PENITENZIARI: LE SOLITE AMNESIE DEL DOTTOR IONTA.
Siamo stati invitati, mercoledì 22 aprile, all’iniziativa pubblica in occasione del conferimento della Cittadinanza onoraria milanese alla Polizia Penitenziaria da parte del Sindaco di Milano Letizia Moratti. Fra gli invitati il Capo del DAP Presidente Franco Ionta.
Le aspettative della FP-CGIL, ed in particolare del coordinamento regionale penitenziario, non erano alte, così come immaginiamo non lo fossero quelle delle altre sigle sindacali, soprattutto dopo l’esperienza della precedente visita del Dott. Ionta lo scorso autunno.
Però ci aspettavamo almeno qualche intervento urgente ed indispensabile per far fronte all’insostenibile sovraffollamento, interventi come lo spostamento di detenuti (uno, dieci o cento non importava, è fondamentale cominciare): invece nulla.
Si continua, invece, a pensare di costruire semplicemente nuovi plessi o ampliarne altri, di estendere le attività territoriali senza supportare tali interventi con adeguate integrazioni del personale attuale che è già oltre al limite delle proprie forze.
Credevamo quindi nell’assegnazione in numero congruo, di altre necessarie unità di agenti di Polizia penitenziaria, di operatori ministeriali che da tempo attendiamo: invece nulla.
Speravamo almeno in una risposta concreta, che garantisse la giusta retribuzione dello straordinario in modo uniforme: invece nulla.
E che dire degli operatori ministeriali: Direttori, educatori, assistenti sociali, contabili, operatori amministrativi, da sempre attentamente evitati nei discorsi del Capo
Dipartimento e, in questa occasione, relegati in seconda fila come tristi comparse di un tempo passato, superate dall’idea di un’amministrazione diversa, militarizzata e senza troppe contraddizioni, con, eventualmente, ruoli tecnici che rispondano ad esigenze di sicurezza, anzi dell’” immagine” della sicurezza.
Insomma, nessuna parola per chi, in questo momento, in questa Regione, in tutti gli Istituti Penitenziari e Uffici dell’Esecuzione Penale sta svolgendo un lavoro enorme, con uno spirito di sacrificio non comune, che ha sempre seguito indicazioni e direttive (le famose “circolari”) cercando di superare anche le contraddizioni di un sistema sdoppiato fra l’esigenza di sicurezza oggi enfatizzata sui mezzi di propaganda e quella rieducativa (peraltro garantita dalla nostra Costituzione repubblicana), spesso subordinata e sacrificata a necessità di gestione delle persone: sarebbero da lode e da encomio, per tutti gli sforzi che quotidianamente fanno, ma il Capo del DAP coi suoi silenzi e la sua stantia retorica da cerimonia ha confermato che le speranze di cambiamento tali resteranno: speranze.
I Poliziotti avranno sempre rapporti informativi di fine anno abbassati per qualsiasi ragione; dovranno sempre rispondere disciplinarmente perché a nessuno interessa se i detenuti che si devono controllare sono 5, 50 oppure 150.
Dovranno fare sempre straordinario pagato diversamente nelle varie sedi della regione; avranno sempre meno garanzie sui diritti contrattualmente previsti, ma sempre carichi di lavoro in aumento: il tutto con molti ringraziamenti.
Gli altri? Non esistono, non interessano, non sono oggetto né di progetti né di riconoscimenti, neppure dettati dal buon senso di chi dovrebbe garantire un’equilibrata gestione del servizio della giustizia, nella sua fase più delicata, quella della gestione di persone che si spera di ricondurre alla legalità con un lavoro quotidiano che è integrato fra operatori ministeriali e della sicurezza. Dovrebbero dunque proseguire ad anticipare i soldi per effettuare gli spostamenti di servizio, sottoporsi a missioni selvagge, che si definiscono necessarie per coprire i buchi di un’amministrazione da anni mal gestita dal massimo vertice, subordinandosi a logiche spesso improprie per i ruoli rivestiti.
Silenzio e rimozione dei problemi, che presto verranno nascosti, nei sogni del Capo del DAP, da divise, penalizzando e frustrando così tutte le professionalità, di ambo i Contratti.
Una certa gestione illuminata del sistema penitenziario aveva iniziato a sostenere, non molto tempo fa, ma oggi sembrano secoli, che dall’integrazione, dal lavoro congiunto nasce la sintesi del percorso penitenziario, che non è mai automatico o retaggio di una sola parte, come alcuni interventi orientati a nostro parere al “divide et impera” mascherato da uniformità, oggi vorrebbero far credere.
E allora, se ogni volta gli operatori penitenziari attendono la venuta del Capo del DAP per sentirsi dire questo, o non sentirsi dire nulla, come fantasmi di un lavoro risocializzante che la Costituzione e l’Ordinamento Penitenziario affidano loro, allora possono anche smettere di prenderlo in seria considerazione, riservando il proprio tempo a perseguire quegli obiettivi di lavoro unificante e di continua denuncia dei problemi a tutte le utenze, fuori e dentro il mondo carcerario come la FP-CGIL ha fatto, fa e continuerà a fare nella costante difesa del ruolo pubblico di tutela delle libertà e dei principi democratici
Milano, 23 aprile 2009
Il Segretario FP CGIL Lombardia La Coordinatrice FP CGIL Lombardia
Resp. Comparto Ministeri Resp. Comparto Ministeri
A. De Col Barbara Campagna
Il Coord. Regionale Fp Cgil
Polizia Penitenziaria
C. Lo Presti