L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

domenica 28 novembre 2010

Vietti (Csm); le carceri scoppiano, servono depenalizzazione e misure alternative

Ansa, 28 novembre 2011

Dall’intervento di Michele Vietti (Vice Presidente Csm) al 30° Congresso dell’Anm: “Il nostro Paese ha costruito un impianto penale sostanzialmente ridondante di fattispecie incriminatorie e ricco di raffinate garanzie processuali, solo che si consideri lo spropositato numero di magistrati che si occupano di ogni singolo processo.

È del tutto evidente che uno strumento così articolato e costoso non può servire ad affrontare le molte questioni bagatellari che soffocano il nostro sistema. Inoltre il carcere, con un sovraffollamento che ha raggiunto livelli non degni di un paese civile, non può essere l’unica risposta, anche per i costi economici che esso comporta.
Oltre che depenalizzare è indispensabile dare rilevanza estintiva alle condotte riparatorie e pensare a pene alternative. Per quanto riguarda il versante civile, è indispensabile pensare anche ad una tutela non giudiziale di alcuni diritti, forse alla eliminazione delle residue competenze monocratiche in primo grado, alla individuazione di procedure specifiche per determinate questioni seriali, a meccanismi conciliativi efficienti in linea con il decreto legislativo sulla mediazione, alla razionalizzazione ed alla bonifica di alcuni settori del contenzioso previdenziale. Inoltre, occorre puntare sulla specializzazione, che favorisce la prevedibilità delle decisioni e realizza economie di scala nei risultati”.


Dall’intervento di Luca Palamara (Presidente Anm) al 30° Congresso dell’Anm: “La drammaticità della situazione è evidente. Oggi la popolazione carceraria è costituita da circa 69.000 detenuti, un terzo dei quali tossicodipendenti e più di un terzo stranieri. Mai, nella storia della Repubblica, ce ne sono stati tanti. La capienza dei 206 istituti italiani è di circa 44.000 posti letto. A ciò si aggiungono le pesanti carenze di organico degli agenti di polizia penitenziaria.
La soluzione al continuo aumento del sovraffollamento non può essere solo la costruzione di nuovi stabilimenti in quanto il carcere deve essere la extrema ratio.
È necessario introdurre pene alternative, non limitare l’affidamento in prova che pure ha dato buoni risultati, mitigare le restrizioni previste per i recidivi al godimento dei benefici penitenziari.
Il carcere non può essere la risposta a ogni situazione di devianza marginale e la politica non può mostrarsi indifferente alle ragioni del disagio sociale e alle cause dei fenomeni collettivi complessi, quali ad esempio l’immigrazione e le tossicodipendenze, che hanno aumentato esponenzialmente in questi ultimi anni il tasso di carcerizzazione.
Oggi prendiamo atto dell’approvazione in via definitiva, avvenuta il 17 novembre del 2010, del ddl 2313, c.d. “svuota carceri”, che - si calcola - dovrebbe porre circa 9.000 detenuti in detenzione domiciliare. Questo provvedimento sembra aprire la strada al criterio secondo il quale le pene brevi o il breve residuo finale possono essere espiati fuori del carcere nel senso auspicato dall’Anm di favorire il superamento della concezione pancarceraria della pena. Restano, tuttavia, dubbi e perplessità, anzitutto per la schizofrenia legislativa, evidenziata dalla contraddizione di un legislatore che, da un lato, criminalizza fatti di dubbia offensività (v. reato di immigrazione clandestina) e, dall’altro, sopraffatto dall’emergenza, si preoccupa di svuotare le carceri. In un secondo momento, occorrerà valutare i riflessi che i conseguenti adempimenti burocratico - amministrativi determineranno sulla già disagiata macchina della giustizia”.

