sabato 19 luglio 2008
Giustizia- Sicurezza; guerra delle cifre e "balletto" delle colpe
di Vladimiro Polchi
Alle forze dell’ordine, il Governo con una mano dà, con l’altra toglie. Da un lato assicura 400 milioni di euro una tantum, dall’altra toglie oltre due miliardi e mezzo di finanziamenti in tre anni. Insomma, dare oggi, per togliere domani. I sindacati delle forze dell’ordine non ci stanno: "I tagli alla sicurezza rischiano di dimezzare il numero di volanti in circolazione e di far saltare livelli minimi di sicurezza".
Per questo, ieri mattina migliaia di poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali, vigili del fuoco e militari, hanno manifestato davanti a questure e prefetture di tutta Italia.
Sulla questione dei tagli alla sicurezza si gioca tra maggioranza, opposizione e sindacati una guerra di numeri. Comincia il governo. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, spiega che la manovra all’esame della Camera, dà 400 milioni al settore sicurezza. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, si spinge oltre: "Stimiamo una cifra superiore al miliardo di euro". Diversa la versione dei sindacalisti. Il sacrificio del comparto sicurezza ammonterebbe ad oltre un miliardo di euro: tra tagli triennali di spesa (oltre 538 milioni) e quinquennali al personale (527 milioni). La conseguenza è, per la polizia di Stato, una riduzione del personale di 6.689 uomini, da qui al 2012. Tradotto: a Roma verrebbero tagliate tre volanti sulle attuali 13; 2 su 9 a Palermo.
E ancora: nella capitale chiuderebbero 12 commissariati su 47; a Palermo 2 su 8. A questi "sacrifici", andrebbe aggiunto un altro miliardo e mezzo di tagli di spesa alla Difesa. In tutto, secondo sindacati di polizia e Cocer, "è stata prevista la riduzione complessiva nel triennio dell’organico delle Forze di polizia e delle Forze armate di circa 40mila uomini, sia per il mancato turnover del personale che perla nefasta previsione di sospensione volontaria dal servizio e collocamento coatto in pensione per anzianità contributiva".
Quanto ai 400 milioni promessi da Tremonti, "100 finiranno alla polizia locale - sostiene Claudio Giardullo del Silp-Cgil altri 100 serviranno perle assunzioni nel 2009 di ben 6 corpi, per un totale di 2.700 assunzioni. Pochi, se consideriamo che un solo corpo, quello della polizia, nel 2009 perderà 1.611 uomini.
Gli altri 200 vengono ricavati da fonti non stimabili con facilità e variabili, come quelle della confisca dei beni mafiosi. Soldi che, tra l’altro, spetterebbero anche alle vittime della mafia".
Accanto alla guerra dei numeri, c’è poi il balletto delle colpe. Roberto Maroni punta il dito contro il precedente esecutivo: "Le difficoltà - ammette il responsabile del Viminale - ci sono, ma sono colpa della legge finanziaria 2008 del governo Prodi, che ha tagliato 8 miliardi".
Replica il ministro dell’Interno del governo ombra, Marco Minniti: "Il taglio annunciato ammonta a quasi tre miliardi e mezzo e la correzione promessa con il maxi-emendamento si rivela invece un appesantimento di altri 116 milioni di euro". Sulla polemica interviene anche l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia: "I governi Berlusconi II e III - sostiene il segretario Enzo Marco Letizia - avevano già tagliato i fondi destinati alla manutenzione dei mezzi per 101 milioni di euro; i fondi per la sicurezza stradale, per 2 milioni di euro; i fondi per la Direzione Antimafia per 27 milioni di euro".
"Dopo la prova di forza di ieri, con presidi in tutta Italia - dichiara Giorgio Innocenzi, segretario nazionale della Consap - lo stato di agitazione del comparto sicurezza prosegue, perché è indispensabile anche una drastica cura dimagrante della macchina Viminale, che riduca drasticamente la pletora di dirigenti e personale profusa in dipartimenti, direzioni centrali ed uffici". Richieste che i sindacati porteranno sul tavolo del ministero dell’Interno, all’appuntamento con Maroni di mercoledì prossimo.
venerdì 18 luglio 2008
LA DISUMANITA' DEL "PACCHETTO SICUREZZA" E L'UMANITA' DEL PROCESSO DI REINSERIMENTO NELLA SOCIETA', A PARTIRE DALLA NEGAZIONE DELLA PAROLA "CARCERE"
www.newslavoroesalute.blogspot.com
Una autorevole associazione di volontariato ha lanciato una proposta: cancellare definitivamente da tutti i testi formativi la parola “carcere” e sostituirla con una locuzione conforme al dettato costituzionale: Istituto di Rieducazione Civile.
Ho trascorso trentatre anni in questo pianeta carcerario rifiutato e sconosciuto, in questo recinto dove pochi vogliono guardare, e quei pochi che lo fanno difficilmente riescono a mettere insieme la consapevolezza per un progetto di rinascita effettivamente condiviso.
Ho attraversato in lungo e in largo i perimetri dei suoi crateri detentivi, osservandone i cambiamenti, vivendone i mutamenti, e nonostante le spinte in avanti dettate dal riconoscimento e dal rispetto della dignità umana, continuo a rimanere perplesso di fronte a certe etichettature futuristiche, che sono certamente aspettative oneste, ma distanti anni luce dalla vere priorità che investono l’intera organizzazione penitenziaria.
Il carcere è cambiato, gli operatori sono cambiati, i detenuti sono cambiati, il sangue e le rivolte sono memoria storica, i deliri di onnipotenza surclassati dai troppi suicidi in deliranti commiserazioni.
Alla solidarietà costruttiva, requisito indispensabile al buon andamento di un istituto penitenziario, è subentrata una rancorosa indifferenza, come se l’unica prassi vincente e risolutiva sia l’esclusione e il silenzio per chi ha sbagliato e paga il proprio debito, e se accade che si riesca a riparare in qualche modo, c’è pure il disprezzo per quanti condividono la fatica della risalita al consorzio sociale.
Un uomo rimane in carcere trenta-quaranta anni, ha imparato qualcosa, ha perduto qualcosa, ha acquisito altre cose, di certo non è più espressione di una violenza senza limite, né di una stanchezza parassitaria, può addirittura incontrare una condizione particolare che è vitale in un essere umano, la quale giorno dopo giorno soggiorna nell’interiorità.
Modificare e sostituire con una nuova locuzione il carcere?
In questi anni di restrizione e di impegno personale ho compreso che lo strumento liberante dalla propria condizione finanche disumana, è il lavoro, la possibilità di lavorare comporta un’assunzione di responsabilità verso se stessi e gli altri, nel lavoro vi è la possibilità di fare convergere maturità e formazione, consegnando finalmente sostanza e coerenza all’irrinunciabile ideale della rieducazione, troppo spesso relegata a una alienante e vana attesa.
Non è importante innovare la parola, ma una proposta educativa che consenta al detenuto di alimentare esperienze urgenti e corrette di lavoro, perché saranno queste a favorire un effetto profondamente pedagogico, nella fatica delle relazioni con le persone, una presa in carico della nostra dignità, per ripensare a noi stessi, a ciò che stiamo facendo, a ciò che vogliamo essere oggi.
