L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

lunedì 24 agosto 2009

Trento: Cgil; pene alternative, contro affollamento e recidiva

L’Adige, 22 agosto 2009

Sulla questione dei mille euro di indennizzo per il detenuto rinchiuso in uno spazio inferiore ai 7 metri e la richiesta di ottenere quei soldi da parte dei 156 detenuti del carcere di Trento è intervenuto Luigi Diaspro della Funzione pubblica della Cgil del Trentino. "Non è accettabile non perseguire una seria politica per incentivare per le misure alternative al carcere", scrive il sindacalista che spiega come sia "statisticamente dimostrato che mentre la percentuale di recidiva delle persone ristrette in carcere è pari al 60-70 %, per le persone che hanno fruito di una misura alternativa essa si riduce al 18-20%". Ma anche Trento pare non ci siano i mezzi. "Emblematico il caso dell’Ufficio Esecuzioni Penali Esterne di Trento, che opera con 4 assistenti sociali a fronte dei 15 previsti, e retto dalla dirigente di Udine, titolare anche della sede staccata di Gorizia, che può assicurare la propria presenza per non più di un paio di volte, ma anche meno, a settimana".

domenica 16 agosto 2009

carceri del nostro paese ridotte a gabbie disumane



di Franco Corleone

Terra, 15 agosto 2009

In questo agosto la politica ufficiale, o meglio politicante, discute molto, troppo, della proposta della Lega di reintrodurre le gabbie salariali. Troppo poco si affronta invece la presenza mortificante delle gabbie umane, della galera insomma. Un silenzio pesante dei mass media di fronte a un record di presenze di detenuti nella storia della nostra Repubblica che meriterebbe uno straccio di analisi.

È aumentata la criminalità in Italia? O semplicemente assistiamo alla criminalizzazione di comportamenti e stili di vita che richiederebbero interventi educativi piuttosto che il ricorso alla repressione punitiva? Per fortuna, grazie all’iniziativa dei Radicali, nei giorni di Ferragosto quasi tutte le carceri saranno visitate da parlamentari, consiglieri regionali, garanti dei detenuti.

Ognuno dei duecento istituti, oggetto della più imponente ispezione condotta contemporaneamente sul territorio nazionale, mostrerà la stessa vergogna. Corpi ammassati in celle inadeguate, materassi lerci per terra; tossicodipendenti, immigrati e poveri ridotti a carne da macello senza vedere garantito né il diritto alla salute né quello alla difesa. Molti esponenti delle istituzioni vedranno per la prima volta il prodotto finale di una giustizia di classe, generazionale, sociale, etnica. Il sovraffollamento non è come la grandine un fatto naturale e magari imprevedibile.

È il risultato di scelte precise anche se inconsapevoli. La penalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti illegali è all’origine di questa orgia penitenziaria. Nel 2007 in Italia hanno fatto ingresso in carcere dalla libertà 90.441 soggetti. Di questi 28.090 per violazione della legge sulla droga. Le presenze in carcere per la violazione della legge Fini-Giovanardi rappresentavano al 31 dicembre 2007 circa il 40%.

Queste cifre risultano aggravate dai dati dell’ultima Relazione al Parlamento dello zar antidroga Carlo Giovanardi che ha segnalato una ulteriore crescita dei tossicodipendenti che entrano in carcere, dal 27% al 33%, cioè il 6% in più rispetto al 2007! Quanto dovremo aspettare perché il presidente Fini si accorga che la legge da lui fortemente voluta è l’emblema di quello Stato etico finalmente messo in discussione?

Per un puro miracolo finora le prigioni non sono esplose, anche se morti, suicidi, atti di autolesionismo costituiscono il bollettino quotidiano di una guerra non dichiarata e su cui pesa l’embargo dell’informazione. Occorrerà una campagna d’autunno per cambiare le leggi criminogene e subito liberare dalle catene i tossicodipendenti.

SATIRAINBLOG


giovedì 13 agosto 2009

Cgil Trentino: dare sostegno agli Uepe, alternativa al carcere

L’Adige, 12 agosto 2009

"I gravi fatti avvenuti nelle carceri di Trento e Rovereto, le condizioni di grave sovraffollamento e di rilevante disagio umano che interessano tutti gli Istituti penitenziari, ci hanno consentito di approfondire una volta di più la conoscenza di una realtà "estrema" presente nel nostro paese, quella carceraria, appunto". Lo dice in una nota la Cgil del Trentino, che punta sulla rieducazione prevista dalla pena detentiva, troppo spesso trascurata.
"L’alternativa al carcere? La comprensione delle condizioni in cui operano gli Uffici istituzionalmente preposti a collaborare con l’autorità giudiziaria e con le direzioni degli Istituti penitenziari per realizzare percorsi di reinserimento e di recupero sociale con le misure alternative al carcere pare altrettanto necessaria, se non addirittura prioritaria.
Queste strutture, istituite nel 1975 e più recentemente denominate Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe), costituite da assistenti sociali supportati da personale amministrativo, sono state interessate negli ultimi anni da una sempre maggiore restrizione di risorse umane ed economiche, tanto da rischiare oggi una definitiva debacle.
Di fronte alla dimostrata efficacia del sistema misure alternative, anche in relazione alle positive ricadute sulla recidiva e sulla conseguente sicurezza dei cittadini, ci si chiede quali siano la logica e le finalità che l’Amministrazione dello Stato persegue attuando il sistematico svuotamento di mezzi e di risorse in un ambito così delicato e rilevante per il benessere della collettività. Altro che ronde".