venerdì 26 novembre 2010

FP CGIL LOMBARDIA: DECRETO SVUOTA CARCERI


Il 19 novembre è stato licenziato definitivamente il Decreto del Ministro Alfano sulla detenzione domiciliare, che vorrebbe riuscire, almeno nelle intenzioni espresse, a contenere il sovraffollamento penitenziario, migliorando la gestione delle carceri attraverso l’assunzione di circa 1800 poliziotti penitenziari.
Pur riconoscendo che questo è il primo atto concreto assunto da questo governo, dopo tanti annunci, per risolvere il problema dell’invivibilità delle carceri sia per chi ci abita sia per chi ci lavora, ci chiediamo come gli esperti dell’amministrazione penitenziaria non si siano posti il problema dell'aumento esponenziale dei carichi di lavoro che questo provvedimento avrà su un personale che non avrà alcun incremento, ma piuttosto sta subendo nel tempo una riduzione costante, come gli assistenti sociali, o ha avuto di recente incrementi insufficienti, come gli educatori. Per non parlare della quasi inesistenza di psicologi e delle difficoltà che incontrano gli uffici di Sorveglianza per carenze di personale e di Magistrati di Sorveglianza.
Certo, l’assunzione di poliziotti penitenziari, peraltro esigua in termini di necessità, come denunciato anche dal coordinatore nazionale Quinti, potrebbe sembrare un primo tamponamento dell’emergenza, ma con un cerotto non si sutura un’emorragia e, soprattutto, non si interviene realmente sul problema.
Se poi si analizza il decreto dal punto di vista dei destinatari del provvedimento, molti sanno che chi potrà fruirne rappresenta una piccola minoranza insufficiente a rendere questo provvedimento significativo rispetto alla riduzione del sovraffollamento. Infatti i detenuti con fine pena sotto l’anno, per la maggior parte sono stranieri o senza fissa dimora, quindi non rientrano nelle fattispecie previste; inoltre i problemi si trasferiranno dal carcere al domicilio, dove i detenuti domiciliari dovranno essere controllati da forze dell’ordine già allo spasimo in termini numerici e di risorse, distogliendole di fatto dall'attività di prevenzione e contrasto alla criminalità.
Liberare le persone in questo modo, senza un automatismo ma anche senza un reale intervento trattamentale, ci chiediamo a chi serva visto che non costituisce né un servizio alla collettività né la soluzione del problema del sovraffollamento. Ci sembra solo l’ammissione che il carcere oggi è di fatto invivibile e incivile perché ha assunto l’aspetto di un semplice contenitore di corpi e non anche di storie personali e collettive, che necessitano di essere riconosciute e comprese anche per prevenire recidive.
Quanto negli anni passati è già più volte successo ci fa invece purtroppo temere che fra qualche tempo, dopo aver caricato uffici ed operatori penitenziari di un lavoro immane ed utile solo in minima parte, si accuseranno quegli stessi operatori di non essere efficaci e si lancerà la solita campagna sulla rieducazione che fallisce, per approvare nuove politiche di restrizione e rigore.
Non si può tacere che questo Decreto grava principalmente sugli UEPE, dove gli assistenti sociali sono già in numero non sufficiente a coprire l’ordinaria amministrazione, rispondendo alle richieste provenienti sia dalla Magistratura che dagli Istituti Penitenziari. Non si è pensato anche al loro incremento numerico sbloccando almeno il turn over e la mobilità esterna da altri enti e servizi della P.A.!
Gli operatori penitenziari sono stufi di provvedimenti che non risolvono niente, che non affrontano i veri problemi e trovano soluzioni che tali non sono. Dobbiamo purtroppo constatare che ancora una volta si è persa l’opportunità di effettuare un serio intervento sul carcere e sui servizi di esecuzione penale territoriale che assicurano la prevenzione e il controllo. Dobbiamo denunciare che non si è dato il via a un intervento che tutelasse la sicurezza come richiesto dai cittadini.