Una giustizia equa raccoglie le istanze della società, ma tiene presente che esistono uomini che hanno scontato decenni di carcere per tentare di riparare al male fatto, ritrovando un senso e un ruolo sociale definito per non esser rispediti nuovamente a una umanità ignorata e esclusa.
Altezza di Brunetta: fannullone sarà lui
www.roccobiondi.blogspot.com
Ho fatto una ricerca in internet per cercare di sapere quanto è alto Brunetta. Non ci ho cavato un ragno dal buco. Ma pare che non debba superare il metro e trenta (m. 1,30). Solo qualche socio del Popolo in libertà gli accredita un metro e cinquanta. Io sono certamente più alto di lui.
Ho cercato di sapere quant’è l’altezza media degli italiani. Anche qui senza successo. Ma io credo di essere nella media.
Brunetta nella sua lotta donchisciottesca contro quelli che chiama fannulloni e furbacchioni sta scoprendo l’acqua calda. Tutte le norme che lui dice di voler far applicare esistevano già prima di lui. La sua trovata propagandistica è buona solamente per gli allocchi di italiani che credono ancora in babbo Natale (Berlusconi). Sono tanti (gli allocchi) e sono contenti di essere presi per fessi.
Per quanto mi riguarda e per gli italiani che ancora ragionano con la propria testa Brunetta potrebbe aver una qualche credibilità solo se cominciasse a ridurre gli stipendi ai deputati e senatori assenteisti che vengono pagati per non fare niente. Sapete chi è il più assenteista di tutti? Un tal Berlusconi Silvio, che alla Camera dei deputati ha accumulato il 98,5% delle assenza; presente solo 70 volte contro 4.623 assenze. Berlusconi comanda da solo e non vota, a votare e a schiacciare i bottoni ci manda i suoi pecoroni.
Al Senato la palma delle assenze spetta invece ad un certo Dell’utri Marcello, anche lui di Forza Italia, con il 41,1%. (Fonte Sole 24Ore)
Fra i lavoratori la percentuale più alta di assenza per malattia è solo del 15,8% e riguarda, guarda caso, i lavoratori della Presidenza del Consiglio. (Fonte la Repubblica)
Brunetta dice che con le sue misure minacciate ha già ottenuti buoni risultati: il numero delle assenze sarebbe diminuito del 20%. Ma non ci dice se per caso i lavoratori anziché fare due assenze di un giorno ciascuna non ne facciano una sola di dieci giorni consecutivi. I medici, rischiare per rischiare, anziché un giorno solo di malattia ne danno minimo tre o per stare più sicuri sette.
Questi interventi sono millantati come forieri di grandi risparmi per le casse dello Stato. Il segretario nazionale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale dice invece: «E’ uno spreco. Prevedere il controllo anche per un solo giorno di malattia aumenterà il lavoro dei medici fiscali e il loro costo».
Un altro dubbio che mi viene riguarda la capacità che hanno i medici fiscali nel valutare l’esistenza e la gravità della malattia. Se un medico di famiglia, convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, dichiara che un suo assistito ha bisogno di tre giorni di riposo perché colpito da diarrea fulminante, il medico fiscale che deve fare? Deve controllare la qualità delle feci nel cesso? Io ritengo che i medici fiscali non servano a niente. Nella totalità dei casi confermano il periodo di malattia. Se invece i medici fiscali servono solamente per controllare se i malati stanno in casa, allora mandiamo i carabinieri. Anche perché le nuove fasce orarie di reperibilità in casa dei malati (8,00 – 13,00; 14,00 – 20,00), volute da Brunetta, sono da arresti domiciliari. Anche se poi alcune malattie consiglierebbero, anzi impongono, di stare fuori in giro o al mare.
Chi controlla poi l’orario di servizio dei dirigenti? La mia dirigente arriva sul posto di lavoro non prima delle ore 11,00; il normale orario di lavoro decorre invece dalle 7,45 alle 13,45.
I sindacati (nei quali io ancora credo) sono molto scettici sulle misure Brunetta e chiedono piuttosto risorse per il rinnovo dei contratti. Quelle misure colpiranno le retribuzioni in modo pesante ed iniquo (riduzione del 25-30% sullo stipendio giornaliero), soprattutto tra le forze di polizia che hanno una struttura retributiva con elevate variabilità accessorie.
Siamo alla solita carognata dei forti contro i deboli. Gli evasori fiscali, specialmente grandi, vengono premiati con condoni più o meno tombali. I poveri e deboli lavoratori dipendenti vengono mazziati. E poi, Brunetta non fa differenza fra lavoratori onesti e lavoratori lavativi, fra malati veri e malati immaginari. Vengono tutti fregati e puniti indistintamente.
Pecoroni del Popolo in libertà, uscite dal gregge.
Visita lampo e decurtazioni, viaggia sul web la rivolta anti-Brunetta del pubblico impiego
www.ilsole24ore.com
di Francesco Cocco
C'è chi teme di doversi presentare al lavoro in barella pur di non farsi decurtare lo stipendio e chi pensa che sia tutta una «barzelletta». Chi si ribella ad essere trattato come un «fannullone» e tanti che semplicemente si domandano: quanto costeranno allo Stato le presumibili migliaia di visite fiscali che si scaricheranno sul sistema sanitario nazionale? A gironzolare fra i forum telematici dedicati al pubblico impiego e perfino su quello di Forza Italia, l'impressione è chiara: pur non mancando dei pareri positivi, la nuova norma che prescrive la visita fiscale dopo un solo giorno di assenza per i dipendenti pubblici ha scatenato reazioni offese e perplessità. L'epicentro della protesta è proprio nella casa (Internet) del suo estensore: il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta.
Basta infatti collegarsi al sito del ministero per trovarsi davanti a messaggi come questo: «Sono un caposquadra dei sommozzatori dei vigili del fuoco, volevo ringraziare il ministro Brunetta per gli interventi mirati verso noi lazzaroni che andiamo a lavorare con enormi sacrifici sia fisici che psicologici... E' un piacere sapere che se mi ammalo mi verrà decurtata l'indennità di rischio obbligandomi a lavorare in condizioni di non perfetta forma fisica (magari immergendomi a 50 metri o buttandomi da un'elicottero) mettendo a repentaglio me stesso e l'incolumità dei miei colleghi». Firmato: «Mistercarisma». Un altro commentatore, «Robroy», fa un mestiere apparentemente meno rischioso ma cova le medesime paure: «Sono un dipendente pubblico dell'Inps. Negli ultimi 5 anni avrò totalizzato 4 giorni di malattia proprio quando non mi reggevo in piedi.... Se la trattenuta dovessere essere ancora maggiore, io e i miei colleghi verremo a lavorare anche in stato infettivo, in barella, pur di non vedere il nostro stipendio ulteriormente decurtato». Qualcuno legge le nuove regole come un ulteriore attacco alla rispettabilità dei pubblici impiegati. Così il signore Giovanni Rigoni: «Lo scrivente eticchettato fannullone come tutti in oltre trent'anni di lavoro ha avuto un' assenza media per malattie che non supera i tre giorni all'anno». Sui costi delle visite si concentrano «Gabribla» («Su quali bilanci graveranno? Invece di fare della demagogia e della facile propaganda politica, pensasse invece davvero a premiare i meritevoli!») e Lovi («Anche per fare un accertamento medico sarà necessario mobilitare tutto il settore sanitario»). Ma qualcuno d'accordo con Brunetta c'è. Come «Alfauno» che esulta: «Finalmente sta cambiando qualcosa! La pacchia è finita, non ne potevo più di quel celato sorriso dei miei colleghi (sempre gli stessi) al rientro dei fatidici 15 giorni di malattia». E «Angeloc» che mira più in alto: «Vai Renato!!! La strada che hai imboccato è quella giusta. Per tanti fannulloni e/o finti malati ha pagato, per troppo tempo, tutto il pubblico impiego, complici pure i sindacati»
Le perplessità sulle ricadute economiche del provvedimento dominano un altro forum sulla pubblica amministrazione, da www.comuni.it.
