro un contenitore. «Governare la paura», è stato detto dal Presidente della Fondazione Roma nel discorso di apertura dei lavori, «è possibile solo se si è in grado di ascoltare l’anima». Già, ma l’anima del mondo è a tal punto opaca, indefinita, che della sua stessa illegibilità c’è di che aver paura. Tutto suona caotico, irrazionale, imprevedibile e perciò non risolvibile. Alla nostra paura e alla sua ancor più perniciosa alleata, la paura della paura, il solo vero rimedio – ha argomentato James Hillman – è l’immaginazione con le sue infinite possibilità.

La vita corre, il mondo ancora di più. Quel che ognuno di noi teme è di “perdere il treno”, il proprio posticino nella società. Come ha spiegato il sociologo Zygmunt Bauman, la sindrome più forte è quella di venire esclusi, proprio come nel “Grande Fratello”. Siamo tutti vulnerabili, esposti, prossimi all’umiliazione. La paura non è tanto quella di una catastrofe che può avventarsi sul mondo. La paura maggiore è di venire esclusi dal “gruppo”. Non si temono, come era prima, i lupi – bestie feroci sì, ma visibili e riconoscibili. Ora quel che si paventa sono i lupi travestiti da uomini, i kamikaze, portatori di morte camuffati, assassini padroni dell’imprevisto. La realtà è un mistero, gli esseri umani sono tutti potenziali nemici. Da questa condizione di insicurezza esistenziale (perché è ormai impossibile pensare la società come una rete che possa proteggerci, tutelarci), la paura diventa un business. Una gigantesca occasione di profitto, un capitale commerciale. Sulla paura si specula. La si manipola, a seconda delle opportunità che essa offre.

Le statistiche parlano chiaro. L’Italia spicca, prima vittima della manipolazione mediatica. Tra le grandi metropoli globali, Roma è quella dove il maggior numero di persone (48,4%) attribuisce all’informazione l’essere causa scatenante di panico. È anche, Roma, la città del mondo con la più alta percentuale di sistemi di autoprotezione (porte blindate, allarmi, etc.). Come dire: siamo strabici. Da un lato sappiamo bene di quali macro-meccanismi risultiamo i burattini, dall’altro i fili si tendono e scattiamo sull’attenti ad ogni allarme, falso o patinato che sia. Senza riuscire a vedere i pericoli veri, né essere lucidi abbastanza da contattare le nostre ansie interne. Un mondo talvolta estremo (come quello descritto da Roberto Saviano, anche lui ospite del Summit), dove «la dimensione di morte è necessaria a raggiungere gli obiettivi, dove parlare di paura genera paura». C’è una società “scura”, che agisce inconsapevolmente, pervasa di fragilità. Una comunità globalizzata dove tutto coesiste, generando osmosi di merci, di culture, ma anche di violenze e di criminalità organizzate. E le diverse reazioni a questo grande mescolarsi del mondo. Roma è la capitale mondiale più restìa a riconoscere le proporzioni del mutamento, con un 19,7% di spaventati dalla crescente immigrazione di contro al 4,6% di Parigi. (Proprio Roma che, lo ha sottolineato Massimiliano Fuksas, con i suoi 2 milioni di abitanti ai tempi di Augusto è stata la prima megalopoli della storia).

Vaste plaghe di pessimismo, contrazioni psicologiche, chiusure. In una parola: sfiducia. Se l’antidoto a questo stato di cose è sembrato sinora essere il rifugiarsi in sé o nel mondo parallelo del virtuale (Second Life ha 12 milioni di utenti registrati nel mondo), le cose parrebbero mature per cambiare. In nome dei grandi corsi e ricorsi della storia, tornare alla solidarietà tra umani. Condividere i nostri timori, recuperare le risorse della solidarietà. Ricominciare a vedersi, parlarsi. Dare così le giuste proporzioni a tante delle nostre angosce. Perché – lo ha detto Edoardo Boncinelli parlando delle possibilità liberatorie offerte dalla scienza – «la paura non si può eliminare, ma si può rendere sempre più immotivata».

Giustizia/Sicurezza: World Social Summit- la paura è la "colpa dei media"

di Alessia Grossi

L’Unità 26 settembre 2008

"Ciò che è certo è che è importante combattere la paura della paura". A dare qualche prima certezza sulla questione delle paure globali è il sociologo Michel Maffessoli nel suo intervento al secondo giorno del World Social Summit di Roma. Ma come fare a non avere paura? Al di là delle soluzioni possibili, quelle tipiche del pensiero moderno e contemporaneo, quello di Marx,ad esempio, "la vera catarsi oggi si trova nei mezzi di comunicazione interattiva". Insomma nel momento in cui la fragilità delle istituzioni impedisce di aggrapparsi alle ideologie che immaginano un mondo perfetto ecco che arrivano i giochi di ruolo, quelli che permettono a tutti di reinventarsi e in qualche caso anche si simulare un’altra identità, un’altra vita, un altro mondo possibile. "Un po’ come succedeva nell’antichità con i baccanali nel mondo greco e le feste, quelle virtuali e momentanee evasioni che concedono a tutti un momento di purificazione dalla vita stessa, un attimo folle in cui il immaginare come a teatro che se il male esiste è possibile purificarsi". Contro il fare finta di non aver paura Maffessoli invita "a vivere la paura, affrontarla come un gioco accettare il ritorno del tragico. Ma soprattutto - dice il sociologo - è il "fare con", il buon uso di "questo e di quello" che aiuta l’uomo a convivere con la sua ombra".

Ed è proprio la condivisione ciò che manca ai cittadini del mondo stando al rapporto del Censis. Al di là delle grandi paure, comuni solo al 10 per cento dei cittadini delle metropoli, infatti, i timori e le ansie più gettonate nelle risposte degli intervistati riguardano tutti la paura di perdere le capacità psicofisiche. Paure ancestrali, dunque, che come suggerito anche dal sociologo Frank Furedi , "ci rendono più vulnerabili come collettività al punto che non parliamo più nemmeno con i vicini di casa e viviamo nel nostro intimo". Inversamente proporzionali alla globalizzazione, dunque, i timori che questa investa la quotidianità di ognuno fa in modo che paradossalmente sia proprio la dimensione individuale a prevalere. Al punto che mancando uno stato sociale in grado di proteggere il singolo succede che siano i più poveri ad avere la percezione di essere in pericolo. A sorpresa la paura dei newyorkesi, infatti - dice il Censis - è quella di non poter reggere il proprio tenore di vita e la paura degli attentati terroristici viene solo dopo.

Niente da temere, però, secondo l’architetto Massimiliano Fuksas. Sarà proprio il superamento delle certezze del passato e il caos, inteso come imprevedibilità a riportare i cittadini ad un’organizzazione sociale e collettiva degli spazi che aiuti tutti a non avere più paura. L’esempio lo dà l’India raccontata da Suketu Metha, autore di Maximum City. La ricerca del Censis dice che Mumbay è tra le città più ottimiste. "Questo perché - spiega lo scrittore indiano - il nostro è un sistema basato sulla solidarietà. Gli indiani sanno che davanti alla catastrofe naturale il senso di autogoverno che si crea tra i cittadini risolverà la crisi. Nessuno punta sul governo centrale per gli aiuti, ognuno si assume le proprie responsabilità e crea la rete di speranza nel futuro".

L’Italia non è l’India. Anzi, nonostante le similarità tra i due paesi ricordate da Metha, come il "disastro della compagnia aerea nazionale, l’amore per il cibo, e un premier italiano", la paura e la solidarietà italiana e quella indiana hanno natura e conseguenze opposte. "In Campania, ad esempio - spiega Roberto Saviano - è il sistema camorristico a gestire la paura. E la solidarietà di cui parla Metha, è lo strumento della camorra che alimenta la paura e poi la sfrutta per sostituirsi allo Stato. Al punto - continua Saviano - che i cittadini non hanno più nemmeno la percezione della paura. Nemmeno la morte fa paura. Perché il guadagno che deriva dal rischio di morire è più conveniente. Il sistema si alimenta con la paura e la "compra" per alimentarsi".

Così, apparentemente in contro tendenza con l’intero appello del summit, Saviano arriva ad augurarsi che "in Campania arrivi la paura, meglio del freddo distacco". Non sempre la paura porta un segno negativo. Altra certezza.

Giustizia/Sicurezza: Censis- questo è mondo di paure, il ruolo dei media

Vita, 26 settembre 2008

Vulnerabili, insicuri, pieni di paure. È il quadro che emerge dalla ricerca condotta dal Censis presentata da Giuseppe Roma. Un focus che prende svolto in dieci grandi città del mondo (Londra, Parigi, Roma, Mosca, Mumbai, Pechino, Tokyo, New York, San Paolo e Il Cairo) intervistando un campione rappresentativo d’età compresa fra i 15 e i 75 anni. Infine, se si chiede ai romani da quale soggettualità si sentano più sostenuti nel contrasto alle proprie paure, l’84,8% risponde dalla famiglia. L’epoca della paura Non vi è dubbio che l’insicurezza sia uno stato d’animo sempre più diffuso.

Il 90,2% della popolazione intervistata ammette di avere almeno una piccola ansia quotidiana, il 42,2% avverte con maggiore intensità una o più angosce, mentre solo l’11,9% sembra lasciarsi sopraffare dalla paura. Quanto alle forme della paura, in cima alle preoccupazioni le paure ancestrali: il timore di perdere i propri cari, di essere colpiti da una malattia invalidante, di perdere l’autosufficienza (stati d’animo che si attestano rispettivamente al 15,9% e al 14,9). Seguono la paura di subire violenze (segnalata dall’11,7% degli intervistati), la preoccupazione di non riuscire a mantenere la propria posizione sociale (11,9%), di perdere il lavoro (9,7%) o la casa (10%). In fondo alla classifica la paura legata al verificarsi di catastrofi naturali, di attentati terroristici epidemie o intossicazioni alimentari.