mercoledì 5 agosto 2009

IL PRESIDENTE DELL'ORDINE NAZIONALE ASSISTENTI SOCIALI SCRIVE AL MINISTRO ALFANO SULLA GRAVE SITUAZIONE DEGLI UEPE E DEGLI USSM

Al Sig. Ministro della Giustizia
On. Avv. Angelino Alfano

Al Dott. Settembrino Nebbioso
Capo di Gabinetto
del Ministro della Giustizia
LORO SEDI
Onorevole Ministro,
da più parti e da più sedi arrivano al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali segnali di grande difficoltà e disagio che attraversa tutto il sistema della Giustizia, ma vissuti in maniera particolare dal servizio sociale, sia della Giustizia minorile, che del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Una attenta valutazione della situazione attuale ci induce ad esprimere una forte preoccupazione per il futuro del servizio sociale del sistema penale, a fronte di una realtà in cui non appare chiaro quale sia l'orientamento rispetto al ruolo e alle funzioni svolte dagli assistenti sociali della Giustizia, paventandosi addirittura una loro completa delegittimazione.
E' in tale quadro che vanno valutati anche i tagli alla spesa che, resisi in parte necessari per la crisi finanziaria in atto, stanno tuttavia mettendo in pericolo la persistenza stessa di qualsiasi forma d’intervento di protezione e di reinserimento sociale, sia nei confronti dei minori del circuito penale, che degli adulti del sistema penitenziario.
Ciò che appare è che i tagli operati hanno avuto immediata e negativa conseguenza in particolare sui servizi periferici e territoriali della Giustizia, destinati all’operatività diretta nei confronti dei beneficiari degli interventi sociali. Molto meno sui livelli intermedi e centrali.
La drastica riduzione di risorse finanziarie, umane e strumentali si traduce, per i servizi territoriali, nella crescente difficoltà, se non in una vera e propria impossibilità, ad assolvere al proprio mandato istituzionale in quanto la possibilità di operare, nelle varie realtà locali, è ridotta ormai a livelli non più rispondenti nemmeno alle minime esigenze di funzionalità dei servizi.
Tale condizione di emergenza, se in generale crea di fatto una pericolosa immobilità dell’intero sistema Giustizia, nel caso specifico del Servizio Sociale, chiamato ad intervenire sul possibile recupero dei minori e sulla riabilitazione e reinserimento sociale degli adulti, significa anche perdita di senso del lavoro e della stessa rispondenza costituzionale degli USSM e degli UEPE.
La realtà organizzativa e le pratiche professionali del servizio sociale della Giustizia, così come concretizzatesi e sviluppatesi nel corso di questi ultimi decenni, consentono di affermare che gli UEPE e gli USSM sono oggi diffusamente presenti nei territori, dove hanno attivato un'attività volta alla sottoscrizione di accordi e intese con gli Enti locali, dove operano in stretta collaborazione e coordinamento con gli attori istituzionali e non, e con le altre agenzie che si occupano della sicurezza dei territori di vita dei cittadini. Siedono ai tavoli tecnici che elaborano i Piani di Zona, vengono chiamati a far parte dei tavoli promossi dalle Prefetture per le questioni inerenti la sicurezza, hanno costanti rapporti di collaborazione con le agenzie della società civile (volontariato, cooperazione sociale, privato no profit) per la costruzione di reti operative che prevedano opportunità d’integrazione e responsabilizzazione attraverso percorsi formativi, lavorativi e di promozione sociale.
Tale politica di intervento trova il proprio fondamento nell'opinione che sia necessario inserire la Politica criminale nel più generale ambito della
Politica sociale programmata, nel convincimento che l’andamento della criminalità dipende molto più dall’andamento dei problemi sociali, che non da repressive politiche penali. Al riguardo, è stato da più parti evidenziato che la mancanza, o l’insufficienza, di politiche e interventi nel campo sociale si traducono in un aumento del livello di penalità.
Questo Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali non crede possibile che si voglia e si possa accettare la vanificazione di tale patrimonio di competenze e di buone pratiche professionali che hanno consentito al servizio sociale della Giustizia, minori e adulti, di arrivare a costituire il perno di un processo di territorializzazione dell’esecuzione penale e di tutela dei principi di inclusione e giustizia sociale, né che si intenda annullare un processo di crescita culturale, che ha interessato il nostro paese e l’Europa negli ultimi decenni, il cui punto cardine vede la pena anche come opportunità di riabilitazione e non solo come espiazione e che, in particolare per i minori, richiama la responsabilità educativa, e non solo punitiva, dello Stato.

