L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 25 febbraio 2011

FPCGIL LAZIO DENUNCIA - Carceri stracolme, emergenza umanitaria

http://www.rassegna.it/
Negli istituti di pena della regione il numero di detenuti negli ultimi sei anni è quasi raddoppiato, passando da 3.753 a 6.398, mentre il personale è diminuito per effetti dei tagli. Reclusi, agenti di penitenziaria e assistenti sempre più in affanno


Istituti di pena che "esplodono" per il sovraffollamento, carenza di personale, tagli alla spesa. È vera e propria emergenza umanitaria nelle carceri del Lazio. Lo afferma uno studio curato dalla Funzione pubblica Cgil di Roma e del Lazio presentato oggi (17 febbraio). Il rapporto tra educatori e detenuti è oggi 1 a 76 contro quello previsto di 1 a 25. A Viterbo arriva addirittura a un educatore ogni 143 detenuti. Il personale di polizia penitenziaria in servizio è inferiore del 20% rispetto alla pianta organica, ma all’interno degli istituti la carenza supera il 35%, perché sono molte le unità di personale “distolte” dall’attività per svolgere altre mansioni.

Il sindacato denuncia "la politica scellerata dei governi che hanno tagliato le risorse all'amministrazione penitenziaria causando negli ultimi dieci anni il dimezzamento delle risorse per gli istituti penitenziari della regione". In particolare nel Lazio, dove il numero di detenuti negli ultimi sei anni è quasi raddoppiato passando da 3.753 a 6.398, mentre il personale che svolge il lavoro 'trattamentale' è progressivamente diminuito.


Non stanno meglio gli assistenti sociali, con un organico del 40% inferiore rispetto alle disposizioni di legge, e penalizzati dagli aggravi dei carichi di lavoro dovuti alla legge “svuota carceri” voluta dal ministro della Giustizia Angelino Alfano che avrebbe dovuto portare alla fuoriuscita di 9.000 detenuti, fermandosi invece a non più di 1.100. "Drammatica" viene definita la situazione degli psicologi, che hanno visto ridurre le ore si servizio del 30% solo nell’ultimo anno. "Lavorare in carcere - si legge - è sempre più simile alla espiazione di una pena. Turni massacranti, stress da lavoro insopportabile, nessun riconoscimento sociale del servizio che viene prestato".

Insieme al dossier, il sindacato ha presentato le sue proposte: ridurre il numero dei detenuti, riportare dentro alle carceri il personale assegnato impropriamente a funzioni esterne, creare piani di formazione del personale e di sostegno psicologico e intraprendere con gli enti locali e la Regione percorsi per l’integrazione dei detenuti e il miglioramento della sanità penitenziaria.

Emergenza carceri, il dossier della Fp Cgil Roma e Lazio :
http://www.rassegna.it/userdata/articoli/allegati/2011/02/dossier_188826.pdf

Interrogazione parlamentare situazione amministrazione penitenziaria

Interrogazione a risposta scritta:



Onorevole TIDEI


- Al Ministro della giustizia.

- Per sapere

- premesso che:


il 13 gennaio 2011 si è verificato l'ennesimo caso di suicidio precisamente nel carcere di Capanne a Perugia;

il detenuto, giovane 23enne di Taranto si è tolto la vita, inalando il gas da una bomboletta, oggetto che tutti i detenuti hanno a disposizione per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande come prevede il regolamento penitenziario;

il caso di suicidio per mezzo di inalazione di gas da bomboletta non è nuovo nelle carceri italiane, episodio che si ripropose alcuni mesi fa nei penitenziari di Catania e di Reggio Emilia;

queste bombolette, presenti nelle celle dei detenuti come da regolamento, sono spesso oggetto di autolesionismo, di offesa verso gli operatori delle carceri e di gesti estremi come il suicidio;

in molti casi, a seguito di denunce all'autorità giudiziaria da parte dei familiari dei detenuti morti o vittime di incidenti per mezzo di queste bombole di gas, le amministrazioni penitenziarie sono state condannate a risarcire le famiglie con ingenti somme di denaro e ne sono un esempio i penitenziari di Catania e di Reggio Emilia condannati a risarcire più di 150.000 euro;

come afferma il segretario generale del «SAPPE», le associazioni del settore e gli operatori penitenziari stessi, il regolamento penitenziario va rivisto, al fine di vietare l'uso delle bombolette di gas, visto che l'Amministrazione assicura il vitto a tutti i detenuti o trovare comunque l'alternativa molto meno pericolosa;

questo episodio, così come altri avvenimenti che accadono giornalmente in tutti i penitenziari italiani si potrebbero prevenire o quanto meno tamponare se le strutture carcerarie fossero dotate di attrezzature adeguate e un numero sufficiente di operatori;

il suicidio appena avvenuto nel carcere perugino riapre una ferita cronica delle carceri italiane, le quali, indistintamente dalla loro collocazione geografica lamentano in maniera univoca le stesse problematiche di sovraffollamento, carenza delle strutture, carenza di polizia penitenziaria, di educatori specializzati;

corre l'obbligo ricordare che è ormai intollerabile la condizione di vita delle persone detenute costrette a subire gli effetti di un sovraffollamento mai visto nella storia del Paese; a fronte di una carenza massima di 43.000 posti, al 1o settembre scorso i nostri penitenziari ospitavano 68.000 detenuti con un trend in costante crescita: solo nell'ultimo anno di Governo Berlusconi, la popolazione carceraria è aumentata di 6.000 unità; se la tendenza dovesse continuare, a fine anno avremo 70 mila detenuti e 100.000 nel 2012;

