Intervento attivo nazionale unitario delegati 7 marzo 2014
I lavoratori dell'Amministrazione Penitenziaria sono consapevoli che il sistema dell'esecuzione penale italiano sta attraversando uno dei periodi più difficili e più impegnativi della sua storia.
Lo sforzo di chi lavora negli Istituti di pena e negli Uffici di Esecuzione Penale Esterna per garantire, nonostante tutto, un dignitoso trattamento dei condannati è stato notevole e continua ad essere grandeper poter concretizzare le misure adottate recentemente dal Governo allo scopo di evitare le sanzioni dell’Unione Europea.
Dopo anni di costante enfatizzazione del problema "sicurezza" e di strumentalizzazione del carcere come unica risposta ai problemi della nostra società, sentiamo finalmente dichiarare l'intenzione di potenziare le misure alternative e le sanzioni sostitutive, considerate, insieme alla depenalizzazione e alla razionale applicazione delle misure cautelari, lo strumento per riportare il carcere alla giusta dimensione di luogo di custodia e trattamento delle persone il cui profilo di pericolosità rende necessaria la privazione della libertà.
Ci chiediamo però come l'Amministrazione Penitenziaria pensi di dare realizzazione al potenziamento delle misure alternative e sanzioni sostitutive se procede ai tagli delle dotazioni organiche richiesti dalla spending review senza tener conto che sono risorse strategiche proprio quelle figure professionali (assistenti sociali, educatori, dirigenti degli u.e.p.e e degli istituti penitenziari) i cui numeri vengono egualmente decurtati.
Un'organizzazione che intenda davvero puntare a livello strategico sullo sviluppo di un certo settore non può ridurre proprio le risorse che sono vitali per quella parte del sistema.
Gli operatori degli U.E.P.E. non hanno mai smesso di credere nella potenzialità delle misure alternative alla carcerazione ma non hanno ancora visto al loro fianco un'Amministrazione Penitenziaria pienamente convinta della necessità di un adeguato sviluppo dell'Esecuzione Penale Esterna.
Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna hanno acquisito nel tempo sempre maggiori competenze in ordine agli interventi da svolgere nei confronti dei condannati e diversamente dagli altri elementi del sistema(Istituti penitenziari e Uffici di Sorveglianza) non svolgono le loro funzioni esclusivamente nella propria sede.
Peculiarità richiesta agli U.E.P.E è quella della prossimità all'utenza e alle articolazioni del territorio per progettare e realizzare il trattamento dei condannati ammessi alle misure alternative alla carcerazione.
l'ubicazione degli Uffici corrisponde ancora alla competenza degli Uffici di Sorveglianza e che non vi sono sedi di servizio in tutti i capoluoghi di provincia, si comprende facilmente quale sforzo organizzativo e quale disagio operativo devono affrontare gli operatorie soprattutto quali anacronistici e dispersivi spostamenti sul territorio siano, non di rado, costretti ad affrontare.
Il potenziamento delle misure alternative, il consolidamento dell'applicazione del Lavoro di Pubblica Utilità e la ventilata introduzione della messa alla prova per gli adulti non potranno trovare adeguata realizzazione se non si provvederà ad una riorganizzazione eal potenziamento degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna.
Gli U.E.P.E soffrono di carenze degli organici oramai non più sostenibili ed hanno visto l'Amministrazione Penitenziaria prima sollecitare l'apertura di nuove sedi periferiche e poi "tirare i remi in barca " lasciando agli operatori l'onere di garantire la prossimità al territorio unicamente attraverso il proprio impegno personale.
Gli interventi nei territori più periferici, come ad esempio quelli montani della provincia di Belluno, vengono garantiti grazie allo sforzo personale di alcuni colleghi che si mettono alla guida di automezzi (peraltro senza pneumatici da neve), svolgendo il ruolo di autista, di navigatore e di assistente sociale.
E' assolutamente anacronistico che, come ai tempi della Repubblica Serenissima, si parta da Venezia per garantire lo svolgimento di una funzione dello Stato sul territorio del Cadore piuttosto che dell'Agordino.
Almeno ai tempi della Serenissima i funzionari veneziani disponevano di una loro sede; invece gli operatori degli U.E.P.E. devono chiedere ospitalità agli enti locali per poter disporre di un piccolo ufficio di appoggio una volta alla settimana.
Ironia della sorte, nella frenesia del risparmio e forse in nome dei tagli alle auto blu, recentemente l’amministrazione penitenziaria ha prospettato proprio il mancato rinnovo del contratto di noleggio di quegli automezzi che consentono agli assistenti sociali di muoversi sul territorio.
Vi assicuro che queste automobili sono molto diverse da quelle blu.