Credendo fermamente in tali principi e nella possibilità che gli assistenti sociali inseriti nel sistema della Giustizia nel partecipare al reinserimento sociale di quanti, minori e adulti, hanno messo in atto comportamenti penalmente rilevanti, contribuiscano anche ad una maggiore sicurezza sociale e, in termini più ampi, alla sicurezza di tutti i cittadini, si chiede di invertire la logica dei tagli, capovolgendo la piramide e ottimizzando le risorse, in modo da assicurare non soltanto maggiore funzionalità ai servizi operativi.
Ci rendiamo conto delle difficoltà del momento, ma è nostra convinzione che tali difficoltà si possano meglio affrontare mantenendo un approccio che consideri le politiche penali come congiunte con le politiche sociali.
E’ in questa ottica che crediamo importante l’apporto del servizio sociale per individuare strategie e azioni che possano consentire di superare l'attuale momento di crisi.
E', quindi, con spirito di collaborazione, che richiediamo un urgente confronto con Lei su questi temi di grande rilevanza per il servizio sociale della Giustizia.
Confidando nell’accoglimento della richiesta di incontro,
Le porgiamo distinti saluti.

La Presidente
Ordine Nazionale Assistenti Sociali
Franca Dente

La FP CGIL scrive ai vertici dell' Amministrazione Penitenziaria

Roma, 4 agosto 2009
Al Capo del Dap Pres. F.Ionta
Al Vice Capo Vicario del DAP Dr. E di Somma
Al Vice Capo del DAP Cons. S. Consolo
Al Direttore Generale E.P.E. Dr. R. Turrini Vita
Al Direttore Generale del Personale e della Formazione Dr. M. De Pascalis
per conoscenza All'Ufficio per le Relazioni Sindacali Dssa P. Conte
Prot.CM 170/2009
Oggetto: Ricognizione organizzazione personale UEPE
Siamo venuti a conoscenza che codesto Dipartimento ha avviato una ricognizione sulla organizzazione degli Uffici dell'Esecuzione Penale Esterna e l'impiego del personale ivi in servizio al fine - così si legge nella nota di accompagnamento a firma del Vice Capo del Dap Cons. Santi Consolo - di verificarne l'omogeneità e la specificità. A tale scopo ciascun UEPE ha avuto il compito di compilare ed inoltrare al DAP entro il 24 agosto p.v. una scheda la quale, a nostro parere, evidenzia limiti conoscitivi del contesto di riferimento e una visione,quindi, fortemente riduttiva della sua complessità. Molti sono gli interrogativi tra gli operatori che lamentano il reiterarsi dell'atteggiamento superficiale del DAP verso il contesto ove le ben note problematiche risultano fortemente eluse e/o affrontate in maniera semplicistica e, la scheda in questione ne rappresenta l'ulteriore ennesima prova. Molte sono anche le nostre perplessità in merito. Infatti, riteniamo che la peculiarità della materia, che ricordiamo essere oggetto tra l'altro di confronto sindacale, nonché la complessità del contesto cui la stessa si riferisce meritano, a nostro parere, di una maggiore e più oculata riflessione che tenga conto, in una visione a tutto campo, delle specificità operative e dell'agire professionale e istituzionale del contesto. La Fp Cgil, pertanto, chiede con urgenza l'apertura di un tavolo di confronto con l'amministrazione finalizzato a chiarire gli interrogativi sorti in merito alla avviata ricognizione e comprenderne il vero obiettivo, nonché a ricondurre la questione complessiva nella giusta direzione. A tal proposito si evidenzia la richiesta di incontro formulata da questa O.S. nel febbraio del 2009 per discutere del Regolamento degli UEPE e, quindi, della loro organizzazione, richiesta che a tutt'oggi risulta senza riscontro. Porgiamo cordiali saluti. La Coordinatrice Nazionale Penitenziari -C. Ministeri Lina Lamonica