lo stesso ministro Alfano, il 27 gennaio 2009 affermava alla Camera, nella sua prima relazione per l'amministrazione della giustizia, che «la situazione carceraria dovuta all'imminente esaurimento dei livelli di capienza massima sostenibile che appare largamente prevedibile rispetto alla sopra evidenziata analisi statistica dei flussi, impone l'adozione di misure straordinarie»;

nelle carceri mancano agenti (-5.000) personale amministrativo, ma anche educatori e assistenti sociali, categorie indispensabili per assicurare la funzione rieducativa della pena prevista dall'articolo 27 della Costituzione; basti pensare che c'è un educatore ogni 157 detenuti ed un assistente sociale ogni 70 detenuti;

la campagna politico-mediatica sulla certezza della pena, confortata da una serie di normative ad avviso dell'interrogante ad uso e consumo soprattutto elettorale (dalla legge ex Cirielli, alla Fini-Giovanardi e alla Bossi-Fini) sta letteralmente affossando il sistema delle misure alternative alla detenzione ovvero l'unica possibile, ragionevole risposta all'odierno sovraffollamento, compatibile con le finalità rieducative della pena e con i valori espressi dalla Carta costituzionale;

del famoso piano straordinario carceri, varato dal Governo con l'ultimo decreto milleproroghe e presentato dal capo del DAP il 27 febbraio 2009, non resta che l'effetto-annuncio: non risulta ad oggi avviata per carenza di fondi nemmeno la prima fase del progetto che, tra ristrutturazioni di sezioni inutilizzate, realizzazione di nuovi padiglioni e costruzione di 6 nuovi istituti, prevedeva quasi 5.000 posti entro fine 2010 con un costo stimato di 205 milioni di euro -:

quali siano le misure urgenti e straordinarie che il Ministro intenda porre in essere per affrontare la drammatica situazione del sovraffollamento carcerario e delle morti per suicidio;

quale sia lo «stato dell'arte» dell'annunciato prospettato piano straordinario di edilizia penitenziaria;

quali siano gli interventi che intenda assumere per affrontare le carenze di personale;

se non ritenga prioritaria, tra le misure da assumere, una seria politica di rivalutazione delle misure alternative al carcere.

(4-10965)

Rita Bernardini: quanto ci costa Ionta da capo dap e commissario straordinario ? perche' non investe per l'assunzione di personale?

giovedì 24 febbraio 2011
Rita Bernardini: quanto ci costa Ionta da capo dap e commissario straordinario ? perche' non investe per l'assunzione di personale? a chi tutto e a chi niente!!!!
www.opinione.it


L’amnistia, più che la costruzione di nuove carceri, è la soluzione. Parola del deputato radicale Rita Bernardini, una specie di “angelo dei detenuti italiani”.Si suicidano un po’ tutti, detenuti soprattutto, ma anche agenti di custodia, direttori penitenziari e ormai da anni.

L’Europa che dice di ciò?

Intanto la Corte di Strasburgo ha già condannato il nostro Paese per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo, norma che impone allo Stato di assicurare a tutti i prigionieri condizioni di detenzione compatibili con il rispetto della dignità umana.

C’è da dire però che il sovraffollamento carcerario è un problema che non coinvolge solo l’Italia ma molti degli Stati della Comunità Europa. In generale su questo fronte la politica europea sembra quasi unanimemente volta alla carcerizzazione come unica risposta ai problemi della criminalità e della sicurezza.

E’ solo un paradosso pannelliano che le carceri fasciste erano meglio di quelle di oggi?

No. La perdita di credibilità della autorità penale che il nostro sistema giudiziario e carcerario sconta da decenni, così come i costi sociali causati dalle nuove forme di controllo della criminalità, sono tutti fenomeni che non si erano registrati in forme così drammatiche nemmeno sotto il fascismo.

Come si può realisticamente risolvere il problema delle carceri italiane?

Innanzitutto riducendo entro limiti costituzionalmente accettabili il ricorso indiscriminato e massiccio alla misura cautelare estrema della custodia in carcere, istituto che spesso viene usato dalla magistratura anche in aperto contrasto con quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione (in Italia il 40% dei detenuti è in attesa di processo).

E poi?

Poi occorrerebbe abrogare alcune disposizioni contenute nella legge Bossi-Fini sull’immigrazione e nella legge Fini-Giovanardi sulle sostanze stupefacenti. Ma soprattutto bisognerebbe rivedere la normativa sulla recidiva introdotta con la legge ex-Cirielli nella parte in cui la stessa limita fortemente l’accesso alle misure alternative alla detenzione per i soggetti non incensurati.

Meglio un’amnistia e un indulto o costruire nuove carceri?

L’amnistia è necessaria non solo per i detenuti che oggi vivono in condizioni brutali ma per gli stessi magistrati che sono sommersi da milioni di processi arretrati che anno dopo anno a centinaia di migliaia cadono in prescrizione.