Naturalmente le risposte sono legate anche all’età degli intervistati (quella di perdere le proprie facoltà intellettive è avvertita più dagli anziani; l’ansia da prestazione più dai giovani) e al contesto (a Tokyo la paura di essere colpiti da un terremoto è indicata dal 16,1%; a New York i timore più diffusi è quello di perdere il proprio tenore di vita, al 17,2%, e di attentati terroristici, 16,6%). Tale sentimento è cresciuto, in questi anni, anche in relazione all’appartenenza a specifici segmenti sociali: nelle classi sociali più agiate, il 29,6% degli intervistati dichiara aumentata la propria paura personale - percentuale che, fra le classi meno fortunati - sale al 57,7%. I risultati italiani Insomma in tutto il mondo la paura è in continua crescita, con differenze anche significative tra le città analizzate: a Tokyo, San Paolo, New York e Roma l’incremento della paura personale si attesta su livelli molto diversi (si va dal 61,7% della prima al 46,6% della capitale italiana). Del resto la capitale italiana detiene, secondo il Censis, la maglia nera della sfiducia: la paura fisiologica è contenuta al 12,2% ma prevale un senso diffuso di incertezza (il 46% degli intervistati la rileva).

Se però si vanno a vedere quali siano le paure indicate dai romani intervistati, al primo posto si colloca il timore di essere colpiti da una malattia invalidante o avere un incidente (21%), al secondo di perdere le persone care (al 19,4%), perdere le facoltà intellettive (18,6%). Seguono il timore che i figli abbiano una vita peggiore della propria (14%) e quella di subire violenze e aggressioni fisiche (9,8%).

Chi alimenta la paura? Secondo il 30,7% degli intervistati è la diminuzione del livello di protezione sociale ad alimentare la paura; quasi il 30% individua nella perdita dei valori di solidarietà e di rispetto la causa di tale incremento, mentre per il 29,6% va imputato all’aumento della violenza. Seguono le difficoltà di sviluppo (rilevante per il 21,3%) e l’uso spregiudicato che i mass media fanno di questo stato d’animo (18,6%). Se queste sono le medie fra le dieci capitali, interessante analizzare i risultati di Roma, dove la diminuzione del livello di sicurezza sociale è per il 37,8% degli intervistati la prima causa dell’incremento della paura. Seguono la crisi della solidarietà (al 27,6%), le preoccupazioni economiche (20,7%) e l’aumento dell’immigrazione clandestina e della criminalità ad essa collegata (al 19,7%). Quando ai romani si è chiesto quali siano i soggetti che aumentano le paure della gente, nel 47,8% dei casi hanno indicato al primo posto i mass media (per catturare audience), seguiti dai politici (28,6%). Dati piuttosto lontani dalla media delle risposte, secondo cui la responsabilità è dei politici per il 29,6% del campione e dei media per il 20,4% degli intervistati. Lottare contro le paure Per contrastare le paure globali, la maggioranza degli intervistati - il 31,% - ritiene necessario ci siano più responsabilità e impegno da parte di tutti; per il 21,3% occorre che ci sia più spazio e attenzione alle relazioni e ai rapporti con le persone. Risultati possibili, per il 31% della popolazione metropolitana, solo con la garanzia di maggior ordine e rispetto delle regole.

martedì 23 settembre 2008

D.L. n.112/08 - assenze per malattia - Indennità Servizio Penitenziario

23 settembre 2008.

Al Pres. Franco IONTA
Capo del DAP
e, per conoscenza
All’On.le Agelino ALFANO
Ministro della Giustizia
Al Sen. Giacomo CALIENDO
Sottosegretario con delega al personale
Ministero della Giustizia
Al Dott. Emilio di SOMMA
Vice Capo del DAP
Al Cons. Santi CONSOLO
Vice Capo del DAP
Al Dott. Massimo DE PASCALIS
Direttore Generale del Personale
e della Formazione DAP
All’Ufficio del Capo del Dipartimento
Servizio per le Relazioni Sindacali - DAP

OGGETTO:D.L. n.112/08 - assenze per malattia - Indennità Servizio Penitenziario

Signor Presidente,

come noto l’art. 71, comma 1, del D.L. n. 112/08, convertito in legge n. 133 il 6 agosto 2008, stabilisce che:
“ Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D. Lgs n.165/2001, nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio.”
In analoga situazione, l’Aran ha già chiarito, con nota n. 2439 del 26.6.1995, che le connotazioni dell’indennità penitenziaria - pensionabilità e corresponsione per tredici mensilità - sono tali da renderla assimilabile alla struttura retributiva fondamentale e, per tale motivo, l’emolumento in parola deve necessariamente seguire la disciplina del trattamento salariale non accessorio prevedendo la erogazione integrale della retribuzione.
La CONFSAL UNSA Giustizia, con nota del 24 luglio 2008, ha pertanto sollecitato l’Amministrazione penitenziaria a diramare disposizioni urgenti tese a confermare la piena validità della circolare n. 2199 del 27 giugno 1995 dell’Ufficio Centrale del Personale DAP, anche alla luce dell’art. 71, comma 1, del D.L. n.112/08. A tutt’oggi, mentre per il personale civile penitenziario (Educatori, Assistenti Sociali, Contabili, Tecnici e Amministrativi) siamo in attesa di riscontro da parte dell’Amministrazione penitenziaria, il Governo ha presentato un emendamento al disegno di legge n. 1441, in discussione presso la Camera dei Deputati, che esonera il comparto sicurezza - e quindi la Polizia Penitenziaria - dalle decurtazioni economiche previste dal D.L. 112/08 in caso di assenza per malattia.
Premesso quanto sopra, onde evitare una possibile ed ingiustificata, nonché ulteriore, disparità di condizioni giuridico/economiche tra personale Civile e di Polizia penitenziaria (cfr stipendio, pensione, trasferte, straordinario, rimborso rette asili nido, etc), che lavora nel medesimo contesto carcerario ed è assoggettato allo stesso mandato istituzionale, la scrivente O.S. chiede un intervento urgente della S.V. teso a riportare omogeneità di trattamento tra i propri dipendenti.
Si allega la documentazione sopra citata e si resta in attesa di un cortese urgente riscontro volto a placare un legittimo e crescente malcontento del personale civile penitenziario.

Giustizia: cresce "voglia di ordine", Italia come una caserma?

di Michele Ainis

La Stampa, 23 settembre 2008

L’Italia come una caserma? Lo fa temere una litania di fatti, che stanno rovesciando molte nostre abitudini sociali. Te n’accorgi alla partita di pallone, con i divieti di trasferta decretati dal ministro Maroni, e con la tolleranza zero negli stadi. Nelle relazioni con domestici e badanti, da quando sempre Maroni espelle gli immigrati a brutto muso, smantella i campi nomadi, confisca gli appartamenti in affitto ai clandestini.

A scuola, dopo il ritorno del 7 in condotta stabilito dal ministro Gelmini. Al mercatino, perché il ministro Scajola ha dichiarato guerra a chi acquista griffe contraffatte. Camminando nei quartieri periferici, dove il ministro La Russa ha inviato ronde di soldati. In fila allo sportello, dal giorno in cui il ministro Brunetta ha cominciato a licenziare gli impiegati troppo lavativi. Nei rapporti di lavoro, come mostra la mano dura del ministro Sacconi con i sindacati di Alitalia. Perfino nei costumi sessuali, giacché il ministro Carfagna ha deciso d’arrestare su due piedi lucciole e clienti.

Questo atteggiamento muscolare, quest’indirizzo delle maniere forti si propaga per cerchi concentrici, come l’onda sollevata da un sasso sulla cresta del lago. Ha origine in un atto del governo, viene poi subito emulato da tutti gli altri apparati dello Stato. Dalla polizia stradale, che ha iniziato a prendere sul serio le norme contro l’alcolismo. Dalla magistratura, che senza l’altolà di Alfano avrebbe processato la Guzzanti per aver spedito all’inferno il Santo Padre. Da 8 mila sindaci travestiti da sceriffi, che in nome del decoro urbano proibiscono l’accattonaggio (Assisi), il tramezzino in pubblico (Firenze), le massaggiatrici in spiaggia (Forte dei Marmi), la sosta in panchina per più di due persone (Novara), le effusioni in auto (Eboli), le bevande in vetro nelle ore serali (Genova). Ma il giro di vite risponde a una domanda ormai corale da parte di chiunque sia investito di qualche responsabilità sulla nostra vita collettiva: è un ritornello, un tic. L’ultima proposta viene dal presidente della Lega calcio Matarrese, che reclama celle negli stadi, anche perché le patrie galere hanno esaurito i posti a sedere.

Fosse successo appena l’anno scorso, non si sarebbero contati gli scioperi, i sit-in, i presidi antifascisti. Invece tutti zitti, contenti e applaudenti. Il vento dell’autoritarismo gonfia le vele del governo, trasforma la sua navigazione in gara solitaria, senza scogli, senza avversari: l’ultima rilevazione di Euromedia gli assegna un gradimento record del 67,1%. C’è in questo l’unanime condanna del lassismo, che fin qui ci sommergeva.

C’è in secondo luogo il lascito del biennio Prodi, una reazione di rigetto contro la chiacchiera elevata ad arte di governo, contro lo stallo, la non decisione. C’è in terzo luogo il tarlo dell’insicurezza, che rode le nostre esistenze individuali. Insicurezza anzitutto economica, con l’impoverimento della classe media e con l’affamamento dei ceti popolari; ma l’incertezza sul futuro si traduce in un bisogno d’ordine, scarica pulsioni intolleranti, imputa al maghrebino che raccoglie pomodori tutta la colpa se il lavoro è poco. E c’è in quarto luogo l’espulsione dalle assemblee parlamentari delle due sole tradizioni politiche schiettamente antiautoritarie, quella liberale e quella della sinistra libertaria e anarchica. A fare opposizione dura e pura resta Di Pietro, però il suo movimento non ha mai osteggiato l’uso del manganello sulla testa degli indisciplinati.

Questi elementi non bastano tuttavia a spiegare il nuovo clima che ha attecchito sui nostri territori. Perché tale fenomeno s’accompagna a una mutazione antropologica, e perché è stato l’uomo nuovo a generare il nuovo clima, non il contrario. Riecheggia a questo riguardo la lezione d’uno psicologo nazista, Jaensch, poi rilanciata da Fromm e Adorno: ogni governo autoritario ha bisogno di una "personalità autoritaria", ossia d’un popolo zelante verso i superiori, sprezzante nei confronti dei più deboli. Non è forse questa la chiave di lettura del razzismo che soffia come un mantice sulla società italiana?