L' O.S. RDB SCRIVE AL CAPO DIPARTIMENTO AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE IONTA

Questa organizzazione Sindacale intende far sentire il proprio avviso in ordine alle problematiche che si stanno evidenziando in questi ultimi tempi. Per questo va fatta una minima cronistoria perché, come sempre accade, per capire il presente bisogna far riferimento al passato.
Sono 15 anni che l’Amministrazione Penitenziaria è allo sbando, perché non è più stata, nel tempo, portatrice di un progetto coerente con il dettato costituzionale. L’avvicendarsi dei molti Capi del Dipartimento, portatori di interessi sicuramente diversificati, che non riportavano ad unità l’Amministrazione Penitenziaria, hanno fatto sì che prendessero vigore le varie istanze soggettive dettate soprattutto dal consolidamento del proprio potere personale: non sempre nell’interesse dell’Amministrazione, perché quest’ultimo molto spesso non coincide con il proprio.
Il consolidarsi di questo stato di cose negli anni ha fatto sì che tra i vari uffici si determinasse uno scollamento indubbiamente non costruttivo, perché ciascun Dirigente Generale, ciascun Dirigente, finanche ciascun operatore dei livelli più bassi trovasse la strada, nelle maglie di un sistema sfilacciato e personalistico, per raggiungere i propri obiettivi, che andavano dall’avvicinamento alla famiglia ( peraltro interesse da tutelare) all’acquisizione di piccole porzioni di un piccolo potere, che non andavano oltre ( e non vanno oltre ) il far cadere dall’alto quelli che sono i fondamentali diritti di ciascuno.
Ed è alla ricerca di questi piccoli spazi di potere che si sono inserite le Organizzazioni sindacali. In assenza di qualunque idea dell’Amministrazione Penitenziaria queste hanno imposto il proprio punto di vista, sollecitando non tanto la corretta attuazione della legge (penitenziaria e di riforma del corpo) ma andando a richiedere per i propri iscritti un graduale allontanamento dall’impegno nella struttura Penitenziaria. E la loro alleanza è stata il prezzo pagato dai molti Dirigenti ( generali e non ) di turno per ottenere la pax evitando qualunque forma di conflittualità. Tale alleanza ha significato che la stragrande maggioranza dei poliziotti penitenziari, ma anche educatori, assistenti sociali, operatori in genere si allontanassero dagli Istituti dove, quelli che avevano meno raccomandazioni o semplicemente credevano nella valenza sociale del proprio lavoro,languivano in un rapporto impotente con il detenuto e venivano stritolati dai dirigenti che, anziché creare presupposti di promozione professionale da parte di chi, nonostante tutto, lavorava indefessamente, creavano le condizioni perché gli stessi fossero aggrediti dal burn - out,.
E questa corsa ad andare fuori dal carcere nasce soprattutto dalla cultura sindacale della Polizia che non lo vuole cambiare nella direzione della sua umanizzazione,ma vede esclusivamente nelle “funzioni di polizia”quelle significative per il Corpo, dimenticando che esso stesso ha come obiettivo finale il mandato costituzionale. Per cui, nonostante la grave carenza di personale, continua a fare ordine pubblico, mentre invece fa tregende per mandare in missione per 15 giorni i poliziotti a Perugia.
Va detto inoltre che altri segmenti dell’Amministrazione stanno facendo rilevazioni negli UEPE per introdurvi i poliziotti, anche in assenza di una chiara individuazione di possibili compiti coerenti con il profilo istituzionale e professionale, incuranti che la S.V. sta facendo una serie di tentativi per ricondurre i poliziotti negli Istituti ai loro incarichi istituzionali.
Questa O.S. da sempre è stata contraria a questa eventualità, ma saremmo comunque disposti a discuterne. Quello che indigna è il fatto che si sta facendo tutto questo sotto silenzio, senza che “ la mano destra sappia ciò che fa la sinistra”, ma soprattutto senza che l’Amministrazione nel suo complesso ne sia coinvolta, come è giusto che sia.
La ricerca di impegni, pur importanti sul piano del riconoscimento del ruolo, in qualità di forza di Polizia, non deve far dimenticare l’impegno istituzionale che lo caratterizza: è come se la Guardia di Finanza sospendesse la lotta contro le evasioni fiscali per andare allo stadio a fare ordine pubblico. Si ha la sensazione che il fine dell’Amministrazione sia esclusivamente il governo del personale e la presenza dei detenuti un corollario, non già invece il trattamento del detenuto, ai sensi dell’art.27 della Costituzione.
Ma non basta: settori dell’Amministrazione, anziché impegnarsi nei compiti loro affidati, si stanno impegnando per andare ad individuare le buone prassi negli istituti e negli UEPE, dimenticando che per questo vi sono le Direzioni Generali. L’esperienza passata, peraltro, non ci garantisce sull’obiettività del giudizio.
Ancora: è mai Possibile che su più di 500 Dirigenti, non ve ne siano a sufficienza per coprire i 220 Istituti? Non parliamo poi della distribuzione del personale sul territorio nazionale…… Ma non basta, la Polizia Penitenziaria deve essere addestrata anche a fare il trattamento, perché questo è uno dei suoi compiti istituzionali. E’ mai possibile che nel corso di preparazione al servizio la materia concernente il trattamento del detenuto non sia oggetto di esame finale?
E’ tutto questo lo scollamento che questa O.S. vuole denunciare, ma non solo.
Troviamo emblematici esempi nei PRAP: vogliamo ricordare la situazione di quell’ Assistente Sociale inviso al Provveditore che, secondo lo stesso, non avrebbe più dovuto lavorare nell’UEPE e che, per questa ragione, non ha dato corso alla disposizione del Dipartimento che ve lo assegnava. Abbiamo anche l’episodio dell’altro Provveditore che, in barba alle disposizioni del Dipartimento prende accordi completamente diversi da queste con le Organizzazioni Sindacali. O ancora l’altro Provveditore che insisteva, unitamente ad alcune sigle, che in un certo istituto la scuola doveva essere formalmente presente, ma poi i detenuti non dovevano essere messi in grado di frequentare. Qualcuno ha poi controllato le modalità con le quali è stata trasmessa l’ultima Circolare “ Avvento della Stagione estiva….”da parte dei Provveditori? Potrebbe darsi che qualcuno abbia fatto delle “interpretazioni autentiche”….
Vi è poi la corsa alle Dirigenze generali. E’ noto che il prossimo anno vi è un buon numero di Dirigenti Generali che va in pensione….ebbene la corsa consiste nel raccatto di tutti pezzi di carta utili a dimostrare di essere l’uno più bravo dell’altro. Ma queste cose non sono fatte onestamente, perché si chiede ad incompetenti di dimostrare la propria competenza.
Tutto questo, Signor Presidente deriva dal fatto che tutti, nessuno escluso, si è creato la propria nicchia, dove fare quello che più conviene a lui stesso ( o più aggrada), senza rispondere a nessuno, e purtroppo i conti non si chiedono a nessuno…….
Ma questo non è possibile né lo si può permettere, perché la china oggi è senza ritorno.
Da ultimo vorrei ricordarle quello che sta avvenendo in questi ultimi giorni: si dichiara la necessità di avere più Polizia Penitenziaria e si rifiutano i rimedi proposti perché si vuole dire ad ogni costo, anche contro l’evidenza, che chi governa non ha competenza. La competenza che proviene dall’esperienza ci ha portato alla situazione odierna, con la quale dobbiamo fare i conti, ma rispetto alla quale vogliamo dare un segno di discontinuità, se si vuole cambiare ed andare verso una corretta conduzione del sistema carcere.
D’altro canto oramai l’esperienza che il trattamento funziona anche per soddisfare istanze di sicurezza, è ben presente in molti Istituti, ma sono in pochi a volerlo ammettere perché farlo significherebbe cambiare gli stereotipi. Va da sé che l’opposizione fatta all’ultima Circolare da Lei emanata, vuole soprattutto evidenziare che i detenuti devono state chiusi, sia pure in celle sovraffollate, perché è solo la chiusura che – secondo una corrente di pensiero diffusa - “paga”sul piano operativo. Nessuno invece ha pensato che l’attuale Regolamento di Servizio forse è superato perché l’uso eccessivo del personale deriva direttamente dalla sua applicazione e sarebbe il caso non solo di rivederlo, ma anche di usare gli strumento che la moderna tecnologia offre.
Pretendere una chiusura indiscriminata non significa conoscere il carcere, significa soltanto creare le condizioni perché lo sfascio sia totale e chi tiene a bordone a quanti si spendono per questa opzione evidentemente propugnano la teoria del “tanto peggio, tanto meglio.
E, Signor Presidente non ce lo possiamo proprio permettere.
Va detto, per onor di verità che questa O.S. non condivide nel modo più assoluto la politica del governo che riempie le carceri di poveri cristi, ma al di là di questo, non si rifiuterà di collaborare costruttivamente perché questo sistema cambi, sia più attento e meno autoreferenziale
IL COORDINAMENTO RdB PENITENZIARI