Per quel che riguarda le nuove carceri, il Ministro della giustizia dovrebbe rispondere alle domande che gli ho posto e alle quali non ha mai risposto: con quale personale, se già oggi per i 206 istituti esistenti mancano seimila agenti e centinaia di educatori, assistenti sociali e psicologi perché non ci sono I soldi? Perché non mette on line sul sito del ministero - come prevede la legge! - i nomi e gli stipendi che vengono corrisposti ai “collaboratori” del Commissario straordinario Ionta che è anche capo del Dap? Perché questa operazione non la fanno con trasparenza?La ventata giustizialista degli anni ‘90 e alcune leggi liberticide come la Fini Giovanardi e la Bossi Fini che responsabilità hanno?

Una responsabilità enorme.

Anzi, da questo punto di vista si può sicuramente dire che il sovraffollamento carcerario corrisponde ad una precisa scelta di politica giudiziaria – che, non dimentichiamolo, accomuna entrambi gli schieramenti politici - finalizzata a contrastare il disagio sociale (tossicodipendenza ed immigrazione in primis) attraverso il ricorso alla sanzione detentiva.

Si può correggere questa deriva?

Certo. Innanzitutto sul fronte del ricorso eccessivo alla misura estrema della custodia cautelare in carcere andrebbe svolta una significativa battaglia politica per richiamare la magistratura al rispetto dei suoi doveri istituzionali. Poi occorrerebbe superare una volta per tutte il percorso emergenziale che caratterizza ormai stabilmente le scelte del legislatore (sia di centrodestra che di centrosinistra) sul fronte del diritto penale, magari attraverso l’individuazione di un sistema sanzionatorio finalmente alternativo a quello del carcere, proprio come indicato nella nostra mozione sulle carceri approvata da entrambi i rami del Parlamento.

La partitocrazia ha ormai irreversibilmente deciso che le carceri debbano diventare una discarica sociale?


Come radicali non ci siamo mai rassegnati, anzi, abbiamo anzi sempre indicato alcune linee concrete volte al superamento dei processi di carcerizzazione in atto. Solo depenalizzando nella misura del possibile e usando tutte le alternative alla detenzione che il nostro sistema già conosce, possiamo pensare di ridare consapevolezza, risorse ed efficacia alle risposte sociali che in tutti questi decenni sono mancate.

E poi facciamo tutto questo anche perché conviene: i tassi di recidiva si abbattono drasticamente quando si usano pene alternative alla detenzione nelle nostre carceri infami.

Solidarietà all' assistente sociale aggredite

albengacorsara.it -Lettera dei colleghi all’assistente sociale Veronica Meinero, ferita a Cairo

Di fronte al gravissimo episodio che ha coinvolto l’assistente sociale Veronica Meinero, noi suoi colleghi del territorio Finalese ed Albenganese, nello stringerci con affetto a Lei ed ai suoi cari, riteniamo fondamentale far emergere una riflessione sulle condizioni di lavoro in cui troppo spesso ormai ci troviamo ad operare.
Se già la nostra professione comporta un certo rischio a causa del contatto con utenti spesso aggressivi, se già la nostra professione, ancora oggi a 60 anni dalla sua comparsa in Italia, viene semplicisticamente etichettata come “quelli che fanno del bene” o nelle ipotesi peggiori “quelli che portano via i bambini”, se già la nostra professione ha dovuto lottare 50 anni per ottenere la dignità di una laurea che dimostrasse che per fare gli assistenti sociali non basta “essere brave persone”, non possiamo non evidenziare come il pesante disinvestimento politico sul Welfare ci veda non solo, come sempre, in prima linea, ma spesso utilizzati come estremo parafulmine per scelte votate al disinteresse ed alla marginalità della materia del “welfare state”.
Abbiamo da sempre amato e cercato di onorare il nostro ruolo di ponte tra la parte politica e la cittadinanza, ma attualmente la crisi internazionale e le pesantissime ripercussioni sui servizi sociali ci rendono troppe volte facili bersagli di strali ed accuse, se non di atti ben peggiori.
Certo, si dirà, l’aggressore di Veronica ha perso la testa non per un contributo negato, ma per aver perso la patria potestà, ma quante persone aggressive, potenzialmente pericolose, addirittura armate in modo rudimentale potrebbero un domani reagire allo stesso modo di fronte all’ennesimo, inevitabile rifiuto, all’ennesima comunicazione che i fondi non sono sufficienti o sono proprio esauriti? Non vogliamo cedere a questo ricatto, ma chiediamo di essere tutelati nella nostra posizione di frontiera, nel nostro ruolo che sempre più a sproposito viene caricato di responsabilità non nostre riguardanti l’utilizzo e la presenza di risorse da destinare ai nostri servizi.
Esprimiamo con forza il bisogno urgente di legittimazione da parte dei nostri referenti politici, non solo a livello locale, affinché sia chiaro che non sono gli assistenti sociali che tagliano i contributi e magari anche che non tolgono a nessuno la patria potestà, come è stato erroneamente scritto in riferimento ai drammatici fatti di Cairo.
Esprimiamo con forza la necessità di tutela giuridica e fisica, soprattutto nei servizi più a rischio, specialmente in situazioni recidive, come purtroppo è quella della Val Bormida.
Chiediamo ai cittadini di approfondire chi è e cosa fa davvero un assistente sociale, di andare oltre ai pregiudizi ed i luoghi comuni, in modo da capire che la nostra professione lavora PER LA SOCIETÀ TUTTA, lavora per il benessere e la serenità di tutti.
Auguriamo alla collega Veronica la più pronta guarigione, nella speranza che possa presto tornare a svolgere il suo lavoro e nella speranza che episodi come quelli di cui è stata vittima non si ripetano mai più.

