Anche in occasione della complicata vicenda dell’intervento legislativo finalizzato a deflazionare gli Istituti dalla drammatica condizione di sovraffollamento, si deve prendere atto della scarsa considerazione che la politica e, purtroppo, gli stessi vertici dell’Amministrazione Penitenziaria dimostrano nei confronti degli operatori del Comparto Ministeri.
Se un emendamento stabilisce, a ragione, l’assunzione di nuovo personale di polizia penitenziaria per fronteggiare l’emergenza, nulla si dice e tanto meno si propone per il resto del personale, che
pure garantisce un quotidiano, prezioso, contributo per la tenuta del sistema e che viene direttamente e massicciamente coinvolto dall’ imminente misura deflattiva.
Oltre ai danni, anche la beffa: si spaccia lo svuotamento dell’originario Ddl, che tutti sappiamo dovuto alle intricate ragioni degli equilibri politici, per lo sforzo di emanare un provvedimento che
tiene conto della funzione educativa della pena (!!)
In realtà, chi ha anche solo un minimo di conoscenza della realtà carceraria, sa bene che non ci saranno né i tempi né le risorse per interventi che non siano meri, ma comunque gravosi, adempimenti burocratici.
Basta leggere la circolare del Capo del Dipartimento 311194 del 22 Luglio scorso per rendersene conto. Una circolare, inviata per conoscenza (!) alle Direzioni Generali competenti per il trattamento intra ed extramurario, che innanzitutto richiama alla necessità di attenzionare prioritariamente le attività di osservazione, trattamento e sostegno, nonché il supporto per il ristabilimento dei rapporti famigliari (praticamente l’intero panorama degli interventi trattamentali, rispetto a cui denunciamo da tempo lo stato di grave carenza organica e di risorse del personale).
Come se non bastasse, si danno delle disposizioni operative per l’applicazione della misura di legge che ancora non è stata approvata, e di cui si sconoscono contenuti fondamentali, quali, giusto per fare un esempio, le condizioni ostative previste per la concessione, la durata del provvedimento, e così via.
Nel frattempo, “ad ogni buon conto”, le Aree pedagogiche devono procedere a verificare la presenza di sintesi aggiornate o a produrre relazioni comportamentali, a compilare una scheda (per ogni detenuto che, forse, sarà interessato dalla misura) comprensiva di informazioni relative alla posizione giuridica, al percorso trattamentale intramurario, e ad ogni riferimento abitativo, affettivo, lavorativo utile alla detenzione domiciliare.
Parimenti, gli Uepe dovranno effettuare la verifica dei suddetti riferimenti e attivare le reti del territorio, nonché reperire, insieme alle Direzioni degli Istituti, eventuali risorse mancanti. Impresa certo non facile, considerata l’attuale povertà del contesto socio-economico e le caratteristiche della popolazione detenuta nelle nostre carceri!
Non è difficile immaginare lo stato di frustrazione del personale a vario titolo coinvolto, che vede da tempo sistematicamente ignorate le proprie legittime richieste di condizioni lavorative dignitose, che spesso è persino oggetto di omissione in tante dichiarazioni ufficiali dei vertici dell’Amministrazione. Su questo personale si scarica un lavoro gravoso, inutile, per tacitare la coscienza o salvare l’immagine chi non ha saputo né voluto affrontare con serietà il problema del sovraffollamento (cominciando ad esempio a metter mano alle leggi carcerizzanti frutto di tante politiche demagogiche sulla sicurezza, e valorizzando il sistema delle misure alternative).
Un lavoro gravoso ma inutile, perché la moltitudine di derelitti che affolla gli istituti non è in possesso dei requisiti richiesti, altrimenti sarebbe già in detenzione domiciliare, e soprattutto perché metà della popolazione detenuta è costituita da persone che non si fermano in carcere più di tre giorni! Sappiamo tutti che la stima prevista di una deflazione pari a 12000 detenuti è frutto di pura fantasia o, peggio, è espressione di ipocrisia. E ancora una volta pagheranno quei lavoratori mal retribuiti, mal considerati, attenzionati solo come destinatari di provvedimenti punitivi contro gli sprechi e il fannullonismo.
Come se non bastasse, si invitano le Direzioni degli UEPE e degli Istituti ad “un’accorta programmazione delle ferie del personale”(!).
Forse il Capo del Dipartimento non è a conoscenza del fatto che la condizione di cronica carenza di
organico impone ogni anno questo sano esercizio, né è pensabile che operazioni di così dubbia efficacia come quella di imminente attuazione possano ulteriormente comprimere il sacrosanto diritto alle ferie dei lavoratori, sovvertire i programmi delle loro famiglie, oberare oltre ogni misura gli operatori che rimangono nei luoghi di lavoro.
La F.P. CGIL vigilerà perché questo non accada, e intanto rivolge un accorato appello al senso di
responsabilità della politica e delle Istituzioni affinché la misura deflattiva risponda realmente ai
problemi del penitenziario, e non sia una mera operazione di facciata.
FP CGIL Piemonte FP CGIL Piemonte
Coord. DAP Ministeri Segreteria Regionale
Anna Greco Roberto Galasso