OO.SS. :LETTERA AL PREFETTO DI MILANO GRAVE SITUAZIONE UFFICI ESECUZIONE PENALE ESTERNA LOMBARDIA

Al Sign.Prefetto di Milano
Dott.Gianvalerio Lombardi
Egregio Sign. prefetto
a conclusione del tentativo di conciliazione esperito in data 20 luglio 2009 e concluso con esito negativo, Le chiediamo come OO.SS. un intervento diretto in quanto coordinatore delle competenz regionali.
Siamo estremamente preoccupati per le ricadute che, sul fronte della sicurezza interna ed esterna agli istituti penitenziari lombardi, la carenza di risorse e di personale potrà provocare, Le chiediamo pertanto:
-un intervento presso il Ministro della Giustizia al fine di attuare lo sblocco della mobilità tra Ministeri ed altre Pubbliche Amministrazioni verso il sistema carcerario. Ciò per utilizzare professionalità compatibili e disponibili (assistenti socialidelle asl, personale tecnico amministrativo da altri ministeri) per intervenire in supporto all'importante attività trattamentale e svincolare così forze del personale di altro comparto, in specifico della polizia penitenziaria, che deve invece essere dedicato alla sicurezza;
-Le chiediamo altresì di interessare a tali problematiche le altre Prefetture della Lombardia ed il sistema della Magistratura di Sorveglianza e non;
-Le chiediamo di intervenire presso la Regione Lombardia al fine di trovare soluzioni adeguate dando al personale interessato la possibilità di fruire dei sistemi agevolati nei trasporti regionali.
Certi di un Suo interessamento La ringraziamo anticipatamente
Le segreterie regionali della FP CGIL - FPSCISL- RDB PI

Lettera assistenti sociali Uepe all'ordine regionale assistenti sociali lombardia

All’Ordine Professionale
degli Assistenti Sociali
Regione Lombardia
MILANO

Il personale di servizio sociale nell’ottobre del 2008 apprendeva da una comunicazione della Direzione la necessità di applicare la circolare n° GDAP – 0091537-2007del Dap.
La RSU di questo ufficio in accordo con il personale di Servizio Sociale, dopo aver esaminato l’applicabilità della suddetta Circolare, nonché la legittimità e l’applicabilità dal punto di vista metodologico e deontologico, ha ritenuto di porre il quesito all’Ordine regionale degli AS Lombardia.