Milano, 25 novembre 2010

I Segretari Reg. FP CGIL
Comparto Ministeri e Sicurezza
Gloria Baraldi – Natale Minchillo
Il Coord. Reg. FP CGIL
Polizia Penitenziaria
Calogero Lo Presti

La Coord. Reg. FP CGIL DAP Ministeri
Barbara Campagna

giovedì 25 novembre 2010

FP CGIL Piemonte Scrive ad Alfano e ai Vertici dell'Amministrazione Penitenziaria

Qualche mese fa, quando si dava per imminente il provvedimento deflattivo che ieri si è concretizzato in legge, il Coordinamento Regionale DAP Ministeri e la FP CGIL Regionale rivolsero un invito alle Istituzioni e alla politica perché non si consumasse l’ennesima operazione di facciata che non avrebbe risolto il problema del sovraffollamento e della vivibilità del carcere e in più avrebbe aggravato la già difficile situazione lavorativa di buona parte degli operatori penitenziari.
Ora non è più tempo di ripetere le considerazioni già espresse in merito alla carenza di tempo e di
risorse che ridurranno il tutto ad un mero ma impegnativo adempimento burocratico che partorirà un risultato molto modesto. Gli Istituti sono affollati da persone che difficilmente possiedono i requisiti richiesti dal provvedimento, e infatti per questo non hanno avuto la possibilità di fruire della detenzione domiciliare o di benefici già previsti dal nostro impianto normativo.
E’ invece il tempo di dire “basta” al perdurare dell’atteggiamento di svalorizzazione che da troppo tempo ormai viene manifestato, dalla politica e dalla stessa Amministrazione Penitenziaria, nei confronti degli operatori del Comparto Ministeri La carenza d’organico affligge le figure professionali di tutto il Comparto: gli educatori vincitori del concorso a 397 posti indetto nel 2003 non sono stati ancora tutti assunti, nonostante il fabbisogno delle Aree Educative degli Istituti che renderebbe necessaria anche l’assunzione degli idonei ; i 22 educatori piemontesi stabilizzati dopo concorso regionale con contratto di lavoro part-time si vedono negare le risorse per il necessario passaggio a tempo pieno; gli assistenti sociali non intravedono l’ombra di un concorso; contabili, informatici e amministrativi sono talmente insufficienti da rendere necessario l’utilizzo della polizia penitenziaria negli uffici.
E la sola risposta della politica quale è? L’assunzione di 1800 poliziotti penitenziari.
E pensare che nell’esecuzione del provvedimento deflattivo le figure professionali più gravate
saranno gli educatori, gli assistenti sociali e il personale amministrativo che loro funge da supporto!
Poteva essere una buona occasione per affermare l’aspetto inscindibile, perché così lo vuole la Costituzione, tra la funzione securitaria e quella rieducativa della pena, e nel momento di emergenza dare un segno d’attenzione alle diverse anime del personale.
Così non è stato, come sempre.
Come sempre, quando si parla di sovraffollamento, di invivibilità del carcere, di morti e suicidi , il rimedio si configura solo come l’incremento della polizia penitenziaria.
E’ superfluo ribadire il ruolo prezioso svolto da tale personale nelle diverse fasi dell’esecuzione della pena: ma perché ignorare o sminuire quello svolto dalle altre figure che, fin dal 1975, l’ordinamento penitenziario ha indicato come altrettanto indispensabili?
La stessa Amministrazione Penitenziaria effettua, anche nelle occasioni pubbliche, una sistematica rimozione nei confronti del Comparto Ministeri.
In più, si è avuto conferma di un progetto che porterà ad una più accentuata militarizzazione del carcere, e che prevede il passaggio degli operatori del Comparto Ministeri dell’Amministrazione Penitenziaria all’Amministrazione Giudiziaria: da sempre figli di un dio minore, questi lavoratori saranno alla fine completamente ripudiati.
Noi non ci stiamo. Riteniamo sia giunto il momento di contrastare l’atavica tendenza al sacrificio, alla sopportazione, all’”arrangiarsi”, all’ elemosinare anche le risorse strumentali per svolgere il lavoro, il tutto nella convinzione di dover rinunciare alle giuste rivendicazioni pur di non nuocere alla popolazione detenuta.
In realtà proprio per poter esplicare al meglio la nostra professionalità e rendere un migliore servizio alla nostra utenza, abbiamo il dovere, prima che il diritto, di esigere maggiore attenzione da chi ha responsabilità politiche e istituzionali.
Per questo chiediamo che tra i destinatari degli interventi atti a contrastare l’emergenza delle carceri venga ricompreso, nella sua specificità, anche il Comparto Ministeri, a cominciare dai necessari provvedimenti di assunzione. Nel perseguimento di questo obiettivo riteniamo che debba essere considerato ogni strumento di lotta e rivendicazione, compresa, per iniziare, la proclamazione dello stato di agitazione a livello nazionale.