Gli Assistenti Sociali dei Distretti Socio-Sanitari Albenganese e Finalese.

Aggeredita assistente sociale in Liguria


IVG.IT- 21.2.2011


Tentato omicidio a Cairo, assistenti sociali di Albenga e Finale: “Etichettati come quelli che portano via i bambini”
“Con grande rammarico, dolore e preoccupazione in qualità di presidente dell’ordine regionale degli assistenti sociali Liguria mi trovo a commentare il terribile fatto accaduto questa mattina, negli uffici del servizio sociale di Cairo Montenotte durante il quale sono stati feriti da un utente l’assistente sociale, Veronica Meinero di 27 anni e l’assessore Giovanni Ligorio” afferma Cristina Lodi.

“Confermo quanto già in altre occasioni espresso con forza: ad oggi spesso gli assistenti sociali si trovano a lavorare in situazioni di esposizione a rischio insostenibili senza le giuste forme di tutela personale. Oggi la multidimensionalità della sofferenza diventa difficile da affrontare spesso con strumenti ridotti sia di tipo economico sia in termini di personale. Oggi più che mai invece è necessario che i servizi sociali territoriali siano sostenuti, rinforzati attraverso strategie rivolte a rispondere ai bisogni della comunità e dell’organizzazione” prosegue il presidente dell’ordine regionale degli assistenti sociali Liguria.

“Sono vicina con tutto il Consiglio Regionale alla famiglia di Veronica, ai colleghi e all’amministrazione comunale nella speranza comunque che la collega trovi la forza per superare questo terribile momento. Episodi come questi mi spingeranno sempre più a ribadire l’importanza di politiche che tutelino non solo i cittadini ma anche gli assistenti sociali, professionisti a servizio del bene comune” conclude Cristina Lodi.

mercoledì 23 febbraio 2011

RDB-USB Penitenziari scrive al Ministro Alfano sulla grave situazione dei penitenziari

Al Sig. Ministro della Giustizia
On.le Angiolino Alfano

Al Sig. Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria
Pres. Franco IONTA