Il sette luglio 09 la RSU veniva convocata dall’Ordine Professionale AS per un confronto in merito al quesito posto.
Nel corso dell’incontro si sono rappresentate le criticità di questo ufficio in relazione ai carichi di lavoro. Dal confronto è emerso che l’individuazione di standard qualitativi e quantitativi sugli interventi tecnico professionali, da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, è deontologicamente legittimo mentre il carico di lavoro eccessivo non permette agli Assistenti Sociali di adempiere a quanto previsto dall'art. 38 del codice deontologico che recita :" L'AS deve adoperarsi affinché le sue prestazioni professionali si compiano nei termini di tempo idonei a realizzare interventi qualificati ed efficaci; deve inoltre segnalare l'eccessivo cumulo degli incarichi e delle prestazioni quando questo torni di pregiudizio all'utente". Pur tuttavia gli Assistenti Sociali dell’Uepe di Milano continuano ad assolvere ai propri compiti istituzionali nonostante l’esiguità delle risorse messe a disposizione dalla Pubblica Amministrazione.
La RSU, preso atto della grave situazione sopra descritta, ha inviato di recente un documento di denuncia a tutti gli Organi Superiori a tutela dei lavoratori in relazione all’eccessivo cumulo degli incarichi, mentre rimane a forte rischio la tutela dei diritti dell’utente. (Vedi all. )
L’attuale situazione dell’Uepe di Milano, relativamente al personale di servizio sociale, si può inoltre ben constatare dallo stralcio del documento redatto dalla Direzione dell’Uepe in data 22/06/2009 che denuncia la situazione del personale agli Organi Superiori:
“….E’ d’obbligo cominciare dalla situazione del Personale, carente sia dal punto di vista numerico ma anche delle figure professionali e delle competenze necessarie al regolare funzionamento dell' ufficio
La recente nota della D.G. EPE Ufficio II datata 11 Giugno rileva che “.. presso l’Ufficio di Milano risultano in servizio 53 funzionari di Area III – 16 F3 ( ex C2) e 37 F1 ( ex C1).
La situazione sopra richiamata é quella formale, mentre quella effettiva é un'altra, qui di seguito illustrata, la sola peraltro con cui nel distribuire incarichi e carichi di lavoro deve fare i conti il Direttore.

Area Servizio Sociale : la forza effettiva ( con ciò intendendosi il numero di Assistenti Sociali incardinati effettivamente presenti ) è costituita da 52 AA.SS. ( la 53esima unità è un’A.S. qui distaccata da Brescia) di cui però 11 unità sono distaccate altrove ( 9 presso altri U.EPE e 2 presso il PRAP Lombardia); quindi la forza presente è di 41 AA.SS + 1 A.S. in distacco, per un totale di 42 ( non 53); di loro 41, 9 AA.SS. fruiscono di P.T. variamente articolati, orizzontale e verticale e anche in regime misto, per la precisione: A.S. C3 1 PT- AA.SS.C2 6 PT – AA.SS.C1 2 PT.
Essendo trai compiti del Dirigente ex D.Lgs.vo n.165/2001 art.17 co.e) gestire il Personale, gli AA.SS. in servizio sono stati distribuiti come da ordine di servizio n.5 del Maggio 2009 che si allega.

In sintesi, sono soltanto 33 gli AA.SS. a orario pieno ( ma ciò non vuol dire che siano sempre in servizio a tempo pieno perché in 3 attualmente, per esempio, fruiscono di consistenti periodi di congedo parentale e 1 unità è assente ex art.18 D.Lgs.vo n.154/2001) . A riprova di quanto sopra, si allega la scheda illustrativa già inviata ai Superiori Uffici in diverse occasioni ( distacchi, P.T. etc.)
In merito ai distacchi, non si può tacere il fatto che sono sempre concessi o rinnovati tenendo conto delle esigenze di servizio dell'U.EPE di destinazione e non anche delle esigenze di questo U.EPE, ogni volta debitamente rappresentate e documentate.
Non solo: distacchi concessi inizialmente solo per 2/3 mesi diventano poi dei trasferimenti mascherati in quanto nessuno finora é mai tornato indietro.

AA.SS. operativi e carichi di lavoro: dalle schede statistica allegate si evince che - in quest'ultimo anno - numero di unità di Personale e numero di casi hanno avuto un andamento inversamente proporzionale perché mentre il Personale diminuiva,, il carico di lavoro é progressivamente aumentato: l'incremento percentuale infatti é di + 43,14% affidamenti in prova + 17,8 % detenzioni domiciliari,+ 13,66 % osservazioni, + 9,09% indagini ( per usare come indicatori gli interventi indifferibili).