'DDL Alfano svuotacarceri' avrà solo un effetto tampone ci vuole un progetto complessivo e lungimirante - Comunicato stampa di Antonio Crispi FPCGIL

Lo scorso 18 novembre si è concluso, con l'approvazione nell'aula del senato, l'iter del ddl sulla detenzione domiciliare per le pene inferiori ad un anno, la cosiddetta "legge svuota carceri" che mira a ridurre la popolazione carceraria di circa 9000 unità, secondo i dati del dap .
Un numero insufficiente visto che nelle carceri italiane sono presenti circa 68.400 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 44.000 unità, e visto che la popolazione carceraria, purtroppo, è in costante ascesa. Il provvedimento, benché rappresenti un segnale di attenzione alla problematica della "emergenza carceri", a nostro avviso ha una debole azione deflativa ed assume al momento un effetto tampone non risolutivo.Manca una progettualità più complessiva e lungimirante che comprenda ed intervenga su tutto il sistema dell'esecuzione penale nei suoi aspetti legislativi, organizzativi e strutturali. Le azioni previste nell'impianto normativo del provvedimento graveranno fortemente sui lavoratori penitenziari già provati da gravi ed endemiche carenze di organico e carichi di lavoro insostenibili. I forti tagli delle risorse, la riduzione delle piante organiche, il blocco delle assunzioni, operate dai vari provvedimenti di governo non hanno risparmiato un così delicato e peculiare settore già da tempo vicino al collasso.Occorrono urgentemente interventi seri e mirati o la situazione carceraria non subira' sensibili miglioramenti rimanendo in uno stato di permanente "emergenza", con una condizione ancor più drammatica per i ristretti e mortificante ed insostenibile per i lavoratori

domenica 21 novembre 2010

FEDERAZIONE CONFSAL--UNSA scrive al Direttore Generale del Personale e della Formazione Dipartimento della Giustizia Minorile

Al Dr. Luigi DI MAURO
Con delibera n.74 del 24.10.2009 il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali ha approvato il “Regolamento per la formazione professionale continua”, che prescrive a tali lavoratori l’obbligo di mantenere ed aggiornare la propriapreparazione partecipando ad attività formative.
Il sistema di formazione continua prevede un periodo di sperimentazione pari a tre anni e più specificatamente dal 2010 al 2012.
La scrivente O.S., anche al fine di non far gravare economicamente sul personale in servizio l’onere del citato adempimento, ha fortemente voluto, ottenendo l’assenso della parte pubblica, l’inserimento nel C.C.N.I. del 29.7.2010 (art.12 punto 9) di una specifica previsione per la quale i Dipartimenti del Ministero della Giustizia si impegnano ad assicurare la formazione continua obbligatoria disposta dagli Ordini Professionali.
Per quanto sopra richiamato, si chiede alla S.V. di avviare le procedure atte a garantire al personale interessato l’adempimento per quanto prescritto dal proprio Ordine.
Ad ogni buon fine si allega il documento predisposto dal CNOAS contenente le linee guida operative e le norme di attuazione e di coordinamento.
Nella certezza che quanto richiesto sarà oggetto di pronta attenzione, si porgono distinti saluti.