Se come inizialmente prospettato gli U.E.P.E. dovranno curare l'esecuzione della messa alla prova per gli adulti a costo zero, ossia con le risorse umane attualmente presenti possiamo prevedere un vero e proprio tracollo degli Uffici che attualmente riescono a sostenere a malapena gli attuali carichi di lavoro grazie alla presenzadi assistenti sociali a rapporto professionale reclutati col Progetto Master; si tratta, però, di colleghi che devono dedicarsi prevalentemente alla verifica sull’idoneità del domicilio per la concessione della detenzione domiciliare cosiddetta "sfollacarceri".
Un recente documento a firma del dirigente generale Esecuzione Penale Esterna Dott. Di Somma mette finalmente in luce una realtà che sino ad ora è stata ignorata o sottovalutata e cioè che a fronte di un complessivo aumento di misure alternative e sanzioni in esecuzione, che nel 2013hanno abbondantemente superato il livello del pre-indulto 2006(sono state 26739 contro le 22899 del 2006) il personale direttamente dedicato a tale misure e cioè i funzionari di servizio sociale degli uffici rispetto a quelli presenti nel 2004 sono diminuiti del 36%.
Sul versante del personale dirigenziale poi, lo studio rileva come il numero dei dirigenti U.E.P.E. dal 2004 al 2014 sia progressivamente sceso da 61 unità a 34 , con la conseguente scopertura di molte sedi ela creazione di situazioni paradossali come quella del Triveneto dove è presente un solo dirigente per le sedi U.E.P.E. di tre regioni.
Il dato più allarmante indicato dallo studio è costituito dal tempo medio che gli operatori degli U.E.P.E. possono dedicare ad ogni persona in carico che al 31.01.14,dato il numero di misure e sanzioni in corso e di osservazioni e trattamenti in corso negli Istituti, è risultato di 28 minuti settimanali per persona.
Altro aspetto significativo messo in evidenza da tale studio è quello del rapporto fra personale del comparto sicurezza e personale U.E.P.E. che nel nostro Paese è fortemente sbilanciato sul primo gruppo 86% del personale D.A.P. contro il 3% degli U.E.P.E.. mentre in Francia e Regno Unito le percentuali sono rispettivamente 73% contro 11% e 49% contro 27%.
Risulta piuttosto evidente che nelle condizioni in cui si trovano, gli U.E.P.E. non sono in grado di reggere alcuna operazione di deflazione del carcere attraverso l’ampliamento delle misure alternative e sanzioni sostitutive all’azione penale.
Il passaggio da un sistema penale che ha enfatizzato la funzione del carcere ad un sistema in cui le sanzioni sono graduate e meglio commisurate alla gravità della violazione e alle caratteristiche della persona che quella violazione ha messo in atto, non si può improvvisare.
Questo passaggio che è necessario per riportare il nostro Paese ad un livello di civiltà e di legalità al pari di altri stati europei, richiede a nostro giudizio di dedicare attenzione ad alcuni aspetti che non sono stati affatto considerati e cioè:
Il riconoscimento dell’area penale esterna
come effettivo settore dell’Amministrazione Penitenziaria di pari dignità rispetto a quello dell’esecuzione intramuraria l'ascolto del "sapere operativo" di coloro che lavorano nei Servizi dell’Amministrazione Penitenziaria nell’ambito dei processi di riforma che interessano il sistema penali si pensi alla lunga esperienza in materia di "messa alla prova" dei colleghi degli U.S.S.M.che non è stata interrogata per declinare la stessa misura da applicare agli adulti la possibilità di
ottimizzare la collaborazione fralavoratori dell’amministrazione penitenziaria e giudiziaria
; l’individuazione di buone prassi viene spesso lasciata all’iniziativa di chi lavora e non invecericercataattraverso momenti di collaborazione istituzionale
la promozione dell’ esecuzione penale alternativa al carcere presso i cittadini e le articolazioni degli enti locali
che spesso gli operatori degli U.E.P.E.hanno realizzato in solitudine e con i pochi mezzi messi a disposizione dall’Amministrazione Penitenziaria
la previsione di una specifica formazione per le Forse dell’Ordine al riguardo delle misure alternative al carcere che si sono moltiplicate e che spesso vengono considerate ai fini del controllo alla stessa stregua delle misure cautelari.
la previsione di Servizi rivolti alle vittime dei reatiche possano costruire insieme agli U.E.P.E il percorso di riparazione del danno previsto dalla messa alla prova.
Per chi lavora in prima linea per l’Amministrazione Penitenziaria è forte la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un momento decisivo per il futuro dei nostri Servizi.
Chiediamo perciòalle OO.SS., alle forze politiche e alla stessa Amministrazione di dare il giusto spazio al sapere operativo dei lavoratori nel processo di riforma della Giustizia.
Roma, 7 Marzo 2014
Michela Vincenzi
funzionario di servizio sociale
Delegato F.P. CGIL presso
U.E.P.E. di Venezia Treviso Belluno