E non sgorga da qui la doccia di gesso che ha spento le vampate d’odio sulla Casta? Improvvisamente la nostra società si è risvegliata docile, addomesticata. Alla cultura del conflitto, il sale dei sistemi liberali, abbiamo sostituito tutt’a un tratto il culto del potere, delle gerarchie, dell’ordine. E il centro-destra si è limitato a intercettare questo sentimento, a dargli sfogo, sia pure riesumando fossili come le case chiuse o la verga del maestro. L’obbedienza non è più una virtù, diceva nel 1965 don Milani. Infatti: quarant’anni dopo, si è tramutata in vizio.

lunedì 22 settembre 2008

NEWS SINDACALI

- Dirigenti Penitenziari, conferimento provvisorio di incarichi dirigenziali
da www.osapp.it

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - CONTRATTO COLLETTIVO INTEGRATIVO

Criteri di mobiliti del personale Comparto Ministeri. Invio verbale di riunione de1 22.7.2008
da www.fpspenitenziario.cisl.it

Modificazione degli stati di coscienza: la paura rassicurante

www.fuoriluogo.it

Vi è un paese in cui si sperimenta su larga scala, l’universo della popolazione, la modificazione dello stato di coscienza attraverso fini tecniche di suggestione ipnotica e di induzione sensoriale, tramite immagini e parole reiterate in modo costante ed ossessionante: il rap delle cifre truccate, il tormentone delle verità ribaltate con precisa scansione temporale. Un gruppo di neuroscienziati, coadiuvati da garzoni di bottega, travestiti da scienziati ed addetti agli aspetti logistici necessari al laboratorio/scena, si è posto al governo del paese:

  • dell’economia si occupa la neuroeonomics virtuale che approfondisce gli aspetti ludici e gratificanti degli interessi sugli interessi: guadagni tu e sono contento io, potenza dell’illusione scientifica,
  • dell’istruzione si narra che si è approntato un programma di e-nurolearning a maestro variabile, si dimezza, si raddoppia, si triplica, si toglie. ma soprattutto si sperimenta la fashion way all’apprendimento con divisa consona alla condotta, sobrietà nello stile a garanzia del profitto
  • agli interni rifulge la strategia tesa a reificare i contenuti inconsci, interni appunto, proiettando nella diversità la propria insignificanza che persiste attraverso l’espulsione dei minacciosi diversi, complicato, ma efficace
  • a governare l’esercito ci pensa un ministro esperto in sperimentazione sui processi mnestici, ha sottoposto la popolazione ala straordinaria esperienza della storia alla rovescia: rivedere le vicende storiche attraverso il ribaltamento dei ruoli, sembra aiuti non solo la memoria, ma anche la percezione emotiva nei confronti degli eventi, i carnefici diventano vittime e gli imbecilli, per ingenuità ed in buona fede naturalemnte, fulgidi strateghi

ma il meglio del programma di governo si esprime nella disseminazione di cifre da capogiro che vanno da 0 a 250.000 a scansione variabile a seconda del giorno e del target per rappresentare sempre la stessa realtà. Le strade insanguinate sono subito sgombre da percoli, la droga imperversa senza consumatori, gli spacciatori riempiono le carceri svuotandole, la droga è sconfitta dalla fermezza inerme, l’alcol è vietato e giustamente promosso, i genitori possono stare tranquilli vivendo terrorizzati, un nuovo clima fiducioso si instaura nelle famiglie basato sul sospetto, il braccialetto incatena liberando, ci si arricchisce impoverendo. E’ fantastico una droga del genere nessun psiconauta o adolescente in cerca di esperienze e sensazioni forti avevano mai neppure immaginato, è una droga che ti prende, il suo trip è esilarante, la tua coscienza percepisce uno stato di levità che ti fa fluttuare nel realismo onirico nel quale incontri la voce suadente del primo ministro ebbro di successo e di virile sex appeal, per discrezione il lume della ragione è spento, si consigliano occhiali da sole quando qualcuno oserà riaccenderlo, l’impatto potrebbe essere sconvolgente. Se qualcuno fosse interessato o si fosse semplicemente seccato, per usare un eufemismo, propongo la realizzazione di un programma riabilitativo a vita che ci riporti al gioioso grigiore del realismo, dopo la sbornia della governance drug.

Appello in bottiglia da naufraghi nel paese la cui individuazione, comprensiva di descrizione dell’attuale governo, permetterà di vincere un piacevole soggiorno in un villaggio turistico in cui dalla mattina alla sera ci si diverte a smettere di sognare.

Franco Marcomini

Assenze per malattia e legge 104: Brunetta presenta emendamenti al DDL 1441

Il ministro Renato Brunetta, in accordo con i ministri Ignazio La Russa e Roberto Maroni, ha presentato oggi al ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito alcuni emendamenti al disegno di legge 1441 in discussione alla Camera, tesi a perfezionare e chiarire le norme del decreto legge 112 relative alle assenze per malattia nonché a modificare la legge 104 riguardante i permessi per i diversamente abili e i loro famigliari.

In particolare, con un emendamento si interviene per evitare la riduzione del trattamento economico del personale del comparto sicurezza e difesa (ivi compreso i Vigili del Fuoco) in caso di assenza per malattia: l'obiettivo è quello di evitare che il predetto personale sia gravato da una riduzione (oltre il quadruplo) del trattamento economico maggiore di quella applicata agli altri dipendenti pubblici. Inoltre sono eliminati i dubbi interpretativi per la retribuzione accessoria su alcune tipologie di assenza, ad esempio per i donatori di sangue e per i genitori e i parenti (se dipendenti pubblici) che assistono soggetti portatori di handicap grave. Per quanto riguarda gli interventi sulla 104, questi riguardano la quantificazione dei permessi in 18 ore mensili; la restrizione al coniuge, ai parenti ed agli affini entro il secondo grado della platea di soggetti che possono fruire dei permessi per assistere il portatore di handicap; l'introduzione della distanza massima stradale di 100 km tra il Comune di residenza del soggetto portatore di handicap ed il Comune di residenza del soggetto che presta assistenza; la precisazione che all'interno del medesimo nucleo familiare i permessi possono essere usufruiti da un solo dipendente. Quest'ultimo non deve comunque trovarsi in situazione di handicap grave, a meno che non si tratti di genitore con handicap grave che presti assistenza a figlio con handicap grave.


DISCUSSIONE ATTO CAMERA 1441 - QUATER: EMENDAMENTI ON. PALADINI PER FORZE DI POLIZIA

CGIL Comparto Ministeri Incontra il Capo del Dap


Si è svolto il giorno 18 u.s. l'incontro tra il nuovo capo del DAP Pres. Franco Ionta e le OO.SS. rappresentative dei lavoratori penitenziari, comparto sicurezza e comparto ministeri.
L'incontro dal carattere prettamente interlocutorio e di presentazione, ha consentito, come era giusto che fosse, un primo ampio confronto con il nuovo vertice dell'amministrazione penitenziaria sullo stato delle cose, ovvero, sulle problematicità e sulla complessità del sistema penitenziario e sugli obiettivi che nell'immediato si intendono perseguire.
Il Capo del DAP nel dare avvio alla discussione ha rappresentato l'importanza delle relazioni sindacali nel contesto ma, ha tenuto anche a sottolineare la distinzione dei ruoli: quello delle OO.SS., che auspica, essere propositivo e quello dell'amministrazione, mirato alla gestione amministrativa dell'organizzazione.
La Fp Cgil, comparto ministeri, ha rappresentato la grave situazione di impasse in cui si trova il comparto dovuto, prioritariamente, alla gravissima carenza di organico riguardante tutte le professionalità ad esso afferenti ( educatori, contabili,assistenti sociali, personale amministrativo) ed il grave disagio operativo e professionale che i lavoratori vivono quotidianamente nelle loro realtà operative, reso ancora più gravoso dalla percezione di solitudine e di abbandono alimentata, nel corso degli anni, da una amministrazione non sempre attenta alle problematiche rappresentate. A tal proposito abbiamo chiesto un intervento perché vengano assunti i vincitori dei concorsi già espletati.
Abbiamo evidenziato che la credibilità ed il "prestigio"(termine menzionato dal Pres. Ionta) dell'amministrazione si fonda, a nostro parere, su una politica mirata ad accrescere e valorizzare la professionalità dei suoi dipendenti e della sua classe dirigente che fa fatica a proporsi in un ottica manageriale, che non riconosce l'autonomia professionale delle diverse componenti professionali del sistema, che si caratterizza e si riferisce, ancora oggi, a vetusti metodi gestionali.
Il "prestigio" dell'amministrazione penitenziaria, abbiamo affermato, passa, anche, attraverso il recupero di quel processo culturale che l'ha fortemente caratterizzata per alcuni anni, intervenendo sull'organizzazione nella sua complessità e nel sistema dell'esecuzione penale, dalla Legge di riforma del '75 alla Legge 395 del 1990 , alla legge Gozzini, un processo interrotto da una involuzione culturale molto pericolosa che, accrescendosi nel tempo, rischia effetti devastanti sia in termini organizzativi che di politica penitenziaria. Effetti che per certi versi si stanno delineando.
Abbiamo evidenziato la necessità di riportare, quindi, con una certa urgenza, l'amministrazione nel suo quadro istituzionale di riferimento affinché si rafforzi il suo peso politico e valoriale.
Abbiamo, inoltre, sottolineato, quanto sia importante nei posti di lavoro il ruolo delle RSU che, ancora oggi, dopo dieci anni dalla loro istituzione, faticano ad essere riconosciute e, pertanto, abbiamo chiesto la necessità di ristabilire, in particolare nelle sedi periferiche, le normali relazioni sindacali nel rispetto delle norme contrattuali.