In ragione di ciò, in attesa che progetti da lungo tempo in elaborazione come “ Diapason”
( PRAP Lombardia) diano il risultato tanto atteso in termini di definizione qualitativa dei carichi di lavoro, questa Direzione ha provato a verificare in proprio l'applicabilità presso questo U.EPE della L.C. n.91537/2007 “Attività conseguenti alla riduzione delle persone prese in carico”, con i risultati di cui all’allegato .3 ( relativi al computo del tempo-lavoro di un assistente sociale “ al netto” di assenze per malattia o ferie o 150 ore etc etc. ed escludendo – come lo esclude la L.C citata - le attività gestionali richieste dalle semilibertà,, 21 LE, detenzioni domiciliari, libertà


vigilate, segretariato che pur fanno parte del carico di lavoro ordinario di ogni assistente sociale) e così riassumibili: se per garantire nel rapporto con un affidato il livello definito “sufficiente” ogni A.S. dovrebbe avere in carico non più di 12 affidati, in questo Ufficio si va da un carico individuale minimo di +7 a uno massimo di più +18 affidati rispetto al carico “ ideale” di 12.
Cosa vuol dire ciò, che il livello con cui si é lavorato e si lavora tutt'oggi in quest'Ufficio é insufficiente? Sì, se si ragiona in termini di adempimento, no se si ragiona in relazione agli obbiettivi professionali, il cui conseguimento rientra nell'autonomia professionale e tenuto conto che nella gestione dell'affidato l'elemento qualitativo é imprescindibile nel valutare caso per caso quali interventi o azioni é necessario fare e quali no in relazione al contesto del soggetto ( età, situazione lavorativa, salute , problematiche socio-famigliari, etc.) e al programma di trattamento redatto nei suoi confronti.

Quindi l'indicazione che si può dare agli AA.SS. di quest'Ufficio é di incontrare l'affidato almeno una volta al mese, salvo necessità di un controllo più assiduo riscontrabili caso per caso a seguito di effettiva presa in carico del medesimo.

Ma la valutazione tecnica non può soccorrere all'infinito né costituire un criterio valido quale che sia il numero di utenti in carico all'operatore professionale; pertanto se il numero di casi nelle sue varie tipologie continuerà a crescere “..anche in ragione di uno spostamento di attività di osservazioni dalla libertà alle osservazioni in carcere” ( cfr. L.C. della D.G. E.P.E del 30/3/2009 relativa al D.L.n.11/2009) con conseguente incremento quantitativo/ qualitativo degli interventi richiesti agli AA.SS.- in funzione dell'eventuale prosieguo della condanna sul territorio- sarà necessario a breve individuare delle priorità negli interventi.
L'alternativa é quella di migliorare il sistema, ma se si vuol migliorare il sistema bisogna investire per farlo e qui , all'interno di questo Ufficio, di risorse da investire non ce ne sono più….”
Nel mese di giugno u.s., il Provveditore dell’ Amministrazione Penitenziaria ha inviato alle Direzioni degli Istituti Penitenziari e Uffici Esecuzione Penale Esterna della regione Lombardia una informativa sulla situazione degli Istituti Penitenziari in cui chiede agli Uepe, in collaborazione alle aree pedagogiche degli Istituti, di “attivarsi concretamente nell’individuare e predisporre interventi utili a consentire l’accesso a misure alternative alla detenzione per tutti quei detenuti che siano nelle condizioni essenziali per esservi ammessi. ….Attivarsi pertanto in ogni forma possibile affinché le procedure di osservazione possano essere risolti in tempi brevi… .” Ciò comporterà sicuramente un maggiore aggravio del carico di lavoro con richieste di interventi sempre più tempestivi a discapito della qualità del lavoro e delle responsabilità sottese che esso comporta.
Gli Assistenti Sociali dell’Uepe di Milano, nonostante la situazione sopra descritta continuano ad operare non trascurando la professionalità che li caratterizza e nell’interesse del diritto degli utenti. Affinché tale diritto possa continuare ad essere garantito e potenziato, si chiede che gli operatori siano posti nelle condizioni idonee ad assolvere al loro mandato professionale ed istituzionale, attraverso l’adeguata assegnazione di risorse umane e finanziarie.
A tal proposito si richiede all’Ordine Regionale un intervento, ormai inderogabile, affinché esamini la documentazione allegata e intervenga, con l’autorevolezza che la contraddistingue, nei confronti degli Organi Superiori dell’Amministrazione Penitenziaria, a supporto delle istanze del personale di servizio sociale di questo ufficio.

La RSU UEPE
Milano

Assistenti Sociali ed Obbligo di Denuncia Immigrati Clandestini

27/07/09
Disposizioni in materia di sicurezza pubblica
Comunicato del Consiglio Nazionale Assistenti Sociali

In allegato si riporta la comunicazione del Consiglio Nazionale clicca su:

[ download ]

_____________________________

13/07/09
Disposizioni di sicurezza DDL n.733-b

Si riporta in allegato l´orientamento dell´amministrazione regionale e si comunica che è stato chiesto anche ad ANCI TOSCANA un pronunciamento in merito

[ download ]