«Non capisco il vantaggio - osserva il signor Caputo Nicola - , visto che una visita fiscale costa attorno ai 20-25 euro mentre l'assenza di un giorno di malattia comporta la decurtazione di max 10 euro...». Un utente con nome in codice «Ariafritta», spulciando la circolare, ha già individuato una possibile via di fuga per gli enti pubblici: nel comma che impone di tener conto delle «esigenze funzionali ed organizzative». Ed esclama: «Se l'ufficio è impegnato, può non mandare la visita? ... Una barzelletta!».
Etichette: http://www.blogger.com/img/gl.align.full.gif
LOTTA AI FANNULLONI
di Antonio Signorini
Visite fiscali obbligatorie, non più facoltative, magari a discrezione dei dirigenti. Il dottore busserà alla porta da subito, anche con un solo giorno di malattia. I certificati dovranno essere firmati da un medico convenzionato e per i primi dieci giorni di assenza gli stipendi saranno ridotti.
Come se non bastassero le proteste per il rinnovo dei contratti e i tanti mugugni scatenati dal giro di vite anti «fannulloni» (ma lui non li chiama più così), il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta va per la sua strada e rilancia. Prima annuncia che i pubblici dipendenti che fanno un secondo lavoro in nero saranno stanati, anche grazie alla collaborazione con la Guardia di finanza, e licenziati in tronco.
Poi torna sulla parte di manovra che lo riguarda. E, con una circolare, scioglie gli ultimi dubbi sulla nuova disciplina per le assenze nella Pa. Misure note, che comunque il dicastero ha voluto precisare e spiegare.
La parte più innovativa si conferma quella dei controlli sui dipendenti pubblici che si assentano dal lavoro. Il decreto «impone la richiesta della visita fiscale da parte delle amministrazioni anche nel caso in cui l’assenza sia limitata ad un solo giorno». Per chi avesse avuto dubbi, è proprio così. Da discrezionale qual era, la cosiddetta «visita fiscale» diventa «sempre obbligatoria, anche nelle ipotesi di prognosi di un solo giorno». Unica eccezione, «particolari impedimenti del servizio del personale derivanti da un eccezionale carico di lavoro o urgenze della giornata». Gli orari delle visite, poi. Alcuni contratti di lavoro prevedono che si concordino con i dipendenti. Invece, la legge «stabilisce un regime orario più ampio per la reperibilità al fine di agevolare i controlli». In sostanza lungo tutto l’arco della giornata e non più come avviene adesso, tre ore la mattina e altrettante nel pomeriggio.
Confermato anche il taglio dello stipendio per i primi dieci giorni di malattia. In questo periodo al dipendente pubblico è corrisposto solo «il trattamento economico fondamentale». Nessuna indennità o trattamento economico accessorio. Un taglio, ha precisato il ministero, che riguarda solo la parte «extra» della retribuzione, che vale una percentuale tra i 25 e i 30 punti. Fanno parte del «trattamento fondamentale», quindi quello che non viene toccato, la tredicesima e gli assegni ad personam.
Un chiarimento dovuto era quello sui certificati medici. Saranno obbligatori per le assenze superiori ai dieci giorni e, in ogni caso, per quelle «dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare». In altre parole alla terza assenza, anche se le precedenti sono di un solo giorno. C’era da chiarire chi può fare i certificati. La legge prevede che sia la «struttura sanitaria pubblica». La circolare in questo caso va incontro ai dipendenti pubblici, e precisa che possano essere firmati anche da liberi professionisti convenzionati con il servizio sanitario nazionale.
Negative le reazioni dei sindacati. «Anche il sistema precedente andava bene, bastava intensificare i controlli. Comunque questi non sono temi prioritari per noi. Viene prima il rinnovo dei contratti e i tagli alla produttività», protesta il segretario generale della Uil-Pa Salvatore Bosco. «Brunetta sta solo buttando fumo negli occhi per spostare l’attenzione dai veri problemi della pubblica amministrazione italiana», aggiunge Carlo Podda, segretario generale della Fp-Cgil. Quello di Brunetta è «accanimento terapeutico», ironizza Gianni Baratta, segretario confederale Cisl. Un modo «per evitare il nodo risorse», secondo il segretario dell’ Ugl Ministeri, Paola Saraceni.
STATALI FANNULLONI? CI PENSA BRUNETTA
www.ilsalvagente.it
Circolare del ministro: anche per un solo giorno di malattia serve il certificato medico. Tagli allo stipendio per le assenze. Coinvolti tutti i dipendenti pubblici
Il testo della circolare
Un solo giorno
Taglio dello stipendio
Caccia al consenso
Circolare Brunetta: facciamo due conti
www2.tecnicadellascuola.it A conti fatti nella scuola le disposizioni contenute nella circolare firmata dal Ministro Brunetta potrebbero provocare maggiori spese anzichè risparmi reali. L'obbligo della visita fiscale anche per un solo giorno sarà difficile da rispettare. In quali orari i dipendenti in malattia potranno recarsi dal proprio medico ? | ||
Applicare la “circolare Brunetta” nella scuola non sarà facile e, forse, provocherà persino un aggravio di costi per le casse dello Stato. Proviamo a fare due conti. La circolare prevede che per ogni assenza, anche di un solo giorno, sia necessario disporre la visita fiscale. Norma sacrosanta: i “furbi” avranno vita difficile anche perché adesso la legge amplia la fascia oraria all’interno della quale bisogna essere reperibili al proprio domicilio (dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20). Ma già questo punto crea le prime difficoltà: se il paziente può uscire di casa solo dalle 13 alle 14 come gli sarà possibile recarsi dal proprio medico per farsi visitare e certificare la malattia ? Il problema ha molto in comune con i “paradossi logici” che hanno messo in difficoltà i filosofi, dai sofisti fino a Bertand Russell (ma forse al Dipartimento della Funzione Pubblica ha già pronta la soluzione). In realtà, secondo le regole in vigore, il dipendente può benissimo allontanarsi dal proprio domicilio anche durante l’orario di reperibilità a condizione però di comunicarlo anticipatamente all’ufficio da cui dipende. Ma vediamo cosa può accadere nel caso di un’assenza per un solo giorno. Di buon mattino, l’insegnante telefona alla propria scuola e comunica che starà a casa un giorno e che, poniamo, dalle 16 alle 18 sarà fuori casa per recarsi dal proprio medico. La scuola dovrà comunque disporre la visita fiscale. Supponiamo che il medico dell’ASL si rechi dall’insegnante proprio alle ore 17, mentre il dipendente è dal medico di famiglia. A quel punto il medico lascerà un avviso nella buca delle lettere dell’insegnante e tornerà uno o due giorni dopo, quando l’assenza si sarà già conclusa. L’ASL, a sua volta, notificherà alla scuola che il medico fiscale si è recato due volte presso il domicilio del dipendente senza poter effettuare la visita di controllo. Probabilmente l’ASL emetterà una parcella