In conclusione abbiamo manifestato la disponibilità immediata della FpCgil al confronto non solo su tematiche contrattuali da definire a breve, ma anche sugli aspetti più generali di politica organizzativa e specifici del mandato istituzionale di riferimento del sistema penitenziario, tematiche che vedrà la FpCgil, - sicurezza, ministeri, dirigenza,- orientata ad offrire il proprio contributo.
Il Capo del Dipartimento è sembrato molto interessato alle questioni rappresentate e ha comunicato che appena avrà predisposto un programma di interventi convocherà, sulle specifiche problematiche, le OO.SS..

venerdì 19 settembre 2008

NEWS SAPPE

19/09/2008
ESITO DELL'INCONTRO CON IL CAPO DELLA POLIZIA PENITENZIARIA IONTA

17/09/2008
DECRETO UEPE

POLPENUIL- INCONTRA NUOVO CAPO DEL DAP

Incontro con il Capo del DAP, Pres. IONTA
Come preannunciato questa mattina si è tenuto l’incontro tra il Capo del DAP e le OO.SS. del
Corpo di polizia penitenziaria del Comparto Ministeri.
Il Pres. IONTA ha esordito chiarendo che l’incontro odierno “ è solo un momento di doverosa presentazione” . Nel suo intervento introduttivo il Capo del DAP ha anche inteso sottolineare la propria attenzione al movimento sindacale e alle OO.SS. “… ho sempre pensato che il sindacato svolga una funzione e un ruolo importante, oggi ancora di più …”. Il Pres. IONTA con apprezzabile franchezza ha sottolineato come i ruoli debbano essere sempre ben distinti “ perché noi Amministrazione esercitiamo la responsabilità gestionale …”, ciò non gli ha impedito di formulare un garbato invito “ mi aspetto da voi denunce ma anche proposte “ chiarendo che “ troverete in me e nell’ Ufficio la più ampia disponibilità all’ascolto“, informando di aver già avuto più di un incontro informale con altre OO.SS.
La delegazione UIL PA Penitenziari attraverso il Segretario Generale Eugenio SARNO ha salutato il Capo del DAP sottolineando come “ … avendo piena coscienza che noi non abbiamo avuto con Lei incontri informali avremo bisogno di qualche minuto in più per il nostro intervento ….” E ancora “a differenza dei suoi predecessori Lei vive una condizione di privilegio perché non eredita un cumulo di macerie, tantomeno una nebulosa indistinta ma un edificio le cui fondamenta sono ben
solide perché ben edificate. Ciò evidentemente grazie a chi l’ha preceduta e alla squadra che lo ha affiancato.. “
La UIL PA Penitenziari ha anche sottolineato di condividere il discorso introduttivo del Capo del DAP “ … anche se è sempre difficile non condividere le presentazioni perché sono il momento in cui è facile elencare i buoni propositi. Noi vaglieremo i fatti … ma accogliamo senza indugi il suo invito. Noi alla denuncia abbiamo coniugato sempre l’analisi e la proposta. Lo sta a testimoniare la nostra storia anche in chiave culturale con i tanti convegni che abbiamo organizzato. Recentemente abbiamo anche reso disponibile un pacchetto di proposte normative sulla revisione del D.Lgs 449, sul riallineamento dei funzionari e su una nuova organizzazione del Corpo …“ . Il Segretario Generale ha sottolineato , in maniera incisiva, anche la necessità di definire “ un progetto globale di riorganizzazione di questa Amministrazione dove lo sport più in voga è la rincorsa alle poltrone, farsi biciclette e tirarsi di coltello alle spalle. Per questo noi valuteremo con attenzione la vostra volontà del fare e non del solo dire . ….” . Non sono mancate denunce precise e circostanziate “questa volontà del fare la misureremo anche con la volontà di risolvere i veri problemi del personale. Per noi è sin troppo facile riferirci ad episodi accaduti nelle ultime ore . A Lecce gli agenti feriti sono all’ordine del giorno , ad Orvieto con la recente evasione del detenuto o ancora Arezzo dove un detenuto che ha aggredito personale di polizia non è stato ne sottoposto a isolamento tantomeno è stato sottoposto a procedimento disciplinare . E’ ovvio che saremo molto attenti ai segnali che potranno definire la volontà della nuova Amministrazione ad incidere veramente”. Proseguendo nella propria analisi la UIL ha costruito ed esplicitato la proposta “ Occorre individuare le priorità e le vere esigenze in base alle quali definire quel progetto che richiamavo prima. E’ necessario rimotivare il personale e ciò potrà avvenire attraverso un’attenzione ai bisogni e alle necessità .Noi riteniamo che una riflessione vada posta anche sulle condizioni di lavoro. Noi denunciamo come troppe volte l’autoritarietà prevalga rispetto all’autorevolezza. Ciò forse determina quel preoccupante trend al suicidio, come purtroppo appena ieri accaduto ancora a Catania.”
Eugenio SARNO continuando nell’intervento ha sottolineato alcune richieste già formulate : “ Proprio ieri il CODIPE le ha inviato una nota segnalando le difficoltà della dirigenza penitenziaria, in evidente crisi di identità. Analogamente i funzionari del Corpo attendono da troppo tempo l’istituzione del Direttore dell’Area Sicurezza che è un primo passo per il riconoscimento di una professionalità troppe volte mortificata ”.
La UIL, nel breve tempo a disposizione, ha anche voluto richiamare la necessità di riprendere il
confronto per la redazione di un nuovo modello organizzativo del servizio Traduzioni e Piantonamenti “ .. che sappia dare quelle risposte di cui il personale ha bisogno perché oberato da criticità e responsabilità.
Noi chiediamo che il gruppo di lavoro precedentemente costituito possa riprendere la sua attività ..”, Non sono certamente mancati nell’intervento di Sarno anche richiami alle condizioni strutturali di tanti istituti “ …. ribadiamo che la vera necessità non è tanto costruire nuove carceri quanto ammodernare quelle esistenti. Su questo, però, debbo segnalare come la Direzione Generale dei Beni e Servizi non abbia mai riscontrato le nostre note “ . Sugli organici “ … avrà compreso come uno dei problemi preminenti stia agli organici della polizia penitenziaria e di alcune figure del comparto ministeri. Occorre ridefinire le piante organiche con urgenza e adeguarle alla realtà operativa … in queste ore si vivono situazioni davvero al limite in molte aree del nord, vedi Belluno e Asti “. Da segnalare come sul tema degli organici tutte le OO.SS. hanno sottolineato la necessità di implementazione del personale . Solo il CNPP-FSA attraverso il suo Segretario Generale ha inteso evidenziare una posizione diametralmente opposta. Il CNPP-FSA, infatti, ha sostenuto che il personale sia sufficiente e che i problemi sono da riferirsi solo ad una cattiva distribuzione ….
Rispetto alla recente emanazione della L. 113 (ex D.L. 112) Sarno ha invitato il Capo del DAP “…..ad assumere un ruolo in questa partita che tocca da vicino tutto il personale ma segnatamente il comparto sicurezza. Noi abbiamo notizia che il Capo della Polizia e il Comandante Generale dei Carabinieri abbiano costanti incontri con le OO.SS. e i COCER per monitorare la situazione. Lo faccia anche il DAP perché insieme si possa risolvere un grande problema. La invitiamo, poi, ad emanare disposizioni alle Direzioni perché non attivino, come a Milano Opera e Salerno, le procedure per le detrazioni. Su questo ravvisiamo precise responsabilità anche da parte della D.G. del Bilancio che avrebbe potuto muoversi in maniera più tempestiva e idonea .” Il Pres. IONTA nel chiudere la riunione ha voluto ringraziare tutti gli intervenuti sottolineando come “ … l’Amministrazione ha il diritto – dovere della parola ma ha anche il dovere dell’ascolto …. Vi assicuro che oltre all’ascolto arriveranno anche le risposte. Positive o negative che siano … “. Ma un passaggio delle conclusioni del Pres. Ionta ha generato più di un qualche commento “ … sono innanzitutto il Capo della polizia penitenziaria e non il capo dei detenuti … “ e a vedere alcuni
visi non proprio a tutti questo passaggio è piaciuto ….


NEWS CGIL- PENITENZIARI

Solo misure di facciata. Così la destra aggrava il disagio" - Intervista a Francesco Quinti.

L'intervista a Francesco Quinti, Coordinatore Nazionale Fp Cgil Polizia Penitenziaria, tratta da "Rinascita" del 18 settembre 2008.

 (211.21 KB)"Solo misure di facciata". (211.21 KB)

Polizia Penitenziaria : Ennesimo caso di Suicidio.

Ancora un tragico suicidio di un poliziotto penitenziario. Pietro Cancilleri, assistente capo in servizio presso la Casa Circondariale di Catania e dirigente sindacale della FP CGIL, si è tolto la vita sparandosi un colpo alla testa con l'arma d'ordinanza.
Il Comunicato a firma di Francesco Quinti che esprime il nostro indescrivibile dolore e manifesta tutta la nostra solidarietà e vicinanza ai suoi cari e ai suoi colleghi.

 (28 KB)Comunicato Stampa. (28 KB)
 (27.5 KB)Telegramma Beschi-Quinti. (27.5 KB)

CGIL Polizia Penitenziaria:18/9/2008-Primo incontro con il nuovo Capo del DAP

Nella giornata di oggi si è tenuto il primo incontro tra il nuovo Capo del Dap, Presidente Franco Ionta, e le OO.SS. del Comparto Sicurezza e Ministeri.

Il Presidente, dopo aver elogiato il ruolo del sindacato, evidenziando la necessità di distinguerlo da quello dell’Amministrazione, cui spetta la responsabilità dell’agire amministrativo, ha mostrato disponibilità al dialogo ed auspicato un rapporto corretto, leale e costruttivo.