LORO SEDI

Questa Organizzazione Sindacale vuole denunciare lo stato di abbandono in cui versa il sistema penitenziario: le cause sono molteplici e tutte per lo più riconducibili alla politica che i responsabili di questa Amministrazione ha fatto e sta facendo, a partire dalle decisioni operate nella scelta dei Loro Collaboratori .
A causa di tale politica, che ha visto succedersi al vertice dell’Amministrazione magistrati sicuramente valenti in quanto tali, ma altrettanto incapaci di portare avanti in modo corretto la gestione complessiva del sistema, seguendo le giuste logiche che avrebbero – da una parte - dovuto tendere alla rieducazione, così come recita la Costituzione e dall’altra creare le condizioni strutturali e ambientali perché ciò avvenisse. Invece abbiamo un assalto alla diligenza nei confronti del sistema che ha costituito l’unica vera realtà degli ultimi quindici anni, dove magistrati assolutamente inconsapevoli della realtà carceraria si sono fatti strumentalizzare da questo o quel dirigente che, assetato di potere, ne ha tratto esclusivamente il proprio tornaconto. Va doverosamente detto che qualche magistrato, rispettoso della legge e della legalità si è impegnato nella giusta direzione, ma altri suoi colleghi disfacevano quello che questi costruivano.
Non ci risulta che nei tagli che il governo operava si sia tenuto conto della necessità almeno di dare da mangiare ai detenuti. Oggi essi sono arrivati a quota 68.000, e per ciascuno di loro si spende solo 4 € al giorno complessivamente per il pranzo e la cena… e tutte quelle carenze che pure esistevano anche in tempi passati anche se non in modo così eclatante, venivano integrate con gli acquisti fatti dagli stessi detenuti al sopravvitto. Ma ora – a causa della carenza di lavoro – non è più possibile ed il risultato è che i detenuti hanno fame e sete, oltre che stare ammassati come sardine in spazi sempre più angusti, condannati a fare niente dalla mattina alla sera.
Di queste scelte scellerate ne stanno facendo le spese finanche i bambini loro malgrado detenuti … Ma lei sa che per i bambini al seguito delle mamme in carcere quest’anno sono stati tagliati ben 300.000 euro al già magro bilancio dell’anno precedente?
Vogliamo poi parlare della distribuzione del personale nelle sedi periferiche e al DAP? Signor ministro, l’ultima ristrutturazione, ancora in fieri, vede individuare i servizi per collocare i dirigenti e non muoverli dai posti comodi in cui si trovano, mentre gli istituti della periferia – in particolare al nord - languono senza Dirigenti con il risultato che nei posti centrali di responsabilità l’Amministrazione non chiede loro contributi responsabili perché la maggior parte di loro non conosce assolutamente la realtà del carcere per due ordini di motivi: o vi ha prestato opera per troppo poco tempo, oppure addirittura non vi ha mai prestato servizio.
Ci troviamo pertanto per lo più di fronte a persone, che come apprendisti stregoni, pensano di usare un “giocattolo” sensibile come l’Amministrazione Penitenziaria che ha avuto il suo momento di crescita per tutti: operatori e detenuti nel periodo in cui è stata declinata la filosofia della pena e si è cercato in ogni modo di trovare modalità operative detentive che realizzassero il dettato costituzionale, soddisfacendo anche le giuste esigenze del personale.
Al momento, nella migliore delle ipotesi, si cerca di mettere “pezze” ad un sistema completamente sfasciato che non dà più i suoi effetti, anzi i cui unici risultati che dà sono messaggi di morte per l’incuria, per l’indifferenza, e la risposta a tutte le direttive che promanano dal centro costituiscono solo repliche burocratiche, vissute come fastidio.
La corsa è allo scarico di responsabilità in un gioco al massacro che vede far ricadere sulle categorie di personale più deboli le responsabilità di quanto accade o può accadere.
Ad esempio tutti sanno che non serve, a chi è individuato come soggetto a rischio suicidarlo, che si disponga la cosiddetta “grande sorveglianza”, in modo da individuare formalmente chi non ha grandemente sorvegliato – nel malaugurato caso succedesse qualcosa - per poi giustamente assolverlo a causa della carenza di organico…… e poi anche dire con indifferente fatalismo, che se uno vuole fermamente suicidarsi prima o poi lo fa…..
La responsabilità di ogni gesto viene ricondotta in capo all’operatore della periferia, sia esso Poliziotto, Dirigente, Educatore, Assistente Sociale……… Purtroppo al centro sono troppo pochi i funzionari sensibili che si prendono carico – comprendendole – delle situazioni della periferia. Ed a fronte delle innumerevoli morti in carcere si risponde con disposizioni dal centro che servono solo a far ricadere sull’anello più debole della catena le responsabilità.
E questo vale per tutto: dal servizio Sanitario, al lavoro dei detenuti, alle attività scolastiche e ricreative……
Oramai si possono contare sulle dita di una mano le persone che seguono la logica della cultura penitenziaria, la grande assente di questi anni. Sono quasi completamente scomparsi gli stimoli, le teorizzazioni dei vari Tartaglione, Minervini, Di Gennaro…… e, al momento, non pare esserci, ad eccezione di qualche eletto che però viene inesorabilmente azzittito, nessuno che possa quanto meno ispirarsi a loro.
La preoccupazione di tutti è quella di apparire più che essere, di dare messaggi – il più delle volte non corretti gestiti da chi - alla ricerca di visibilità - dimentica che il DAP è una struttura alla quale fare riferimento e gestisce il proprio lavoro non al servizio della struttura, ma al servizio di se stesso. In questo modo la ricerca di consensi che non permette una corretta immagine dell’Amministrazione, ma piuttosto dà visibilità a questo o quel funzionario, piuttosto che al servizio che - per fortuna - trascende i singoli operatori.
Analogamente da anni oramai l’Ufficio del personale è diventato un collettore di raccomandazioni, con l’unico risultato che il nord continua ad essere sguarnito, e voi sono sacche del sud che non ridono quanto a carenza di personale.
Va detto che la logica della gestione del personale risponde più a criteri clientelari, che ad un servizio da rendere all’Amministrazione, ma non può continuare perché il personale in questo modo viene umiliato e non compreso, perché emergono solo le esigenze di pochi, ma non di tutti, perché emerge la logica del più forte e di chi ha più potere politico…. E serve solo a mettere l’un contro l’altro i lavoratori. E’ il divide et impera che si vuole? Ma non è sicuramente questo il modo per gestire correttamente l’amministrazione ed il personale, perché poi lo scontento dei singoli si riversa inevitabilmente sulla qualità del lavoro.
. Sono anni che si dice che il 30% di chi entra nel giro dell’esecuzione penale ne esce dopo al massimo una settimana… è ora di smettere di usare logiche carcerarie anche per chi in carcere non ci dovrebbe stare, che umiliano chi le subisce, ma soprattutto gli operatori che sono costretti a vivere la loro operatività con impotenza. Ma è proprio impossibile pensare che queste persone – che fino a giudizio definitivo sono innocenti – possano non entrare in carcere? Quali interessi sottende tale non scelta, che invece potrebbe essere la più ovvia, per realizzare una effettiva politica deflattiva.
Ci siamo scordati che esistono le misure alternative alla detenzione…. perché non potenziarle? Perché umiliare gli operatori degli Uffici dell’Esecuzione penale esterna a soli organi di controllo, senza rispettare la loro peculiarità che parla anche di aiuto?
Perché non dare loro i mezzi che servono per una corretta gestione della loro professionalità?

Signor ministro, è necessario riconsiderare tutto il sistema penitenziario e ridare vitalità ed efficacia all’azione amministrativa ed alla mission istituzionale e soprattutto creare le condizioni perché il personale sia messo in grado di correttamente operare, ma soprattutto ricreare un clima culturale costruttivo, che permetta di collaborare pur nelle differenti peculiarità.