per due visite di controllo (più o meno 40 euro in tutto); il dirigente dovrà chiedere chiarimenti ufficiali all’insegnante che presenterà a sua volta il certificato medico sul quale avrà avuto cura di farsi annotare l’ora di rilascio del certificato da parte del medico di famiglia. Risultato: notevole giro di carta, possibile aumento di contenzioso, rapporti più tesi fra insegnanti, ufficio di segreteria e dirigente scolastico e via discorrendo. L’erario trattiene circa 8-9 euro dallo stipendio dell’insegnante, ma la scuola ne spende 40 per due tentativi di visita fiscale ! Ma può esserci anche un altro caso: il dipendente chiede 7 giorni di malattia, se ne sta tranquillamente rinchiuso in casa dalle 8 alle 20 in attesa della visita fiscale, alle 20 e un minuto esce di casa e si dà alla vita notturna, pronto per un bel “cornetto e cappuccino” in uno dei bar primi ad aprire. Alle 8 rientra in casa e si infila a letto, stanco ma felice, in attesa del medico fiscale. La legge è rispettata, il “furbo” la fa franca e il povero insegnante che è stato a casa un giorno solo per non creare troppi disagi ai propri alunni deve invece rispondere alle richieste di chiarimenti del dirigente che vuole legittimamente sapere per quale motivo il medico fiscale non lo abbia trovato in casa. Ma c’è di più: se si considera che per le assenze brevi sullo stipendio degli insegnanti viene trattenuto un importo di circa 8-9 euro, se ne deduce che per le assenze di uno o due giorni lo Stato non solo non risparmierà nulla ma addirittura ci rimetterà (una visita fiscale costa in media 20-25 euro). Per il personale ATA la trattenuta risulta nettamente più bassa e quindi, per “ammortizzare” il costo della visita fiscale, sarà necessario che l’assenza duri almeno una settimana. Insomma: le complicazioni sono assicurate, i risparmi proprio per niente. Senza considerare che le visite fiscali andranno pagate utilizzando i fondi ordinari; a conti fatti il costo annuo delle visite necessarie per una scuola di medie dimensioni sarà pari a quello di 4-5 computer. Con buona pace di una delle tre I (Internet) che secondo il Governo dovrebbero caratterizzare la scuola italiana. Qualche “liberista” potrebbe persino aggiungere: se ogni scuola italiana dovrà risparmiare 2mila euro all’anno per consumi intermedi, le spese per attrezzature didattiche diminuiranno complessivamente di 20milioni di euro; una ulteriore frenata per i consumi di cui non c’è davvero bisogno in questo momento. |
Lavoratori pubblici, obbligo di visita anche con un giorno di malattia
www.ilsole24ore.com
di Francesco Cocco
È in una circolare la nuova sfida di Renato Brunetta all'assenteismo. Tutte le amministrazioni pubbliche devono sottoporre i propri lavoratori a visita medica fiscale anche nel caso di assenza di un solo giorno per malattia. Le nuove norme sono subito operative e valgono anche per le assenze già avvenute dal 26 giugno scorso in poi (data in cui il decreto 112 è entrato in vigore) secondo quanto riportato nella circolare firmata oggi dal ministro della Funzione pubblica.
Il ministero precisa che la circolare è stata «concordata» con l'Anci (l'associazione dei Comuni italiani) al fine di «chiarire i molti dubbi avanzati dai Comuni».
Il testo della circolare con le indicazioni sui controlli per malattia |
Enti locali: maxi-tagli in busta contro l'assenteismo |
giovedì 17 luglio 2008
Vorrei intervistare la vicina di Brunetta
www.pubblicodominio.blogspot.com
Il comportamento dei sindacati era tutto sommato comprensibile. Quando ti trovi di fronte un governo che ha ottenuto un pieno mandato dagli elettori e che comincia a lavorare, non ha alcun senso dichiarare guerre preventive: contano solo i fatti.
Ecco, adesso i fatti sono arrivati. Per i contratti si prevedono aumenti pari a metà dell'inflazione, in compenso si tagliano i premi di produttività e si bloccano le promozioni, le assunzioni dei precari sono rinviate all'anno del mai, si estende e appesantisce la trattenuta sulla malattia, le dotazioni finanziarie degli apparati statali vengono drasticamente ridimensionate, in qualche ministero si cominciano a contare gli esuberi, si parla di trasferimenti e licenziamenti.
La luna di miele fra governo e pubblico impiego è finita.
Dappertutto si annunciano manifestazioni, si diffondono volantini, si organizzano iniziative.
Il 28 luglio a Roma dovrebbe esserci una mobilitazione unitaria di Cgil Cisl Uil, che stanno pensando a una fiaccolata serale intorno al Colosseo.
Sempre il 28, il personale del ministero del Lavoro ha convocato assemblee unitarie cittadine all'esterno delle sedi di lavoro.
Già oggi pomeriggio i dipendenti del ministero della Salute protestano davanti a Montecitorio.
Il 24 mattina invece il presidio a Piazza Montecitorio lo faranno i dipendenti delle agenzie fiscali.
Al ministero dei Beni culturali il Consiglio Superiore ha approvato un documento contro i tagli agli investimenti in cultura, la Uil organizza per il 22 luglio una manifestazione nazionale nei musei e nelle biblioteche, il segretario Gianfranco Cerasoli appoggia il ministro ma lo invita a dimettersi se non otterrà un aumento delle risorse.
Lo stesso giorno, il 22, i lavoratori degli archivi notarili di Cgil Cisl e Uil organizzano un sit-in al ministero della Giustizia contro "i tagli indiscriminati a retribuzione e organici".
Per il ministero dello Sviluppo economico, dove si prevedono 700 posti di lavoro in meno, si mobilitano i segretari nazionali di categoria, che accusano il ministro Scajola e denunciano "l'attacco al lavoro pubblico". Assemblea dei lavoratori martedì.
Oggi sono in piazza persino polizia e forze armate, che in genere prima di fare una manifestazione contro il governo di centrodestra ci pensano dieci volte.
Le Rdb-Cub hanno già tenuto la loro prima manifestazione e si preparano allo sciopero in autunno.
Protestano anche i sindacati autonomi meno ostili al centrodestra. La Confsal, con il suo segretario Marco Paolo Nigi, definisce "irricevibili" le proposte economiche del governo e conclude: "L'unica risposta obbligata è la mobilitazione immediata di tutti i lavoratori pubblici". L'Ugl di Renata Polverini avverte: "Si rischia il conflitto".
Carlo Podda stigmatizza le "comunicazioni ad effetto" di Brunetta (che ha ipotizzato di ricorrere alla Guardia di Finanza per stanare gli assenteisti) e commenta: "Siamo oltre la soglia del sopportabile, alla denigrazione ed alla lesione della dignità delle persone che lavorano al servizio dei cittadini e del Paese".
Il segretario della Cisl Rino Tarelli dichiara: "Il ministro deve rassegnarsi al fatto che il sindacato non intende seguirlo sulla strada dell’insulto e della provocazione".
E chissà cosa sta dicendo la vicina di casa di Renato Brunetta.
mercoledì 16 luglio 2008
Fermiamo l'attacco ai lavoratori pubblici, il 18 luglio assemblee in tutte le sedi penitenziarie !