La FP CGIL, condividendo l’auspicio, ha inteso chiarire al Capo del DAP di aver sempre avuto chiaro il rapporto che intercorre tra i due distinti ruoli, cosa che evidentemente continuerà a fare nell’esclusivo interesse del personale rappresentato, anche con questa nuova amministrazione, rispetto alla quale si porrà in maniera assolutamente costruttiva, seria e responsabile per stimolare un confronto continuo e duraturo su alcuni temi e criticità che si ritiene debbano essere quanto prima affrontati, tra cui:

1) L’attuale gravissima condizione lavorativa dei Poliziotti penitenziari negli istituti e servizi ad essi affidati;

2) L’avvio nei prossimi giorni della trattativa sul FESI 2008;

3) L’apertura immediata del tavolo di confronto sulle dotazioni organiche del corpo e di sede ( PRAP, Scuole, DAP ecc.);

4) La necessità di riprendere quanto prima la discussione interrotta sul GOM;

5) La ripresa dei lavori – come da intervento prodotto dalla FP CGIL nei giorni scorsi – del tavolo tecnico sulla modifica del regolamento del servizio traduzioni e piantonamenti;

6) L’avvio del percorso stabilito con l’attuale Accordo Nazionale Quadro per le specializzazioni ( matricolisti ecc…);

7) L’ esigenza di riformare l’attuale sistema disciplinare e dei giudizi di fine anno, spesso utilizzati come strumento di governo del personale e di ritorsione nei confronti dei dirigenti sindacali;

8) Il bisogno pressante di intervento da parte del DAP sul versante degli alloggi per il personale di Polizia Penitenziaria, se possibile in sinergia con i competenti enti locali attraverso la stipula di apposite convenzioni;

Nell’intervento, abbiamo poi sostenuto l’esigenza di avere vicina l’Amministrazione Penitenziaria e il Ministro nella dura battaglia che stiamo conducendo assieme alle altre OO.SS. del comparto sicurezza sia rispetto agli effetti nefasti prodotti dal decreto legge 112 – convertito in legge 133/08 - anche per il personale della Polizia Penitenziaria, sia per la definizione della coda ( 200 milioni di euro, da spalmare sull’aumento della remunerazione del lavoro straordinario e dei buoni pasto ), che per l’avvio della discussione sul nuovo contratto economico.

In seguito, abbiamo evidenziato al Capo del DAP l’attuale deficitaria condizione del sistema delle relazioni sindacali sul territorio nazionale, che alimenta inopportune contrapposizioni e vertenze tra le parti in causa, spesso provocate da una dirigenza penitenziaria – anche di livello generale – che non risponde alle sollecitazioni del sindacato e dello stesso dipartimento, invitandolo a predisporre ogni intervento ritenuto utile a risolvere la problematica.

Per ultimo, solo perché abbiamo ritenuto di dover dedicare al tema un’attenzione particolare, considerato quanto è accaduto ieri l’altro a Catania con il suicidio del collega, abbiamo chiesto al Capo del DAP di non abbassare la guardia sul percorso, già intrapreso dalla precedente amministrazione, rispetto alla prevenzione e alla cura del disagio lavorativo, che spesso si traduce nella pratica quotidiana dei comportamenti odiosi ed intollerabili ascrivibili al mobbing e al burn out.

Nelle conclusioni il Presidente ha comunicato l’intenzione di far tesoro delle cose ascoltate al tavolo, rispetto alle quali presto sarà in grado di garantire un piano di interventi e risposte certe.

ESITI CISL PENITENZIARI: 18 /9/2008- INCONTRO CON IL NUOVO CAPO DEL D.A.P.

Si è tenuto oggi il primo incontro del Pres. Franco IONTA con le OO.SS. di Tutto il Personale, indistintamente per ogni Comparto contrattuale.

E' stata questa l'occasione per evidenziare le molte cose per le quali - da tempo - sono già avviati i confronti tra Sindacato e Amministrazione; ma abbiamo potuto esporre e richiamare l'attenzione del nuovo Capo del DAP anche su questioni che devono vedersi aprire una stagione di riforma e di contrattazione.

La situazione di estrema difficoltà che Tutto il Personale sta fronteggiando, con organici insufficienti numericamente e con una situazione di sovraffollamento detenuti, impone che si apra rapidamente un tavolo permanente di confronto.

Personale appartenente ad ambiti contrattuali diversi e dove – ognuna di quelle professionalità – ha motivi di sofferenza sia riguardo alla qualità del lavoro e dei servizi da erogare, sia relativamente alle proprie attese in ordine al rispetto delle prerogative contrattuali, di carriera e/o professionali.

E allora abbiamo chiesto al Pres. Ionta di voler calendarizzare la ripresa del confronto, su temi per i quali si erano già aperti i tavoli sindacali con il Suo predecessore. In particolare c'è da definire la questione dei Nuclei di verifica della Polizia Penitenziaria negli UEPE, la questione del nuovo modello organizzativo dei Nuclei Traduzioni e Piantonamenti, della situazione del GOM e le decisioni da assumere relativamente alla sua riorganizzazione, dell'adeguamento del Decreto di riorganizzazione del DAP riguardo ad ulteriori questioni recentemente introdotte da norme e leggi.

Ma urgente è affrontare la questione sulle dotazioni organiche, perchè nulla potrà mutare se al personale continuano ad essere negati diritti primari ed esponendoli a carichi di lavoro spesso insopportabili. Un primo impegno del Pres. Ionta deve poter essere quello di derogare il settore dal blocco alle assunzioni e non limitando il ricorso a nuovo personale al solo numero per turn-over ai pensionamenti. E' questo il primo elemento che consentirebbe all'Amministrazione Penitenziaria di dimostrare che in questo Settore i cd. fannulloni sono un qualcosa di quasi sconosciuto.

Altro aspetto delle nostre richieste è quello inerente gli aspetti economici e contrattuali; infatti sono da definire le trattative per il FUA 2008 e per il FESI 2008. Così come non si può ulteriormente rinviare il confronto per il nuovo Contratto Integrativo del personale del Comparto Ministeri.

Ma il DAP deve essere anche protagonista nel convincere il Ministro per l'Innovazione nella Pubblica Amministrazione, il Prof. Brunetta, ad aprire la trattativa per la stipula del 1° Contratto sulla Dirigenza. È impensabile che a distanza di oltre 2 anni dall'istituzione del Comparto Contrattuale questo personale sia regolato da norme affini ad altre categorie e non da un proprio contratto di lavoro della dirigenza penitenziaria.

Questo stato di cose ci convince sempre più sulla proposta che la CISL, da tempo, ha esposto sulla istituzione di un Comparto Contrattuale Penitenziario, dove al proprio interno prevedere i Ruoli della Dirigenza, quelli di Polizia, quelli Amministrativi, Sociali, Educativi e Tecnici. Siamo sempre più convinti che l'attuale differenziazione, in più appartenenze contrattuali del Personale Penitenziario, non sia una situazione che agevola nella ricerca di soluzione ai problemi, ma bensì determina spesso sperequazioni e inutili conflittualità, spesso alimentate da esasperazioni corporative di questa e/o di quella professionalità.

Al Pres. IONTA abbiamo altresì chiesto – nel frattempo - di sostenere i disegni di legge depositati alle Commissioni Parlamentari: quello sulle modifiche al decreto legislativo n.449/92 (sanzioni disciplinari della polizia penitenziaria) e quello per le modifiche al decreto legislativo 146/2000, per le incoerenze e le ingiustizie nella carriera del personale Direttivo del Corpo.

Il compito più impegnativo che però attende al Capo del DAP, in questo momento, è l'esigenza di far apportare le necessarie correzioni al Decreto n. 133 del 2008, il famigerato decreto Brunetta. Un decreto ingiusto verso Tutto il Personale, quale è quello dipendente da questa Amministrazione, che ha visto disconoscere sacrifici ed abnegazione che quotidianamente consentono al sistema penitenziario di andare avanti, nonostante le gravissime difficoltà.

Abbiamo altresì chiesto che siano riportate all'attenzione questioni inerenti lo stato delle strutture penitenziarie, avendo cura di scegliere con coraggio quali investimenti sviluppare e su quali strutture ipotizzarne – ove necessario - la chiusura. È indegno far operare il Personale in certi Istituti che stanno letteralmente cadendo a pezzi, costringendo peraltro anche i detenuti a scontare la condanna in ambienti privi di qualsiasi rispetto a norme igienico sanitarie.

E necessario impegno dovrà essere messo per adeguare gli strumenti ed i mezzi a disposizione dell'Amministrazione, tanto più in considerazione della manifesta volontà del Ministro della Giustizia di intervenire sul miglioramento delle risorse disponibili per questi aspetti.

Infine abbiamo rimarcato l'esigenza di sviluppare sempre più il decentramento amministrativo, legando maggiore autonomia gestionale ai posti di lavoro ma definendo contestualmente l'importanza strategica di un migliore sistema di relazioni sindacali, identificandolo quale risorsa e non assistendo – come oggi avviene – ad atteggiamenti di inutili ostilità.

Alla luce di tutti gli aspetti del nostro intervento abbiamo chiesto al Capo del DAP di adoperarsi perchè possa essere presentato uno specifico disegno di legge per “misure urgenti per il sistema penitenziario”.

Nelle repliche finali il Pres. IONTA ha potuto assicurare che, già dai lavori sulla costruzione della legge finanziaria, seguirà costantemente l'evolversi della situazione per evitare che ci siano disattenzioni e/o penalizzazioni verso il sistema penitenziario.

Per quanto attiene alle osservazioni e richieste sindacali sarà sua cura calendarizzare per singole tematiche un ordine di interventi, mantenendo chiara l'intenzione di poter procedere speditamente sulle questioni più urgenti e per le quali condivide che non si possa perdere ulteriormente tempo.

Abbiamo apprezzato lo spirito con il quale il nuovo Capo del DAP ha inteso avviare questo primo incontro, perchè ognuno potesse oggi esprimere il proprio punto di vista e si passi ora ad una stagione di confronto serio e leale come è doveroso debba essere.

La CISL saprà offrire il proprio contributo senza pregiudizio e con la concretezza delle proposte che i migliaia di Operatori che rappresentiamo ci chiedono di sostenere.


CARCERE-LA CONFSAL UNSA INCONTRA IL NUOVO CAPO DEL DAP

Oggi 18 settembre 2008, come preannunciato, il nuovo Capo del Dap - Pres. Franco Ionta – ha incontrato le OO.SS. per un saluto formale nonché per illustrare le linee guida che ispireranno il suo mandato.