IL COORDINAMENTO USB PENITENZIARI
Roma, 15 febbraio 2011

RITA BERNARDINI" Bisogna ridurre il ricorso al carcere"

20 febbraio / Giorgio De Neri- www.opinione.it
L’amnistia, più che la costruzione di nuove carceri, è la soluzione. Parola del deputato radicale Rita Bernardini, una specie di “angelo dei detenuti italiani”.Si suicidano un po’ tutti, detenuti soprattutto, ma anche agenti di custodia, direttori penitenziari e ormai da anni.
L’Europa che dice di ciò?
Intanto la Corte di Strasburgo ha già condannato il nostro Paese per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo, norma che impone allo Stato di assicurare a tutti i prigionieri condizioni di detenzione compatibili con il rispetto della dignità umana.
C’è da dire però che il sovraffollamento carcerario è un problema che non coinvolge solo l’Italia ma molti degli Stati della Comunità Europa. In generale su questo fronte la politica europea sembra quasi unanimemente volta alla carcerizzazione come unica risposta ai problemi della criminalità e della sicurezza.
E’ solo un paradosso pannelliano che le carceri fasciste erano meglio di quelle di oggi?
No. La perdita di credibilità della autorità penale che il nostro sistema giudiziario e carcerario sconta da decenni, così come i costi sociali causati dalle nuove forme di controllo della criminalità, sono tutti fenomeni che non si erano registrati in forme così drammatiche nemmeno sotto il fascismo.
Come si può realisticamente risolvere il problema delle carceri italiane?
Innanzitutto riducendo entro limiti costituzionalmente accettabili il ricorso indiscriminato e massiccio alla misura cautelare estrema della custodia in carcere, istituto che spesso viene usato dalla magistratura anche in aperto contrasto con quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione (in Italia il 40% dei detenuti è in attesa di processo).
E poi?
Poi occorrerebbe abrogare alcune disposizioni contenute nella legge Bossi-Fini sull’immigrazione e nella legge Fini-Giovanardi sulle sostanze stupefacenti. Ma soprattutto bisognerebbe rivedere la normativa sulla recidiva introdotta con la legge ex-Cirielli nella parte in cui la stessa limita fortemente l’accesso alle misure alternative alla detenzione per i soggetti non incensurati.
Meglio un’amnistia e un indulto o costruire nuove carceri?
L’amnistia è necessaria non solo per i detenuti che oggi vivono in condizioni brutali ma per gli stessi magistrati che sono sommersi da milioni di processi arretrati che anno dopo anno a centinaia di migliaia cadono in prescrizione.
Per quel che riguarda le nuove carceri, il Ministro della giustizia dovrebbe rispondere alle domande che gli ho posto e alle quali non ha mai risposto: con quale personale, se già oggi per i 206 istituti esistenti mancano seimila agenti e centinaia
di educatori, assistenti sociali e psicologi perché non ci sono I soldi? Perché non mette on line sul sito del ministero - come prevede la legge! - i nomi e gli stipendi che vengono corrisposti ai “collaboratori” del Commissario straordinario Ionta che è anche capo del Dap? Perché questa operazione non la fanno con trasparenza?La ventata giustizialista degli anni ‘90 e alcune leggi liberticide come la Fini Giovanardi e la Bossi Fini che responsabilità hanno?
Una responsabilità enorme.
Anzi, da questo punto di vista si può sicuramente dire che il sovraffollamento carcerario corrisponde ad una precisa scelta di politica giudiziaria – che, non dimentichiamolo, accomuna entrambi gli schieramenti politici - finalizzata a contrastare il disagio sociale (tossicodipendenza ed immigrazione in primis) attraverso il ricorso alla sanzione detentiva.
Si può correggere questa deriva?
Certo. Innanzitutto sul fronte del ricorso eccessivo alla misura estrema della custodia cautelare in carcere andrebbe svolta una significativa battaglia politica per richiamare la magistratura al rispetto dei suoi doveri istituzionali. Poi occorrerebbe superare una volta per tutte il percorso emergenziale che caratterizza ormai stabilmente le scelte del legislatore (sia di centrodestra che di centrosinistra) sul fronte del diritto penale, magari attraverso l’individuazione di un sistema sanzionatorio finalmente alternativo a quello del carcere, proprio come indicato nella nostra mozione sulle carceri approvata da entrambi i rami del Parlamento.
La partitocrazia ha ormai irreversibilmente deciso che le carceri debbano diventare una discarica sociale?
Come radicali non ci siamo mai rassegnati, anzi, abbiamo anzi sempre indicato alcune linee concrete volte al superamento dei processi di carcerizzazione in atto. Solo depenalizzando nella misura del possibile e usando tutte le alternative alla detenzione che il nostro sistema già conosce, possiamo pensare di ridare consapevolezza, risorse ed efficacia alle risposte sociali che in tutti questi decenni sono mancate.
E poi facciamo tutto questo anche perché conviene: i tassi di recidiva si abbattono drasticamente quando si usano pene alternative alla detenzione nelle nostre carceri infami.

il fallimento della “svuota-carceri”, le dichiarazioni di Ionta, l’allarme dei Sindacati

20 febbraio- ilcarcerepossibileonlus.it

Il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria chiede che venga verificato l’operato della Sorveglianza. I Sindacati di Polizia Penitenziaria denunciano il fallimento dell’azione di Governo.
Napoli, 20 febbraio 2011 - Mentre la nave continua ad affondare, il comandante - dalla terra ferma - cerca di convincere i suoi uomini che non è vero e che se c’è qualche falla nello scafo, la colpa non è dell’armatore. Ormai, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è sempre più solo a difendere l’indifendibile. Da Nord a Sud le carceri scoppiano e le risorse a disposizione sono sempre meno, ma egli continua a non vedere. Le morti e i suicidi, la possibilità che tra poco mancheranno i fondi per il vitto, mentre già quelli per il trattamento rieducativo hanno subìto l’ennesima drastica riduzione, azzerando di fatto l’attività, l’allarmante situazione sanitaria, la chiusura dell’area colloqui con i difensori nel carcere di Reggio Calabria, che ha suscitato la giusta protesta della Camera Penale locale, l’attenzione alle violazioni di legge ormai denunciata anche dai media più attenti, sembrano non scalfire le certezze del Dott. Ionta, che nella sua intervista si preoccupa soprattutto di sottolineare che i pochi che hanno beneficiato della nuova norma, non sono evasi dagli arresti domiciliari e non vi è stato un incremento degli illeciti. Insomma i cittadini liberi possono stare tranquilli. Ma il Capo del Dipartimento non dovrebbe verificare soprattutto che nelle carceri venga rispettata la Legge ? Se il Governo non lo consente, ha l’obbligo di protestare e evidenziare carenze e limiti dell’azione politica.