CGIL-CISL E UIL VENERDI' 18 LUGLIO 2008 ALLE ORE 9.00 ASSEMBLEA DEL PERSONALE PRESSO LA CAMERA DEL LAVORO E PRESIDIO DAVANTI ALLA PREFETTURE DI MILANO
ALLARME SICUREZZA: I Sindacati di Polizia e Cocer uniti contro l'azione del Governo
Con il recente Decreto Legge nr. 112 emanato dal Governo il 25 giugno scorso riguardante la manovra correttiva del bilancio dello Stato per il triennio 2009/2011, sono state assunte decisioni che pongono a rischio la possibilità di continuare a mantenere livelli accettabili di sicurezza e di tutela per i cittadini.
Per la prima volta nella storia, tutti i sindacati delle Forze di Polizia E Co.Ce.R. dell’intero Comparto sicurezza e difesa, in rappresentanza dei 500.000 operatori della sicurezza e della difesa italiani, protestano contro l’operato del Governo:
1. PERCHE’ sono stati previsti “tagli” nel triennio per oltre tre miliardi di euro sui capitoli di spesa della “sicurezza” e della "difesa" delle Amministrazioni dello Stato. Questi “tagli” impediranno l’acquisto di autovetture, di mezzi, di strumenti utili per svolgere il servizio nonché la possibilità di avere risorse sufficienti e necessarie per le attività addestrative, per i corsi di formazione, per rinnovare le armi in dotazione, per l’acquisto di munizioni, delle divise e per la ordinaria manutenzione degli uffici e delle infrastrutture, in particolare quelle di accesso al pubblico, che diventeranno sempre più fatiscenti.
2. PERCHE’ è stata prevista la riduzione complessiva nel triennio dell’organico delle Forze di Polizia e delle Forze Amate di circa 40.000 operatori dovuta sia al mancato turn over del personale che alla “nefasta” previsione di sospensione volontaria dal servizio e/o collocamento “coatto” in pensione per anzianità “contributiva. Di conseguenza saranno migliaia le pattuglie e gli operatori in meno sul territorio con conseguente riduzione dei servizi e dei controlli ed una oggettiva riduzione della capacità operativa e d’intervento sul territorio delle forze dell’ordine e delle forze armate;
3. PERCHE’ vengono emanati nuovi provvedimenti legislativi che attribuiscono nuove incombenze alle forze dell’ordine e alle forze armate e contemporaneamente si adottano solo “tagli”di spesa;
4. PERCHE’ è prevista la riduzione del 50% all’anno di stanziamenti per remunerare le
indennità direttamente connesse all’operatività, che come è noto incidono direttamente sui servizi in strada e sul controllo del territorio, per la sicurezza interna ed internazionale del Paese, mentre si conferma la mancata previsione di interventi di detassazione del lavoro straordinario, già concesso al settore privato, e/o delle indennità accessorie;
5. PERCHE’ è prevista la riduzione del 40% della retribuzione accessoria in caso di malattia, anche per infortuni sul lavoro con una penalizzazione economica addirittura superiore agli altri pubblici dipendenti;
6. PERCHE’ non sono previsti il riconoscimento per legge né il finanziamento della “specificità” degli appartenenti alle forze dell’ordine e alle forze armate, né risorse per la formazione e per la riforma ordinamentale del personale;
7. PERCHE’ il provvedimento contiene decisioni che vanno in netta controtendenza con l’obbiettivo dichiarato di collocare sicurezza e difesa in cima alle priorità dell’azione di governo, quale indispensabile premessa della possibilità di sviluppo di questo Paese. Per questa ragione, per ripristinare condizioni di piena funzionalità operativa degli apparati e continuare a garantire la sicurezza dei cittadini:
2. adeguate risorse economiche per il rinnovo del contratto di lavoro del Comparto sicurezza e difesa;
3. l’eliminazione per il 2009 dei “tagli” per la sicurezza e la difesa con la conseguente apertura di un tavolo di confronto per razionalizzare in prospettiva futura la spesa e per introdurre riforme organizzative che possano eliminare gli attuali sprechi gestionali;
4. la copertura totale del “turn over”nelle forze di polizia ed una diversa modalità applicativa del collocamento a riposo d’Ufficio in prossimità del raggiungimento dei limiti d’età rispetto a quello che si intende prevedere per il pubblico impiego;
5. un trattamento diverso per gli operatori della sicurezza e della difesa per le assenze per malattia che al momento si vedrebbero decurtare la retribuzione giornaliera fino alla metà, tra l’altro anche per assenze connesse a fatti accaduti in servizio;
6. l’eliminazione del taglio sulle risorse per la professionalizzazione;
7. il mantenimento della contrattazione e la detassazione della retribuzione accessoria;
8. il riordino delle funzioni e delle carriere necessario per conseguire un sistema più efficiente, in grado di garantire maggiori operatività e produttività;
9. l’attuazione della previdenza complementare per gli operatori dell’intero Comparto sicurezza e difesa, la sanatoria del pregresso ed il mantenimento dei trattamenti economici aggiuntivi per infermità dipendenti da causa di servizio;
10. la riforma della Dirigenza del Comparto.
Premesso quanto sopra, è doveroso per noi tutti lanciare un grido d’allarme, nella speranza che il senso dello Stato induca il Governo a cambiare subito e radicalmente la propria politica sulla sicurezza e sulla difesa, modificando in sede di conversione in legge il contenuto del decreto.
Altrimenti i sindacati del comparto saranno costretti ad una imponente, motivata, giustificatissima manifestazione di protesta.
Roma,17 luglio 2008
ORGANIZZAZIONI SINDACALI DEL COMPARTO SICUREZZA
SIULP – SAP - SILP PER LA CGIL - SIAP/ANFP – CONSAP/ANIP/ ITALIA SICURA – FSP/ UGL – COISP - UILPS DELLA POLIZIA PENITENZIARIA SAPPE - OSAPP - CGIL FP – CISL FP – UIL PA - SINAPPE – SIAPPE – USPP (UGL-CLPP-LISIAP) -DEL CORPO FORESTALE DELLO STATO -SAPAF - CGIL FP - CISL FP - UIL PA - UGL – FESIFO (SAPECOFS-CISAL-DIRFOR) -LE RAPPRESENTANZE MILITARI DEL COMPARTO SICUREZZA- COCER CARABINIERI - COCER GUARDIA DI FINANZA -LE RAPPRESENTANZE MILITARI DEL COMPARTO DIFESA COCER ESERCITO - COCER MARINA MILITARE - COCER AERONAUTICA MILITARE
Giustizia: i contenuti del "decreto sicurezza" approvato oggi
Ansa, 16 luglio 2008
Rinvio di 18 mesi dei processi "meno gravi"; elenco dei procedimenti penali che dovranno essere trattati prima degli altri; uso dell’esercito per garantire la sicurezza nelle strade; articolo 416-bis anche per le mafie straniere; aggravante della clandestinità. Sono queste alcune delle novità principali contenute nel decreto sicurezza sul quale l’aula della Camera è chiamata a votare la fiducia al governo.
Corsia preferenziale processi - Ogni ufficio giudiziario dovrà stilare, alla luce della direttiva del governo, un elenco dei processi che avranno corsia preferenziale nella formazione dei ruoli di udienza. E di queste priorità individuate, i capi degli uffici dovranno informare Csm e ministero della Giustizia.