Il Presidente ha evidenziato l’opportunità, e la propria convinzione, di improntare con le OO.SS. un rapporto costruttivo, corretto e trasparente, fondato sulla distinzione dei ruoli, senza cogestione alcuna e nel rispetto degli ambiti di competenza. Questo nella certezza che l’Amministrazione saprà cogliere i suggerimenti e le proposte finalizzate all’ottimale funzionamento del sistema penitenziario ed in particolare al miglioramento delle condizioni di lavoro di tutti gli operatori .
Nel nostro intervento, abbiamo condiviso tale impostazione. La nostra storia ed il modo di fare ed essere Sindacato sono stati sempre incentrati sulla propositività, accompagnata dalla determinazione, dalla passione e da quella competenza riconosciuta dai nostri amici e colleghi che, aderendo sempre più numerosi all’UNSA Giustizia, danno forza e gambe alle nostre idee.
Abbiamo sottolineato che l’indifferenza della “politica” è causa di numerose frustrazioni, che pervadono il personale, quali: i tagli continui di organici, già carenti; il diniego di adeguate risorse economiche; l’appiattimento professionale. Ciò determina la negazione del ruolo di operatori penitenziari come indiscutibile specificità ed atipicità di funzioni, svolte in virtù del mandato costituzionale.
Questa sigla ha altresì evidenziato le questioni dei diversi comparti contrattuali - da noi rappresentati - (Ministeri, Dirigenza Penitenziaria e Dirigenza Area 1), sostenendo la necessità di avviare al più presto, viste le diffuse criticità del sistema penitenziario, un confronto approfondito sui principali temi in sospeso tra cui:

- revisione delle piante organiche
- stipula del nuovo contratto integrativo
- avvio trattative CCNL della dirigenza penitenziaria
- mobilità del personale dei Comparti ministeri e dirigenza penitenziaria
- riconoscimento/valorizzazione del ruolo dei Dirigenti di Area 1
- rilancio della funzione trattamentale intramuraria e maggiore attenzione ai temi che attengono all’esecuzione penale esterna
- intervento sul blocco del turn-over e accelerazione delle procedure per l’assunzione dei vincitori dei concorsi pubblici, reperendo appositi finanziamenti al fine di implementare quei profili professionali che costituiscono la spina dorsale dell’Amministrazione penitenziaria.

La Confsal Unsa Giustizia ha infine espresso un augurio di buon lavoro a tutto lo staff del Capo del Dipartimento, rappresentando che, nell’ambito di un corretto sistema di partecipazione sindacale, il Pres. Ionta avrà dalla nostra Federazione un sostegno leale e costruttivo .

giovedì 18 settembre 2008

Carceri. Sono 85 i detenuti morti in meno di un anno mentre si pensa ai "braccialetti"

Nella indifferenza più totale, così si consuma la vita nelle carceri italiane. Siamo al collasso, ma si pensa di abolire la legge Gozzini
giovedì 18 settembre 2008, di Adriano Todaro

Un detenuto agli arresti domiciliari presso una clinica psichiatrica di Viterbo, si è tolto la vita martedì 16 settembre. L’uomo, 42 anni, era stato arrestato in seguito al furto di alcuni oggetti dal duomo di Civita Castellana, in provincia di Viterbo.

E’ l’ultimo suicidio in ordine di tempo che interessa i detenuti. Molte volte, come in questo caso, non si conosce neppure il nome del detenuto. In altri casi il nome lo si conosce e così veniamo a sapere che nel carcere di Opera (Milano) un 33enne, Gianni Montenegrini, è stato trovato impiccato. Gli inquirenti pensano al suicidio, ma molti fanno notare che un paraplegico avrebbe difficoltà ad impiccarsi. Gianni Montenegrini era in carcere dal giugno scorso in attesa di giudizio.

Nel carcere di Velletri, invece, Stefano Brunetti, 41 anni, prima di morire ha accusato gli agenti penitenziari di averlo ridotto in gravi condizioni. Arrestato per il tentato furto di una bicicletta, Brunetti aveva avuto prima una colluttazione con il proprietario e poi, nel commissariato di Anzio, aveva distrutto alcune suppellettili della camera di sicurezza. Per questo motivo era stato sedato e portato nel carcere di Velletri. La mattina seguente l’uomo, con il torace gonfio a causa probabilmente di lesioni interne, è stato trasferito all’ospedale di Velletri e sottoposto a Tac. Poco prima di morire al medico che gli chiedeva chi lo avesse ridotto in questo modo, aveva risposto “Le guardie!”.

Un detenuto marocchino si è suicidato per inalazione di gas a Badu ‘e Carros, in provincia di Nuovo. Senza nome e senza storia, come tanti suoi connazionali. Il 25 agosto scorso, invece, è morto Franco Paglioni, trovato riverso sul pavimento della cella tra le sue feci dopo aver inutilmente denunciato forti dolori. Mentre le istituzioni parlano di cause naturali, il cappellano del carcere, don Dario Ciani, scrive che le condizioni di salute del detenuto erano note, tanto che in passato aveva sempre ottenuto misure alternative a causa della sua incompatibilità con la detenzione.

Questa volta non è accaduto e Franco Paglioni è morto. L’autorità giudiziaria non ha chiarito le cause esatte dalla morte. Del resto a chi mai può interessare un Franco Paglioni qualsiasi affetto, per giunta, da una sieropositività conclamata? A nessuno. Se in carcere ci va qualche potente, comincia la sfilata dei deputati per andarlo a trovarlo, si parla di garantismo. Se poi si toglie la vita o muore… Paglioni non era nessuno, era malato, non aveva nessun potere, non faceva parte dei poteri forti di questa società. E’ morto fra le sue feci e nessuno si è accorto.

Nelle carceri italiane dal 1° gennaio al 12 settembre 2008 sono morti 85 detenuti. Di questi, almeno 33, per suicidio. Rispetto allo stesso periodo del 2007, il numero dei suicidi tra i detenuti è aumentato dell’11 per cento. Se continua questo andamento, alla fine dell’anno i suicidi potrebbero arrivare a quota 50 (nel 2007 erano stati 45) e il totale dei decessi a 128 (contro i 123 del 2007). In totale, dal 2000 ad oggi, i detenuti morti in carcere sono stati 1.298, di cui 468 suicidi accertati.

E mentre in carcere si muore, il duo Alfano-Maroni straparla di braccialetti elettronici. I 400 utilizzati finora con scarso successo, sono costati, a tutti noi, 11 milioni di euro l’anno, fin dal 2003 con un contratto stipulato con la Telecom che scade nel 2011. In pratica pagheremo senza usare i 400 braccialetti anche perché, tecnicamente, sono stati un flop. Il segnale si perdeva oltre i 200 metri come si perdeva se il detenuto andava in cantina o nella vasca da bagno. Per l’affitto dei 400 braccialetti, abbiamo accumulato un debito di 7 milioni di euro.

Ora si parla di spendere altri 20 milioni di euro. Ma come? Hanno sempre detto che non c’erano soldi. Perché, di grazia, sono stati tagliati 150 milioni di euro per le strutture carcerarie e per la traduzione dei detenuti? La domanda se l’ha fatta Francesco Quinti, responsabile nazionale Comparto Sicurezza della Cgil. Sì, bella domanda. Dubitiamo che Quinti avrà delle risposte. I nostri governanti sono tutti presi a convincere gli italiani che c’è un problema sicurezza e in carcere debbono andare tutti (almeno coloro che non sono potenti): da chi fa pipì in strada a chi adesca, da chi si sdraia sulle panchine a chi legge un libro nel parco, da chi usa gli zoccoli a chi usa le borse di plastica. E in più, naturalmente, i “diversi”, siano essi gay, neri o rom. In realtà le carceri scoppiano di nuovo, c’è un sovraffollamento spaventoso.

Ogni mese entrano in carcere circa mille persone. Alla fine dello scorso agosto in carcere c’erano 55.831 persone per 43.262 posti, Al momento dell’indulto c’erano in carcere 60.710 detenuti. Secondo le stime del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) fra poco si potrebbe arrivare alla cifra esplosiva di 67 mila persone incarcerate.

Ci sono sempre più conflitti con gli agenti, fra gli stessi detenuti perché quando si dorme in sette in una cella di pochi metri, certamente non si può essere rilassati e contenti. E qualcuno propone di abolire la legge Gozzini. Così torneremo indietro e ricominceranno le rivolte nelle carceri. E questo che vogliono i nostri ministri?

Ogni detenuto ci costa 300 euro al giorno e la Gozzini (legge 663 del 1986) andava nel senso del recupero del condannato, quindi anche del risparmio economico. D’altronde un detenuto recuperato e reinserito non costituisce più un pericolo e i dati dimostrano che non si delinque più. E’ questa la vera sicurezza, non l’altra, quella “percepita”, quella strombazzata dai media servili, dai giornalisti proni agli ordini del potente del momento.

Se approveranno l’abolizione o la modifica della Gozzini, se l’obiettivo sarà solo quello della repressione, delle pene inasprite, si toglierà ai detenuti la speranza per una vita migliore e diversa. Se non c’è possibilità di riscatto perché mai dovrei tenere buona condotta? Le carceri saranno in balìa dei rivoltosi e la società continuerà ad avere paura. Più di prima.

Lettera al Capo del Dap - richiesta di chiarimenti DL 112 del 25 giugno 2008 convertito in Legge n.133 del 2008.



Al Capo del DAP
Pres. Franco Ionta

Al Vice Capo del DAP
Dr. Emilio di Somma

Al Direttore Generale del Personale e
della Formazione
Dr. Massimo De Pascalis
e, p. c.
All'Ufficio per le Relazioni Sindacali
Dssa Pierina Conte

Prot.n. CM210/2008
Oggetto: Richiesta indicazioni e chiarimenti circa l'applicazione del DL 112 del 25 giugno 2008 convertito in Legge n.133 del 2008.