IONTA: AI DOMICILIARI IN 1.100 IN DUE MESI.

17.2.2011- clandestinoweb

"In due mesi 1.100 persone sono uscite dalla detenzione carceraria'' beneficiando della legge che consente di scontare ai domiciliari gli ultimi 12 mesi di carcere. ''Ci sono zone in cui l'applicazione e' modesta, prossima allo zero'' e ''sono piu' le richieste respinte che quelle accolte''. E' un primo bilancio della cosiddetta norma ''svuotacarceri'' fornito dal capo dell'Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta, che ha specificato come ''la platea di riferimento secondo i nostri calcoli e' di circa 7.000 detenuti'': sono, infatti, ''circa 6.900 i dossier che abbiamo fornito alla magistratura di sorveglianza''.
Parlando alla Scuola di perfezionamento della Forze di Polizia Ionta ha ricordato che ''in fase di discussione della legge vennero sollevate due obiezioni: sul meccanismo di automatismo delle concessione del beneficio e l'aggravio di lavoro per le altre forze di polizia che dovevano eseguire i controlli. A me - ha osservato - pare che non ci sia ne' l'uno ne' l'altro''.
E' infatti possibile, secondo il capo del Dap, una valutazione ''rapida e intelligente'' in base ai dossier che rendono conto ''del percorso fatto dal detenuto e una verifica di prudenza sull'effettivita' del domicilio presso cui si chiede di scontare la pena''. Quindi di fatto il magistrato deve solo ''verificare che ci siano i requisiti. Per questo mi sembra strano che ci siano aree in cui l'applicazione del provvedimento e' prossimo allo zero. Intendiamo monitorare i provvedimenti di rigetto, che al momento sono piu' di quelli di accoglimento''.
Inoltre, ha detto Ionta, ''non mi pare che ci sia un sovraccarico di lavoro per le altre forze di polizia, ne' un aumento del crimine in alcune zone: non c'e' secondo quanto mi risulta una sola persona arrestata dopo che gli era stato concesso il beneficio e non si puo' muovere alcuna critica rispetto all'incremento degli illeciti''.
Dato che ''solo gli stupidi - ha concluso - non cambiano idea, io cambiero' idea se ci saranno dati che supporteranno questa suggestione''.

venerdì 11 febbraio 2011

Finora ai domiciliari solo l’1% dei detenuti


La legge “svuota-carceri” sta fallendo, finora ai domiciliari solo l’1% dei detenuti
Il Velino, 10 febbraio 2011

Al 31 gennaio, in tutta Italia solo 693 detenuti su circa 68 mila (poco più dell’uno per cento) hanno beneficiato della possibilità, prevista dalla L. 199/2010 (cd. “legge svuota-carceri”), di scontare agli arresti domiciliari l’ultimo anno di pena.
Ciò dimostra che il rimedio varato alla fine del 2010 per affrontare lo straordinario sovraffollamento dei penitenziari non ha prodotto i risultati auspicati. I dati sono stati diffusi dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, secondo cui “le difficoltà della legge erano largamente prevedibili.Nonostante le previsioni del governo, che stimava in circa otto mila i beneficiari della legge su base annua, la norma presentava delle criticità che tutti noi avevamo segnalato e che, inevitabilmente, sono venute a galla in fase di attuazione. Ad esempio, non si è tenuto in debito conto che gran parte dei detenuti è composta da stranieri che non hanno un luogo dove scontare la detenzione domiciliare e da tossicodipendenti per i quali non ci sono strutture adeguate per accoglierli”. Secondo i dati diffusi dal Garante coloro che hanno beneficiato della detenzione domiciliare sono stati solo 693 reclusi, di cui cento extracomunitari. La Regione con il maggior numero di concessioni ai domiciliari è la Sicilia (100 su 7.800 detenuti), seguita dal Lazio (80 su 6400 reclusi) e dalla Puglia (60 su 4.584). Nei primi posti non figura, invece, la Lombardia, nonostante abbia il maggior numero di reclusi in Italia (61 domiciliari su circa 9.400 reclusi).“La realtà - ha concluso il Garante - dimostra che ogni decisione sul tema del sovraffollamento è poco più di un palliativo. Fin quando non si deciderà di rivedere la legislazione, fatta apposta per reprimere con il carcere ogni condotta contraria alla legge, ci sarà sempre emergenza nelle carceri. La soluzione cui la politica dovrebbe pensare è la decarcerizzazione del sistema, con un ampio ricorso a misure alternative, ma non meno severe e dissuasive, al carcere. Ma credo che in questo momento non ci siano le condizioni per farlo; le priorità dell’agenda politica sono altre