I processi che hanno la precedenza - Passano in secondo piano tutti i processi che sono stati colpiti dall’indulto, che riguardano cioè reati commessi fino al 2 maggio 2006. Mentre dovranno essere celebrati subito i processi che prevedono il rito per direttissima, quelli con imputati detenuti e quelli che riguardano reati più gravi come mafia e terrorismo, incidenti sul lavoro, circolazione stradale, immigrazione clandestina. E quelli che hanno una pena superiore ai 4 anni. In più, i capi degli uffici giudiziari, nell’individuare i criteri di rinvio, dovranno tener conto della "gravità e della concreta offensività del reato, del pregiudizio che può derivare dal ritardo per la formazione della prova e per l’accertamento dei fatti, nonché dell’interesse della persona offesa".
Rinvio e prescrizione - Il rinvio non potrà superare i 18 mesi e sospende i termini di prescrizione. Non potrà essere disposto se l’imputato si oppone e se è già stata chiusa la fase del dibattimento. Gli elenchi delle priorità disposti dai singoli Capi degli uffici dovranno essere comunicati al Csm e al Guardasigilli che esprimerà la sua valutazione in sede di relazione annuale alle Camere sull’amministrazione della Giustizia. La parte civile potrà rifarsi in sede civile. In questo caso i termini a comparire saranno ridotti della metà e il giudice dovrà dare la precedenza.
Immigrazione clandestina - Tra i processi prioritari rientrano anche quelli per i reati relativi all’ingresso illegale in Italia (nel testo precedente non erano previsti).
Patteggiamento allargato - Per i processi colpiti da indulto si potrà ricorrere al patteggiamento, sempre che siano ancora in primo grado, e anche se sono scaduti i termini. Potrà essere chiesto anche se era già stato respinto in precedenza.
Uso esercito - Il ministro dell’Interno, di concerto con quello della Difesa e sentito il presidente del Consiglio, potrà ricorrere all’uso delle forze armate fino a 3.000 unità e per non più di sei mesi ogni volta che individuerà delle emergenze.
Pene più severe se identità è falsa - Inasprite le pene per chi dichiara una falsa identità a un pubblico ufficiale: reclusione da uno a sei anni (prima il massimo era tre anni). Introdotta la stessa pena anche per chi, per impedire l’identificazione, "altera parti del proprio o dell’altrui corpo".
Cambia 416-bis, condanne più dure e si apre a stranieri - Aumentano di due anni le pene per l’ associazione mafiosa e si estende il reato anche alle organizzazioni straniere.
Precedenza per infortuni sul lavoro - Nella formazione dei ruoli d’udienza i tribunali dovranno dare "priorità assoluta" ai reati commessi in violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Carcere per chi affitta a clandestini - Reclusione da sei mesi a tre anni per chi dà alloggio, "al fine di trarne ingiusto profitto", a immigrati clandestini. Prevista anche la confisca della casa. Inasprite le pene per chi dà lavoro a stranieri senza permesso di soggiorno.
Stretta contro ubriachi al volante - Modifiche al codice penale con la previsione di una pena da 3 a 10 anni di reclusione per l’automobilista ubriaco o drogato che causa incidenti mortali, con revoca della patente. Prevista anche la confisca del veicolo.
L’aggravante clandestinità - Pene aggravate di un terzo se a compiere reato è un soggetto presente illegalmente in Italia.
Ergastolo per chi uccide pubblico ufficiale - Introdotta l’aggravante che comporta l’ergastolo nel caso di omicidio di un ufficiale di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria.
Lotta a contraffazione - Sono introdotte norme specifiche in materia di distruzione delle merci contraffate sequestrate.
Espulsioni più facili per stranieri - Si ampliano i casi di espulsione su ordine del giudice per gli stranieri condannati. Sarà espulso chi è condannato a più di due anni di reclusione (prima era 10 anni). Obbligatorio l’arresto dell’autore, anche se non c’é flagranza, e si procede con rito direttissimo.
No a gratuito patrocinio per condannati mafia - I mafiosi già condannati non potranno più avvalersi del gratuito patrocinio.
Più coinvolgimento sindaci e polizie locali - Ai fini della sicurezza si danno più ampi poteri ai sindaci che potranno, per alcune misure, non rivolgersi neanche ai prefetti e la polizia di Stato dovrà coordinarsi anche con le polizie comunali e provinciali.
Giustizia: un pm a Capo del Dap; Margara fu unico "esperto"
di Giancarlo Trovato
Rinascita, 16 luglio 2008
Su proposta del Guardasigilli Angelino Alfano, da venerdì scorso il pubblico ministero Franco Ionta è il nuovo capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia e, pertanto, a lui è affidata la delicata gestione dell’intero pianeta carcere.
Le competenze del Dap - per la legge del 1990 che l’ha istituito - sono così delineate: attuazione della politica dell’ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari, trattamento dei detenuti e degli internati, nonché dei condannati e internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione; coordinamento tecnico-operativo, direzione e amministrazione del personale e dei collaboratori esterni dell’Amministrazione; direzione e gestione dei supporti tecnici, per le esigenze generali del Dipartimento stesso.
Considerato che - secondo quanto previsto dalla legge - l’incarico per dirigerlo deve essere affidato a un magistrato e stranamente non a un direttore penitenziario, che ha compiuto lunghi anni di carriera in carcere, la scelta dovrebbe ricadere perlomeno su chi ha maturato un’esperienza diretta e concreta in tale settore, esercitando la sua professione all’interno dei Tribunali di Sorveglianza. Ma in diciannove anni solo una volta è accaduto così.
Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Franco Ionta è da sempre agli onori della cronaca per aver coordinato importanti inchieste nella lotta al terrorismo di matrice brigatista, internazionale e islamica. Tra le ultime, in particolare, quelle sull’omicidio di Calipari e sul delitto D’Antona.
Sostituisce Ettore Ferrara, nominato il 6 dicembre 2006 dall’allora ministro della giustizia Clemente Mastella, che a maggio lo aveva voluto quale capo di Gabinetto. Prima di assumere la guida del Dap, era stato giudice presso il Tribunale di Napoli, Consigliere di Corte d’appello del capoluogo campano, Consigliere del Csm dal 1998 al 2002 e Consigliere di Cassazione nei tre anni successivi. Ferrara, a sua volta, aveva sostituito Giovanni Tinebra, divenuto procuratore generale di Catania.
Da quando si concluse l’incarico di Alessandro Margara, caduto sotto il fuoco amico per il suo innovativo iperattivismo, al vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria si sono succeduti Magistrati, in prevalenza Pubblici Ministeri, conoscitori del carcere non dal suo interno, ma unicamente come luogo da riempire di gente.
Dopo aver dato una storica impronta, moderna e umana, al Tribunale di Sorveglianza di Firenze, distinguendosi per essere uno dei padri della "legge Gozzini", Margara assunse la direzione del Dap nel luglio 1997 e la mantenne sino all’1 aprile 1999, quando apprese dai giornali che avrebbe dovuto lasciare il posto a Gian Carlo Caselli.
In un momento in cui la gestione del carcere appare assai complessa, anche per la mancanza di strutture e di operatori penitenziari, capaci ambedue di fronteggiare il costante aumento della popolazione detenuta (con gli stranieri inarrestabili nella corsa a raggiungere quota 50%), dovrebbe essere sentita come necessaria al vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria la presenza della figura di un "super-esperto".