Si fa seguito alle note nn.160/08 del 2 luglio 2008 e 198/08 del 1.08.2008 con le quali questa O.S. chiedeva a codesta Amministrazione l'emanazione di una lettera circolare mirata a fornire al personale penitenziario precise e puntuali indicazioni circa le modalità applicative del DL 112 del 25 giugno u.s. per consentire, nelle diverse sedi di lavoro, una applicazione omogenea della norma in questione.
A tutt'oggi, purtroppo, dobbiamo constatare, nonostante le sollecitazioni , l'assoluta ed inspiegabile mancanza di riscontro alle richieste avanzate.
In data 5.9.2008 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato una ulteriore circolare n.8/2008(in corso di registrazione presso la Corte dei conti) riguardante il Decreto Legge in questione convertito in legge n. 133 del 2008 - "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" - finalizzata a porre ulteriori chiarimenti riguardo, in particolare, l'art. 71, assenze dal servizio dei pubblici dipendenti. Questione rispetto alla quale ribadiamo la necessità e l'opportunità di specifiche indicazioni da parte di codesta Amministrazione, per evitare le già evidenti e molteplici, nonché, diversificate interpretazioni che sul territorio si stanno riscontrando nell'applicazione della norma.
La Fp Cgil ritenendo la questione non ulteriormente procrastinabile confida in un riscontro urgente in quanto l'"assordante silenzio" sulla tematica rischia, a nostro parere, di evidenziare disinteresse per i lavoratori nonché, creare forte disorientamento e disomogeneità nella gestione della materia con pesanti negative ricadute sull'immagine dell'amministrazione e sulla sua efficienza.
Si resta in attesa di riscontro e si porgono distinti saluti.

Il Coordinatore Nazionale
Penitenziari -C. Ministeri

Lina Lamonica

Carcere: il "Comitato educatori" incontra deputati di Pd e Pdl


Comunicato stampa, 18 settembre 2008

Incontro del Comitato con gli onorevoli Bernardini, Melis, Concia, Ferrante del Pd: assumere tutti i vincitori in un unico blocco costa meno che in gruppi di poche unità.

Si è tenuto l’altro ieri l’incontro dei rappresentanti del Comitato "I Nuovi Educatori Penitenziari", il presidente dott.ssa Lina Marra e la dott.ssa Alessandra Ciantò, con i deputati del gruppo Pd Rita Bernardini, Guido Melis, Anna Paola Concia e Donatella Ferrante.

La richiesta dei rappresentanti del comitato è stata quella che si assumano in un unico blocco i 397 vincitori del concorso per educatori penitenziari bandito nel 2003, e che, tenuto conto delle gravi carenze di organico, si prosegua con l’assunzione degli idonei. L’Onorevole Bernardini aveva già posto all’attenzione del Ministro Alfano la questione delle carenze di educatori al Dap ed è in attesa di una risposta in merito.

La dott.ssa Lina Marra ha messo in evidenza come la prevista assunzione in scaglioni non giovi né all’efficienza dell’istituzione penitenziaria che soffre la forte mancanza d’educatori né alle casse dello Stato su cui peserebbe di più la formazione iniziale dei neoassunti se avvenisse in blocchi poiché l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari dovrebbe organizzare corsi distinti per poche unità alla volta.

Durante l’incontro si parlato anche dei fondi derivanti dalla Cassa delle Ammende, destinati ad attività rieducative, che non sono mai stati utilizzabili per via di impedimenti burocratici e che intervenendo propriamente potrebbero diventare fruibili.

Proprio per questo l’Onorevole Bernardini intende presentare a breve un’interrogazione parlamentare al Ministro Alfano in cui si richiede il costo della formazione iniziale degli educatori penitenziari e si sostiene l’opportunità, anche dal punto di vista economico, di assumere in un unico blocco i 397 vincitori.

La dott.ssa Marra ha chiesto all’On. Rita Bernardini un sostegno per far acquisire alla nostra battaglia una dimensione pubblica, assolutamente necessaria per poter approfondire tutte le tematiche connesse alla rieducazione e alla presenza degli educatori negli istituti di pena, soprattutto nel rapporto con l’opinione pubblica. A tal riguardo, L’On. Bernardini ha offerto al Presidente del Comitato i microfoni di Radio Radicale e, inoltre, ha prospettato la possibilità di un incontro con il Ministro di Giustizia, On Angelino Alfano, attraverso la Sua intermediazione.

Incontro con l’onorevole Ida D’Ippolito, segretario della Commissione giustizia della camera dei deputati: un’interrogazione ed un emendamento in finanziaria a favore degli educatori penitenziari

Il presidente dei "Nuovi Educatori Penitenziari", dott.ssa Lina Marra, e la Dott.ssa Daniela Turella, Segretario Tesoriere del nostro Comitato, hanno incontrato ieri a Roma l’Onorevole Ida D’Ippolito, appartenente al Pdl, componente della Commissione Speciale per l’esame di disegni di legge di conversione di Decreti-Legge e segretario della Commissione Giustizia.

La dott.ssa Marra ha fatto presente all’On. D’Ippolito la situazione di incertezza che vivono i 397 vincitori e gli idonei del concorso per educatori nell’amministrazione penitenziaria indetto nel 2003, data la volontà politica di non assumere prima del 2009 e comunque in blocchi di poche unità.

L’Onorevole D’Ippolito s’è resa disponibile ad un intervento incisivo in nostro favore: una nuova interrogazione al Ministro Alfano e, cosa ancora più importante, la presentazione di un emendamento in Finanziaria, in modo tale che vengano stanziati i fondi necessari alle assunzioni di tutti i vincitori in un unico blocco e in tempi più brevi del previsto. Non possiamo che apprezzare grandemente l’impegno preso dall’On. D’Ippolito con cui manterremo vivi i contatti per concordare le strategie più consone a raggiungere l’agognato traguardo dell’assunzione di tutti i vincitori in tempi brevi.

Giustizia: il piano di Alfano per le carceri? è fumo negli occhi

di Gennaro Santoro (Antigone)

La Rinascita, 18 settembre 2008

Il piano svuota carceri è l’ennesima manovra demagogica dell’attuale governo. Si getta fumo negli occhi con provvedimenti in gran misura già esistenti e già rilevatisi inefficaci. O, quanto meno, di misure che non riescono nell’immediato a risolvere il dramma del sovraffollamento.

Sono 16 mila i detenuti in più rispetto la capienza regolamentare mentre secondo i dati del Ministero il sedicente piano svuota carceri interesserebbe 7.000 persone. Dunque, se tutto va bene, le carceri continuerebbero ad avere un’eccedenza umana di 9.000 unità in più. Senza tener conto del fatto che a causa delle leggi liberticide e riempi carcere targate Bossi-Fini, Fini-Giovanardi ed ex Cirielli, i detenuti crescono di mille unità al mese.

Entrando nel merito delle proposte, l’espulsione degli stranieri con pena residua ai due anni, prevista dall’art. 16 della Legge sull’immigrazione, è quasi del tutto inattuata a causa della difficoltà incontrate nell’identificazione delle persone e nella stipula di accordi con i paesi d’origine.

Riguardo i braccialetti elettronici, gli stessi già sono stati sperimentati con alti costi e pessimi risultati negli anni passati. Tuttavia, tale proposta potrebbe essere valutata positivamente come misura di lungo periodo volta a ridurre il ricorso al carcere come principale sanzione penale. Dunque, la proposta del Ministro Alfano non risolve l’emergenza carcere.

Sappiano anche che se sciaguratamente dovesse essere approvata la contro-riforma dell’ordinamento penitenziario presentata dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, le galere scoppierebbero. Eliminare gli sconti di pena della liberazione anticipata significa tornare alle carceri dei primi anni Settanta, alle rivolte, alle violenze, all’insicurezza quotidiana.

Intanto, aldilà delle proclamazioni di facciata, il Governo nell’ultima manovra economica triennale taglia di circa 200 milioni di euro i fondi destinati al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Come a dire, tutto fumo e niente arrosto.

Se davvero si vogliono risolvere i problemi del pianeta carcere bisogna innanzitutto adottare provvedimenti quali la diminuzione delle fattispecie penali, la velocizzazione dei processi (ad oggi circa il 50% dei detenuti è ancora in attesa di giudizio), l’abrogazione delle leggi riempi-carcere, l’ampliamento delle misure alternative (che abbattono la recidiva più del carcere).

E bisogna finalmente introdurre la figura del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, perché nel carcere e nelle altre istituzioni totali i diritti umani sono calpestati non solo a causa del sovraffollamento ma anche perché non vi è un organo di garanzia del rispetto dei diritti minimi della persona - proprio per questa ragione come associazione Antigone abbiamo istituito il Difensore civico dei detenuti.

Ma si tratta di provvedimenti non a buon mercato, ovvero, che non regalano consensi, voti. È avvenuto così che alcune forze del centro sinistra, consapevoli di tale principio, hanno cominciato a rincorrere la destra sul tema della sicurezza, contribuendo in tal modo ad alimentare una percezione di insicurezza totale.

In questo clima culturale di paura e tolleranza zero diviene ancora più difficile proporre alternative al pan penalismo proprio delle destre. Perché anche chi fino a qualche anno fa prestava ascolto ad analisi scientifiche sull’andamento dei crimini in Italia (dal ‘90 ad oggi il numero dei crimini commessi è sostanzialmente invariato), sulle ricette per risolvere la questione criminalità senza demagogie e in maniera rispettosa delle pre-regole di uno Stato di Diritto, oggi è disorientato perché è la stessa classe dirigente di centro sinistra (e talvolta della sinistra) a sponsorizzare una concezione della sicurezza e della giustizia propria della destra.

Avviene così che Veltroni critichi il piano svuota carceri del governo perché è un indulto mascherato (!), e non già perché si tratta di misure demagogiche, inefficaci e non garantiste dei diritti minimi della persona (ad esempio, perché si imporrebbe una misura invasiva come il braccialetto elettronico anche senza il consenso dell’interessato).