_________________________________


VALDEGAMBERI: "INCONCILIABILE IL LAVORO DEGLI ASSISTENTI SOCIALI CON L’OBBLIGO DI DENUNCIA
DEGLI IMMIGRATI CLANDESTINI” (AVN)
A pochi giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica della legge 94/2009 in materia di sicurezza pubblica, l’assessore regionale alle politiche sociali Stefano Valdegamberi ha incontrato oggi a palazzo Balbi la presidente regionale dell’Ordine veneto degli Assistenti sociali Franca Bonin, accompagnata da una rappresentanza del Consiglio regionale dell’Ordine. La delegazione, sollecitata dalle segnalazioni pervenute da molti dei 2.300 assistenti sociali iscritti all’ordine veneto, hanno chiesto a Valdegamberi di farsi parte attiva – anche in qualità coordinatore nazionale degli assessori al sociale – di un’iniziativa che esenti gli assistenti sociali dall’obbligo di denuncia del reato di immigrazione clandestina, così come è riconosciuto al personale medico e paramedico che accoglie gli immigrati presso le strutture sanitarie. “Quella che denunciano gli assistenti sociali è certamente una lacuna presente nella recente normativa nazionale, i cui effetti continuano a colpire le persone che si rivolgono al sistema dei servizi sociali per chiedere assistenza e, non vorrei, a colpire anche le famiglie alle prese con situazioni di non autosufficienza che ricevono un sostegno con la presenza di una badante, le cui necessità sono state solo parzialmente considerate all’interno del decreto anticrisi approvato oggi alla Camera”. “Obbligare gli assistenti sociali a segnalare i reati di immigrazione clandestina – afferma l’esponente della Giunta veneta – significa svilirne la necessità di instaurare rapporti che si devono costruire sulla fiducia e sulla confidenza con persone che vivono stati di maggiore disagio. Mi riferisco a persone che si trovano già in condizioni di notevole disagio personale e sociale, si pensi alle vittime della tratta, ai minori stranieri non accompagnati spesso arruolati nelle maglie delle organizzazioni illegali, a persone con difficoltà psichiche-psichiatriche, a donne con figli minori, a portatori di invalidità fisiche anche in conseguenza di infortuni sul lavoro”. L’assessore Valdegamberi nel corso dell’incontro ha ribadito la volontà di portare l’argomento all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni, tramite la Commissione nazionale politiche sociali della quale è coordinatore. “L’OMS classifica la salute nel concetto più ampio di benessere individuale, di soddisfazione dei bisogni della persona umana e nell’esercizio dei suoi diritti inviolabili. Agli assistenti sociali non dobbiamo riservare il ruolo di agenti di pubblica sicurezza – conclude Valdegamberi – ma la funzione di informazione e segretariato sociale, che è più consona alla loro missione proprio per quanto riguarda le procedure di regolarizzazione, di esplicitazione delle normative vigenti e di collaborazione con le realtà pubbliche e private che anche nei confronti dell’immigrazione costituiscono la rete del welfare regionale”.

_______________________________

Comunicato Stampa Consiglio Nazionale e della Lombardia Assistenti Sociali

Non è un’ assistente sociale la donna di Milano accusata di violenza sessuale al minorenne
Roma, 23 luglio 2009 – L’educatrice milanese accusata di violenza sessuale ai danni di un tredicenne, non è un’assistente sociale – afferma la presidente dell’Ordine Assistenti sociali della Lombardia, Renata Ghisalberti – come spesso accade, la stampa confonde i profili professionali nel campo sociale, diffondendo informazioni oltreché erronee, gravemente lesive della nostra immagine.
La donna arrestata fa parte della Cooperativa sociale Diapason, chiarisce il Presidente Paolo Cattaneo: “i fatti addebitati a nostra collaboratrice sono da attribuire ad educatrice professionale e non ad assistente sociale come erroneamente riportato da alcuni organi di informazione”.
E’ l’ennesimo caso doloroso, commenta Franca Dente, Presidente Ordine Nazionale Assistenti sociali, nel quale allo sconforto nell’osservare un ennesimo abuso su minori, si aggiunge la considerazione amara che, nei media innanzitutto e nell’immaginario collettivo, la nostra professione rappresenti costantemente il primo capro espiatorio di tutte le vicende negative che colpiscono minori e famiglie. In verità spesso l’unico baluardo che rimane, proprio in difesa di diritti negati, è l’impegno costante dei 35.000 assistenti sociali italiani che combattono ogni giorno sul campo, a volte nel silenzio delle istituzioni.

23/7/09 - richiesta informazioni alla Coop Diapason : Mail >>>
23/7/09 - comunicato stampa del Consiglio regionale >>>
23/7/09 - lettera all'Ordine dei Giornalisti >>>
23/7/09 - lettera a Tribunale di Milano, Tribunale per i minorenni di Milano, Sindaco di Milano >>>
23/7/09 - rettifiche pubblicate da agenzie di stampa: Città Oggi Web e IRIS >>>
28/7/09 - pubblicazione comunicato stampa Sordionline.com >>>
29/7/09 . richiesta di rettifica al Corriere della Sera >>>

clicca su: Welfare a luci rosse -E’ il titolo di un articolo di Domenico Ciardulli, educatore professionale.