Conoscendo la scrupolosa professionalità di Franco Ionta, non resta che augurarsi che sappia diventare tale, iniziando a conoscere il carcere anche dall’interno e scoprendo che ha urgente e non rinviabile necessità di modernizzarsi, abbandonando gli arcaici modi di conduzione, che - troppo spesso - consentono una gestione dittatoriale dei singoli direttori in maniera personalizzata, differente in ognuno dei 206 istituti penitenziari.
Non sarà facile utilizzando le leggi attuali. Serve che il legislatore abbia il coraggio di mettere mano a una radicale riforma, rivedendo la gestione dell’intero sistema (dal direttore al detenuto, passando per la polizia), la quale - a breve, medio e lungo termine - sappia dotare l’Italia di un sistema penitenziario veramente rieducativo. Soprattutto per garantire al cittadino la sicurezza, in virtù della limitazione della recidiva e dell’eliminazione dei cattivi maestri.
Rapporto Antigone
Dire, 16 luglio 2008
Rapporto Antigone. Al 31 dicembre 2007 il tasso di recidiva calcolato dopo un anno è del 13,35% per il campione di detenuti dimessi dalla misura alternativa e del 20,64% per quelli dimessi dal carcere. Per gli stranieri il tasso è del 16,92%.
La recidiva è più bassa tra gli immigrati rispetto agli italiani e in generale tra tutti i detenuti che hanno beneficiato delle misure alternative al carcere. Conferme e sorprese nel quinto Rapporto sulle carceri italiane di Antigone che contiene quest’anno anche un approfondimento specifico sul tema della recidiva, che aveva suscitato molte polemiche al tempo dell’indulto e che in genere viene utilizzato in modo spesso strumentale anche nei dibattiti generali sulle politiche penitenziarie.
Analizzando i dati aggiornati e confrontando i risultati con le ricerche precedenti, Antigone giunge alla conclusione che tra gli "indultati", ovvero tra tutti coloro che hanno beneficiato dell’indulto deciso dal governo Prodi, il tasso di recidiva (ovvero di reati che si ripetono e che riportano in stato di detenzione il soggetto) risulta sempre più basso tra coloro che provengono dalle misure alternative al carcere rispetto a coloro che provengono dalle misure restrittive normali. "I dati aggiornati al 31 dicembre 2007" ha detto oggi Giovanni Torrente "mostrano un tasso di recidiva del 13,35% per il campione di soggetti dimessi dalla misura alternativa e un tasso di recidiva del 20,64% per i soggetti dimessi dal carcere".
Antigone conferma dunque la maggiore efficacia delle misure alternative rispetto al reinserimento sociale dei detenuti e conferma al contrario la tendenza alla "fidelizzazione" al carcere. Chi è stato più volte in carcere - spiega Torrente - tende a tornarci anche con maggiore facilità in seguito. Nonostante questo le misure alternative sono ancora la cenerentola del sistema penitenziario italiano e al 31 dicembre 2007 risultavano in misura alternativa solo 4.600 persone. L’assurdità della situazione è data anche dal fatto che il 32% dei detenuti nelle carceri normali sono nei limiti dei 3 anni della pena, sono quindi (o meglio sarebbero) soggetti adatti alle misure alternative che però non vengono concesse o vengono concesse molto raramente.
Un fenomeno che riguarda in speciale modo i tossicodipendenti. Sempre rispetto alla recidiva, Torrente ha spiegato che la percentuale degli stranieri nelle carceri italiane è cresciuta dal 34 al 38% dopo l’indulto. Ma questo non vuol dire che tutti gli stranieri che avevano beneficiato dell’indulto sono poi tornati in carcere. Si tratta invece molto spesso di soggetti diversi. E i dati "al contrario" ci dicono che il tasso di recidiva tra i detenuti stranieri risulta più basso di quello degli italiani: 17% circa (16,92 per la precisione) contro il 22,90% degli italiani. Gli stranieri che beneficiano delle misure alternative al carcere sono una esigua minoranza.
Giustizia/Carcere: i detenuti sono 12.000 in più dei posti disponibili
Dire, 16 luglio 2008
Rapporto dell’associazione Antigone. I detenuti sono in tutto 54.605, i posti letto regolamentari sono 42.890. Il 31 dicembre del 2007 i detenuti erano 48.693. In sei mesi sono cresciuti di poco meno di 6 mila unità.
È di nuovo emergenza sovraffollamento nelle carceri italiane. L"effetto indulto sembra ormai molto lontano e le cifre assolute dei detenuti stanno tornando ai picchi che si erano registrati prima dell’applicazione del provvedimento di clemenza. In alcuni carceri italiani il tetto è stato comunque ampiamente superato e in tutti gli istituti ormai ci sono più detenuti che posti letto. È questo in sintesi il nocciolo del quinto Rapporto sulle carceri curato dall’associazione Antigone e presentato questa mattina a Roma nella sede della Fondazione Basso. Complessivamente, si legge nel Rapporto, i detenuti sono oggi 54.605. I posti letto regolamentari sono 42.890. Vi sono 11.715 persone in più rispetto ai posti letto disponibili.
Il 31 dicembre del 2007 i detenuti erano 48.693. In sei mesi sono cresciuti di poco meno di 6 mila unità. Mille detenuti in più al mese. Erano 39.005 il 31 dicembre del 2006. Per tutto il 2007 il tasso di crescita mensile è stato di 807 detenuti. Il 31 dicembre del 2005, ossia sette mesi prima dell’approvazione dell’indulto, la popolazione detenuta ammontava a 59.523 unità. Ora siamo ormai vicini ai 55 mila. Manca pochissimo al ritorno al picco pre-indulto. Anche perché quello che spaventa sono i ritmi di aumento della popolazione carceraria.
Antigone ha fatto qualche calcolo e qualche paragone storico. Il 31 dicembre del 2001 i reclusi erano 55.275. Il tasso di crescita nel quadriennio del primo governo Berlusconi (2001-2005) è stato quindi di circa mille unità l’anno. Il 31 dicembre del 1996 i detenuti erano 47.709. Nei cinque anni di governo del centro-sinistra i detenuti sono cresciuti di poco più di 1.500 unità l’anno. L’aumento progressivo del tasso di crescita carcerario è l’effetto di due leggi: la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi-Fini sull’immigrazione. Leggi del 2005 e del 2002 che oggi iniziano a produrre i loro effetti inflattivi. Ma ora siamo a una crescita mensile impressionante, che sfiora appunto le mille unità. A tassi di crescita mensili di questa natura entro la fine dell’anno si sarà tornati alle cifre del pre-indulto e quindi all’emergenza assoluta in termini di sovraffollamento.
Nel Rapporto di Antigone si mettono in evidenza in particolare alcune situazioni di particolare affollamento a livello regionale: in Emilia Romagna le presenze ammontano a 3.857 mentre la capienza regolamentare è pari a 2.270. La percentuale di sovraffollamento è del 170%. In Lombardia ci sono 8231 detenuti per 5382 posti letto. La percentuale di sovraffollamento è del 152%. In Abruzzo, Sardegna e Umbria vi sono meno detenuti rispetto alla capienza regolamentare. Tra le carceri più sovraffollate: Monza (dove oltre 100 persone dormono sui materassi), la Dozza a Bologna, Poggioreale a Napoli.