In questo panorama, l’unico "supporto" per chi, come l’associazione Antigone, si batte per le garanzie del sistema penale e crede ancora che sicurezza e giustizia debbano rispettare i principi fondamentali dello Stato di diritto, è rappresentato dalle prese di posizione forti assunte dalla Caritas, Famiglia Cristiana e da altri organismi certamente non di sinistra. Ed è con questi soggetti che la Sinistra (quella vera) deve provare, con pazienza, a spazzare la coltre di odio e di intolleranza che ha invaso l’animo degli italiani.

mercoledì 17 settembre 2008

Giustizia: Alfano; "braccialetto"? forse. Espulsioni? di sicuro

Ansa, 17 settembre 2008

Il braccialetto elettronico come "aggravante ulteriore per gli arresti domiciliari" sarà introdotta solo se ci sarà la garanzia "di evasioni zero e recidiva zero". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, nel corso della trasmissione Sky Tg24 sera. "Il braccialetto come misura supplementare sarà applicato solo se certi che funzioni come nella civilissima e confinante Francia, dove si registrano evasioni zero e recidive zero. Lì ne sono in funzione duemila".

Alfano ha ribadito che di essere al lavoro con il ministro dell’Interno Maroni affinché i tecnici della Giustizia e degli Interni individuino le tecnologie in grado di garantire, appunto, che non ci siano evasioni e recidive con l’uso del braccialetto. "Se così non sarà - sottolinea Alfano - questa norma, introdotta nel 2000 da un governo di centrosinistra, era e resterà inapplicata". Il Guardasigilli ha infine escluso che verrà avviato un programma svuota-carceri, ma ha precisato che si lavorerà per decongestionare i sovraffollati istituti penitenziari: "Il 35%-40% dei detenuti sono stranieri. Intendiamo mandarli a casa loro a scontare la pena. Berlusconi ne ha parlato oggi con Sarkozy. Sono convinto che il costo dell’espulsione sarà inferiore ai costi di mantenimento, di sicurezza e processuali in Italia".

martedì 16 settembre 2008

Giustizia: il valore della "sicurezza" scaccia quello della libertà

di Zygmunt Bauman

La Repubblica, 16 settembre 2008

In un mondo globalizzato allo slogan rivoluzionario "Liberté, Egalité, Fraternité" si è sostituito il motto "Sicurezza, Parità, Rete".

Quando venne proclamato per la prima volta, in Francia, nel pieno dell’eccitazione rivoluzionaria, lo slogan "Liberté, Egalité, Fraternité" era, allo stesso tempo, l’espressione sintetica di una filosofia di vita, una dichiarazione di intenti e un grido di battaglia. La felicità è un diritto umano e il suo perseguimento è un’inclinazione umana naturale e universale - così suonava l’assunto, implicito e evidente, di questa filosofia di vita. Per conseguire la felicità, gli uomini avevano bisogno di essere liberi, uguali e affratellati (tra fratelli, la simpatia, il soccorso e l’aiuto sono diritti di nascita, non un privilegio che deve essere guadagnato ed esibito prima di vederselo riconosciuto).

Come sostenne in maniera memorabile John Locke, anche se come le persone erano state abituate a credere da secoli di appelli improntati al memento mori, gli uomini possono scegliere e percorrere "solo un cammino" verso la felicità eterna (il cammino della pietà e della virtù, che conduce all’eternità del Paradiso), resta valido quanto segue: una sola tra queste è la vera via della salvezza. Ma tra le mille che gli uomini imboccano, qual è quella giusta? Né la cura dello stato, né il diritto di far leggi hanno svelato con maggior certezza al magistrato la via che conduce al cielo di quanto non l’abbia svelato a un privato cittadino la propria ricerca.

Queste assunzioni, riguardanti il legame intrinseco e indissolubile tra la qualità del "commonwealth" e le chance di felicità individuale, hanno perso, o stanno rapidamente perdendo, la loro validità assiomatica, e tale declino avviene tanto nel modo di pensare della gente così come nella loro versione intellettualmente sublimata. Ed è forse per questa ragione che le condizioni implicite della felicità individuale stanno scivolando dalla sfera sovra-individuale della Politica verso il dominio della bio-politica individuale, postulata come terreno di iniziative eminentemente personali, in cui vengono impiegate per lo più, se non esclusivamente, risorse possedute e gestite a livello individuale. Lo spostamento riflette il mutamento delle condizioni di vita, risultante dai processi liquido-moderni di deregulation e privatizzazione, cioè "sussidiarietà", "outsourcing", "sub-contratti" e così via, con cui si rinuncia progressivamente ad elementi che prima facevano parte delle funzioni svolte dal commonwealth. La formula che si sta oggi profilando, in ordine al perseguimento dell’obiettivo (immutato) della felicità, è espressa al meglio dal motto: "Securité, Parité, Reseau" (Sicurezza, Parità, Rete).

Il valore della "sicurezza" sta scacciando quello della libertà. Questo "scambio", caratteristico della nostra civiltà, si manifestò per la prima volta allorché Sigmund Freud, in Il disagio della civiltà, pubblicato nel 1929, mise in luce la tensione e gli scivolamenti che caratterizzano il rapporto tra questi due valori, ugualmente indispensabili e altamente considerati, eppure difficili da riconciliare. In meno di un secolo, il continuo progresso della libertà individuale di espressione e di scelta ha raggiunto un punto in cui il prezzo di tale progresso, cioè la perdita di sicurezza, ha cominciato ad essere giudicato esorbitante - insostenibile e inaccettabile - da un numero crescente di individui emancipati, o costretti ad andare per la propria strada di punto in bianco. I rischi implicati dall’individualizzazione e dalla privatizzazione del perseguimento della felicità, uniti al graduale ma progressivo smantellamento delle reti di sicurezza (pensate, costruite e offerte a livello sociale) e dell’assicurazione contro i rovesci della sorte (stipulata sempre a livello sociale), si sono dimostrati enormi.

L’incertezza generatrice di paure che ne é seguita ha avuto come effetto uno scoraggiamento diffuso. L’idea di una vita riempita in misura leggermente maggiore da certezza e sicurezza, anche se in parte a scapito della libertà personale, ha guadagnato all’improvviso seguito e potere seduttivo (...).

Nell’odierna costellazione delle condizioni (e delle aspettative) di una vita decente e piacevole, la stella della parità brilla sempre più luminosa, mentre quella dell’uguaglianza va oscurandosi. "Parità" non è assolutamente sinonimo di "uguaglianza", o meglio, è un’uguaglianza, abbassata a uguale diritto al riconoscimento - a "diritto di essere" e "diritto di essere lasciati in pace". L’idea di livellare il reddito, il benessere, il comfort le prospettive di vita, e ancor più l’idea di un’equa ripartizione nello svolgersi della vita in comune e nei benefici che la vita in comune ha da offrire, stanno sparendo dall’agenda dei postulati e degli obiettivi realistici della politica. Tutte le varietà della società liquido-moderna sono sempre più compatibili con il permanere di un’ineguaglianza economica e sociale. L’idea di condizioni di vita uniformi e universalmente condivise viene via via sostituita da quella di una diversificazione in linea di principio illimitata - fino a coincidere con il diritto di essere e rimanere differenti senza che per questo siano negati dignità e rispetto.

Mentre le disparità verticali nell’accesso a valori approvati e ricercati da tutti tendono ad aumentare ad una velocità crescente, incontrando scarsa resistenza e causando al massimo azioni rimediali di poco conto, sporadiche e di portata molto ristretta, le differenze orizzontali, di converso, si moltiplicano, accompagnate da peana, celebrate e sistematicamente promosse dai poteri politici e commerciali così come da quelli ideologici (ideational). Le guerre per il riconoscimento prendono il posto occupato un tempo dalle rivoluzioni; il campo di battaglia non è più la forma del mondo che verrà, ma il posto, tollerabile e tollerato, in questo mondo; in questione non sono più le regole del gioco, ma solamente l’ammissione al tavolo. Questo è ciò che si intende, alla fin fine, con "parità", l’ultima incarnazione dell’idea di equità: riconoscimento del diritto di partecipare al gioco, rigettando un verdetto di esclusione o allontanando la possibilità che un verdetto del genere possa mai essere formulato.

Infine, la rete. Se "fratellanza" implicava una struttura acquisita, che predeterminava e predefiniva le regole che fissano condotta, atteggiamenti e principi di interazione, la "rete" non ha dietro si sé alcuna storia: la rete è tessuta nel corso dell’azione, e tenuta viva (o meglio, continuamente, ripetutamente ri-creata/resuscitata) soltanto grazie a una successione di atti comunicativi. A differenza del "gruppo" e di qualsiasi altro tipo di "totalità sociale", la rete è ascritta su base individuale ed è individualmente orientata - sua parte originaria, permanente e insostituibile è l’individuo, il nodo volta per volta considerato. Si assume che ogni singolo si porti dietro, assieme al proprio corpo, il suo o la sua propria specifica rete, un po’ come una chiocciola porta la sua casa. Una persona A e una persona B possono appartenere entrambe alla rete di C, ma A può non appartenere a quella di B e viceversa - una circostanza che non poteva verificarsi nel caso di totalità come nazioni, chiese o quartieri. La caratteristica più rilevante delle reti, peraltro, è la non comune flessibilità della loro portata e la straordinaria facilità con cui ne può essere modificata la composizione: le unità individuali vengono aggiunte o tolte con uno sforzo non maggiore a quello con cui si mette o si cancella un numero dalla rubrica del cellulare. I legami eminentemente scioglibili che uniscono le diverse unità delle reti sono tanto fluidi quanto lo è l’identità del nodo della rete, il suo solo creatore, proprietario e gestore. Grazie alle reti, l’"appartenenza" passa da antecedente a conseguenza dell’identità, diventa l’estensione di un’identità eminentemente mutevole, qualcosa che segue immediatamente, e opponendo una resistenza minima, alle successive rinegoziazioni e ridefinizioni identitarie. Con ciò, le relazioni poste in essere e sostenute dai collegamenti in forma di rete si avvicinano all’ideale della "relazione pura": legami unifattoriali facilmente gestibili, senza durata determinata, senza clausole e sgravati da vincoli a lungo termine. In netta opposizione ai "gruppi di appartenenza", ascritti o scelti, le reti offrono al loro proprietario/gestore il sentimento rassicurante (anche se alla fin fine controfattuale) di controllo totale e indiscusso sulle proprie lealtà e sui propri obblighi.