PRESA DIRETTA 13 FEBBRAIO: LE MIE PRIGIONI


COMUNICATO STAMPA- “LE MIE PRIGIONI”
di Riccardo Iacona e di Francesca Barzini, Domenico Iannacone
DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011 ORE 21.30
Perché le carceri italiane sono cosi’ sovraffollate? Come mai il problema non è mai stato risolto? Cosa si potrebbe fare per evitare i troppi suicidi tra i carcerati? E’ veramente necessario costruire decine di nuove carceri?
L’inchiesta di PRESADIRETTA entra nel cuore e nel nodo dei problemi del nostro sistema penitenziario.
Riccardo Iacona è andato a Poggioreale, il carcere di Napoli, che è simbolo dei molti mali che affliggono gli istituti penitenziari e dà la misura di quanto grave sia la situazione. I detenuti sono ammassati in celle anguste, condannati all’inattività per la totale mancanza di progetti di riabilitazione e rieducazione e sono costretti a guardare il soffitto gran parte della giornata. Tra gli altri ha incontrato Gaetano Di Vaio, un ex detenuto che ha realizzato un documentario che racconta l’inferno dietro le sbarre.
Nella puntata anche la ricostruzione delle storie di chi non ce l’ha fatta a sopportare e si è tolto la vita.

PRESADIRETTA mostrerà invece come i dettami della Costituzione siano stati presi alla lettera da chi lavora nel carcere di Bollate dove la pena è un tutt’uno con la rieducazione. Anche Angelino Alfano, il ministro della giustizia, ha affermato che:
“Le carceri italiane sono fuori dalla costituzione” . L’articolo 27 della carta costituzionale infatti recita:
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato
Un racconto di Riccardo Iacona, Francesca Barzini, Vincenzo Guerrizio, Raffaella Pusceddu, con la collaborazione di Antonella Bottini.

martedì 8 febbraio 2011

Fp-Cgil: il bisogno di dire la verità sul mondo delle carceri

7 febbraio 2011

Non si ha memoria, nella storia repubblicana, di un periodo più nero per il sistema penitenziario. Gli ultimi anni hanno oscurato persino il travagliato scorcio del dopoguerra, quando almeno gli episodi critici e cruenti erano accompagnati da una forte volontà di rinascita.
La tragedia attuale sconta invece una evidente schizofrenia: alla criticità della situazione fanno da controcanto le dichiarazioni dei responsabili dell’Amministrazione, a partire dal Ministro, che descrivono una ripresa delle iniziative che nessuno degli addetti ai lavori riesce seriamente ad intravedere. E così si susseguono le dichiarazioni sullo stato di emergenza che lasciano il tempo che trovano, le enunciazioni di buoni propositi conseguenti agli annunci sugli effetti miracolistici che avrebbe dovuto avere la legge sulla detenzione domiciliare per l’ultimo anno di pena.La realtà è molto diversa: la legge 199 ha fino ad ora prodotto la scarcerazione di appena qualche centinaio di detenuti e non è servita a frenare il crescente sovraffollamento, siamo infatti alla soglia dei 68.000 detenuti; la stessa norma vincola l’assunzione dei promessi duemila agenti, che nel frattempo sono diventati 1800, alla compatibilità con le disponibilità di cui alla legge finanziaria 2010. Il provvedimento inoltre grava sul lavoro degli educatori e degli assistenti sociali la cui carenza di organico è nota, e per i quali non è previsto alcun incremento. Il blocco del turn - over stabilito dalla finanziaria non potrà che aggravare questa situazione. Negli istituti sono stati preannunciati ulteriori tagli sui capitoli che garantivano, con il lavoro domestico dei detenuti, le condizioni igieniche e di decoro. Il tanto strombazzato piano - carceri, che essenzialmente si fondava sulla creazione di nuovi posti detentivi con l’ampliamento dei reparti di alcuni istituti, non si sa che fine abbia fatto. Si sa della ristrutturazione solo di alcuni reparti, mentre proseguono le inchieste giudiziarie sulla legittimità di appalti affidati con procedure anomale alle cricche di vario genere. La situazione del personale che a vario titolo opera nelle carceri risulta sempre più avvilente e mortificante. I Dirigenti Penitenziari e di servizio sociale, responsabili delle strutture e dei servizi, non sono mai stati ascoltati e protestano per essere stati abbandonati in una situazione confusa e senza - diritti, con uno statuto professionale che, a seconda delle convenienze, viene assimilato a quella degli omologhi della Polizia di stato o a quella dei dirigenti ministeriali. Pari comportamento di indifferenza è stato mostrato dall’Amministrazione verso il personale che opera nelle carceri, anche a causa di un Contratto integrativo firmato dalla minoranza delle OO.SS che disprezza e svilisce la professionalità dei lavoratori.È chiaro che in tali condizioni le dichiarazioni autocelebrative del Ministro Alfano e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria sono pura propaganda e risultano offensive per chi presta la propria attività istituzionale nel mondo carcerario espletando il mandato della Carta Costituzionale.È arrivato il momento di smascherare questa politica vuota che ha perso di vista le finalità rieducative della pena di cui all’art. 27 della Costituzione e di denunciare il dramma che quotidianamente si consuma nelle carceri italiane.La Fp - Cgil si farà promotrice di azioni dimostrative e momenti di incontro che culmineranno in una proposta volta a migliorare le condizioni di lavoro del personale e le condizioni di vita dei detenuti.

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