FEDERAZIONE CONFSAL--UNSA scrive al Direttore Generale Istituto Superiore di Studi Penitenziari

Con delibera n.74 del 24.10.2009 il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali ha approvato il “Regolamento per la formazione professionale continua”, che prescrive a tali lavoratori l’obbligo di mantenere ed aggiornare la propria preparazione partecipando ad attività formative.
Il sistema di formazione continua prevede un periodo di sperimentazione pari a tre anni e più specificatamente dal 2010 al 2012.
La scrivente O.S., anche al fine di non far gravare economicamente sul personale in servizio l’onere del citato adempimento, ha fortemente voluto, ottenendo l’assenso della parte pubblica, l’inserimento nel C.C.N.I. del 29.7.2010 (art.12 punto 9) di una specifica previsione per la quale i Dipartimenti del Ministero della Giustizia si impegnano ad assicurare la formazione continua obbligatoria disposta dagli Ordini Professionali.
Per quanto sopra richiamato, si chiede alla S.V. di avviare le procedure atte a garantire al personale interessato l’adempimento per quanto prescritto dal proprio Ordine.
Ad ogni buon fine si allega il documento predisposto dal CNOAS contenente le linee guida operative e le norme di attuazione e di coordinamento.
Nella certezza che quanto richiesto sarà oggetto di pronta attenzione, si porgono distinti saluti.

NOTA del CONSIGLIO NAZIONALE dell’ORDINE ASSISTENTI SOCIALI CONFERENZA SULLA FAMIGLIA – MILANO, 8 NOVEMBRE 2010


Onorevole Giovanardi,
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine Assistenti sociali non ha ritenuto opportuno intervenire nella recente battaglia mediatica che ha visto coinvolta la figura del Premier relativamente alla questione dell’affido, non volendo essere soggetto di strumentazioni ideologiche un Ordine che ha per mandato costituzionale quello di garantire i diritti sociali di tutta la popolazione, nessuno escluso. E’ tuttavia necessario prospettare oggi, all’interno della Conferenza per la Famiglia che Lei ha ritenuto di dover inaugurare, il nostro forte disagio nei confronti dell’azione di Governo su questo settore, nonché sulla banalizzazione da parte di suoi esponenti di temi di tale delicatezza.
Il Piano nazionale per l’Infanzia e adolescenza, atteso dal 2004, stenta a decollare come lei sa bene e in ogni caso non prevede investimenti economici. Il Fondo sociale è stato tagliato per le ben note esigenze della Manovra proprio nel capitolo sulle Politiche per la Famiglia e si profila un ulteriore taglio nella prossima Finanziaria. Non è accettabile Signor Sottosegretario. La Famiglia non si sostiene con uno spot emozionale della Presidenza del Consiglio. E’ bene ammettere oggi con franchezza che la famiglia è stata lasciata sola nel nostro Paese, è un’ istituzione in profonda crisi che sta implodendo. A subirne le immediate conseguenze sono i minori, oltre che le persone anziane e diversamente abili che trovano proprio nella famiglia il primo, e spesso l’unico, supporto concreto ai propri bisogni speciali, in uno stato di welfare che arretra. Che senso ha dunque inaugurare oggi una Conferenza per la Famiglia, se appare chiaro che non si intende investire su questa istituzione?
Occorre riportare la famiglia, come previsto dalla Costituzione, al centro dell'agenda sociale e politica del Paese. Il sostegno e la promozione della famiglia sono infatti oggi priorità anche di fronte alla crisi economica e alla sfida di un nuovo modello di welfare, situazioni che segnano sia il contesto nazionale che lo scenario europeo ed internazionale. Occorre uscire dalla cultura del dono, della beneficienza, diversamente da quanto alcuni esponenti del Governo affermano. Occorre fornire alla famiglia strumenti di sostegno e di crescita con adeguate risorse economiche. E occorre misura, anche nelle parole. Lo stesso delicatissimo strumento dell’affido, forse involontariamente disatteso nella ultima vicenda dal Premier, non può tuttavia essere percepito dall’opinione pubblica come una barriera facilmente aggirabile anziché come un istituto di tutela dei minori in sofferenza.
E’ necessario, On. Giovanardi, riportare dignità al dibattito, non banalizzare l’apporto professionale di chi, come gli Assistenti sociali, rimane quotidianamente alle prese con un disagio sociale in crescita, lavorando in condizioni di precariato e di depauperazione dei servizi, rappresentando spesso l’ultimo baluardo al degrado, nel silenzio delle istituzioni. E’ necessario, doveroso, urgente, individuare strumenti legislativi, finanziari, strategici che restituiscano alla famiglia il ruolo di primo luogo di custodia e rispetto della dignità della persona.

mercoledì 17 novembre 2010

Antonio Crispi, Fp-Cgil; Si vuole tornare alla militarizzazione delle carceri


Il sottosegretario Caliendo ha confermato pubblicamente che esiste un regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia che vuole accorpare il personale dei tre Dipartimenti sotto l'egida dell'Organizzazione Giudiziaria.
Ciò comporterebbe lo smantellamento del Dipartimento della Giustizia Minorile e la gestione separata del personale del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria tra polizia penitenziaria e personale del comparto Ministeri, con la conseguente perdita della specificità di questi due delicati settori.
Ciò significherebbe una grave retrocessione nel campo della rieducazione e del trattamento carcerario per i minori e per gli adulti. Significherebbe una gravissima scelta politica che tende ad identificare il carcere con la parte meramente repressiva senza tener conto del valore più importante, scritto nella Costituzione, del trattamento mirato al reinserimento del detenuto nella società.
Come FPCGIL ci opporremo al tentativo di una nuova militarizzazione del carcere che tanto abbiamo combattuto in passato.

domenica 7 novembre 2010

FP CGIL SCRIVE AI VERTICI DEL DAP SULLA GRAVE SITUAZIONE DEL UEPE DI CATANIA


Al Capo del DAP
Pres. F. Ionta

Ai Vice Capo del DAP
Dott. E. di Somma
Cons. S. Consolo

Al Direttore Generale
del Personale e della Formazione
Dott. R. Turrini Vita

Al Direttore Generale
dell'Esecuzione Penale Esterna
D.ssa L. Culla

e, per conoscenza

Al Provveditore DAP
Regione Sicilia
Dott. O.Faramo
PALERMO

Alle Segreterie Regionale e Provinciale FpCGIL
CATANIA

Ai Delegati ed eletti RSU FpCGIL dell'UEPE di
CATANIA



Oggetto: problematiche UEPE di Catania

Questa O.S. intende porre all'attenzione di codesta amministrazione la difficile situazione in cui versa l'UEPE di Catania, una situazione che evidenzia serie criticità e problematicità operative, organizzative e professionali già più volte e da tempo rappresentate dalle OO.SS. territoriali e dalle RSU dell'Ufficio ai vertici locali e centrali del DAP senza però, nonostante qualche timido intervento, in particolar modo da parte del PRAP di Palermo, riuscire nella soluzione della problematica.
Recenti informazioni rappresentano il costante aggravarsi della situazione dell'UEPE di Catania dove l'operatività quotidiana si esplica in un clima divenuto nel tempo particolarmente gravoso che sta inficiando i rapporti interpersonali tra gli stessi lavoratori e svilendo il loro impegno professionale.
Tale situazione sembra riconducibile ad una modalità organizzativa e gestionale non certo ortodossa da parte della Dirigente; una modalità che si evidenzia e si esplica costantemente nei processi di comunicazione, compromessi da evidenti "difficoltà" all'ascolto e al confronto con il personale provato professionalmente e psicologicamente da comportamenti, a nostro parere, "vessatori", nonché nelle palesi violazioni alle normali regole che disciplinano il rapporto di lavoro e le normali relazioni sindacali.
Costanti, infatti, risultano gli interventi della Dirigente che disattendono le norme contrattuali, che violano i diritti acquisiti e che sviliscono l'operato dei lavoratori sempre più mortificati nella loro dignità professionale e personale. Una situazione che i lavoratori denunciano non più sostenibile .
La FpCgil conferma il sostegno ai lavoratori dell'UEPE in questione e chiede ai vertici del DAP un urgente intervento finalizzato a dirimere la problematica evidenziata comunicando che saranno intraprese tutte quelle iniziative di prerogativa sindacale atte a tutelare e a sostenere i lavoratori e i loro diritti.
Si resta in attesa di sollecito urgente riscontro e si porgono cordiali saluti.



La Coordinatrice Nazionale DAP
Lina Lamonica