Negli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), in cui sono recluse 1.348 persone, di cui 98 donne, le condizioni di vita sono troppo dure, diversi i casi di detenzione ingiustificata, eccessivo uso di letti di contenzione, strutture in alcuni casi sovraffollate e sporche, un internato su sei ha conosciuto l’esperienza della coercizione.
In tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari italiani sono presenti una o più sale di coercizione, con letti con cinghie di cuoio e in alcuni casi un buco al centro per i bisogni fisici. Il dato è preoccupante in sé, spiega Antigone, perché la pratica della coercizione è di per sé violenta, e non mancano casi di internati costretti al letto di coercizione sino a 14 giorni di seguito.
Un’esperienza che secondo i dati parziali raccolti (non si dispone dei dati relativi agli Opg di Napoli e Aversa (Napoli)), ha riguardato 195 soggetti: 84 a Reggio Emilia, 47 a Castiglione delle Stiviere (Mantova), 32 a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e a Montelupo Fiorentino (Firenze). Sul totale degli internati il 65,1% ha commesso un reato contro la persona, il 15,4% contro il patrimonio, il 4,9% contro la libertà sessuale.
Carcere: Un problema politico e culturale non piccolo
di Pasquale Martino (Assessore al Comune di Bari)
Liberazione, 16 luglio 2008
La legge Gozzini è un buona legge e va applicata. Se un condannato matura il diritto alla semilibertà, e trova una occasione di lavoro, sarebbe immorale negargliela.
La pena non può essere commisurata al dolore di chi ha subito il crimine: indulgere a ciò alimenterebbe un giustizialismo forcaiolo. Detto ciò, rimane un problema politico e culturale non piccolo, a cui non possiamo sottrarci. L’elaborazione della memoria degli anni Settanta sta producendo diversi processi culturali interessanti, e fra l’altro sta dando vitalità e forza a un soggetto prima disperso e sommerso: i familiari delle vittime di stragi e terrorismo.
Questo soggetto multiforme ambisce a domandare alla cultura e alla politica - quindi, per quanto ci riguarda, alla sinistra - il riconoscimento esplicito di una esperienza, di un percorso, di una sensibilità. Il riconoscimento della memoria delle vittime, poliziotti, agenti di scorta, giudici, operai, gente comune, uomini politici. Chiede che le loro vicende non siano relegate a scarti della "grande storia", ma ottengano il loro giusto posto dentro la narrazione collettiva dell’Italia repubblicana. Insomma, i familiari delle vittime chiedono una scelta e una "connessione sentimentale".
Io penso che abbiano ragione. A meno che riteniamo che in quegli anni sia stata combattuta una guerra civile in cui torti e ragioni erano equamente distribuiti; e che sia ancora da venire una soluzione politica che riconosca in qualche modo ai condannati per atti terroristici lo status di combattenti o di "compagni che hanno sbagliato".
Se non è così - e io non lo credo - allora è il momento che la sinistra costruisca, più di quanto abbia saputo fare finora, una connessione sentimentale con le storie di coloro che sono stati uccisi, e dei loro cari. Il resto verrà da sé. Sarà naturale condividere in toto la legge Gozzini e guardare a un condannato per fatti di terrorismo come a una persona che ha diritto di rifarsi la vita con il lavoro, che ha diritto di essere curato nel modo migliore se è in gravi condizioni di salute, ma che certamente ha ben poco da insegnare, e tanto meno può essere un po’ compatito come se fosse un perseguitato (fatta salva l’eccezione, che ci può essere e c’è), specie poi se la latitanza gli ha consentito di non scontare la pena.
Giustizia/Carcere- Quando si strumentalizzano i fatti di cronaca
In relazione al doloroso fatto di cronaca accaduto a Pescara recentemente, facciamo presente che, nella sezione della Cronaca locale del "Messaggero Abruzzo", del 08/07/2007 a pagina 38, dedicata al "delitto di Villa De Riseis", è stata pubblicata una nota della UIL Penitenziari che, di seguito si riporta:
Titolo: La Polemica
"Il delitto si sarebbe potuto evitare con un reale sistema di controlli sui detenuti ammessi a misure alternative" E' l'atto d'accusa del Segretario della UIL Penitenziari Eugenio Saturno. Controlli che avrebbero permesso di trovare la pistola.
La persona incriminata era in realtà, come riportato successivamente in vari articoli, un internato, quindi sottoposto ad una misura di sicurezza, a cui era stata concessa una licenza.
Durante la Licenza l'internato è sottoposto al regime della Libertà Vigilata (vedi articolo 53 dell'Ordinamento Penitenziario).
La Libertà Vigilata non è una misura alternativa è una misura di sicurezza.
Chi è in Libertà Vigilata è sottoposto alle attività di vigilanza dell'Autorità di Pubblica Sicurezza (articolo 228 del Codice Penale).
L'errore della UIL Penitenziaria è duplice sia perchè la misura della Libertà Vigilata non è una Misura Alternativa e sia perchè le attività di controllo sono di competenza dell'Autorità di Pubblica Sicurezza (articolo 228 del Codice Penale e articolo 53 Ordinamento Penitenziario).
Ci preoccupa che si colga qualsiasi occasione o fatto di cronaca per creare disinformazione, allarmismo e preoccupazione nell'opinione pubblica in merito alle Misure Alternative; l'intervento riportato sul quotidiano Il Messaggero sembra dettato dallo scopo non dichiarato di favorire l'accesso della Polizia Penitenziaria ad un ruolo extracarcerario.
Assistenti Sociali dott.ssa Anna Insardi e dott.ssa Luana Tunno
martedì 15 luglio 2008
NEWS SINDACALI- UGL MINISTERI
LETTERA AL NOSTRO DATORE DI LAVORO
RENATO BRUNETTA
e-mail: r.brunetta@governo.it - Fax 06.68997210
Caro Ministro,
siamo dipendenti dello Stato e vogliamo, insieme a Te, riorganizzare gli uffici pubblici, partendo dalla valorizzazione delle nostre professionalità per ricostruire una Pubblica Amministrazione efficiente ed al servizio dei cittadini.
È necessario, però, prima di iniziare questo difficile, ma non impossibile percorso, dirTi che non corrisponde a verità il fatto che i nostri stipendi siano aumentati più dell’inflazione reale, anzi è esattamente il contrario, perché secondo i dati ufficiali di fonte ISTAT, della Ragioneria dello Stato, della Corte dei Conti e del Governatore della Banca d’Italia, i rinnovi contrattuali nel Pubblico Impiego del personale contrattualizzato, omnicomprensivi della quota di produttività, sono al di sotto dell’inflazione effettiva, misurata dall’indice dei prezzi al consumo delle famiglie e degli impiegati.
È giusto, poi, non mettere insieme il personale contrattualizzato con quello che è regolato da leggi (magistrati, docenti universitari, prefetti, diplomatici, militari, dirigenti, organi costituzionali, consulenze) perché così facendo, si altera in concreto, il valore reale di quanto effettivamente guadagna un semplice impiegato.
In qualità di datore di lavoro, Tu dovresti prevedere, per i prossimi rinnovi, risorse in grado di remunerare le nostre professionalità, che sono da sempre al servizio dello Stato, cancellando definitivamente: le consulenze; le esternalizzazioni; le privatizzazioni.
I soldi risparmiati da questi tagli DEVONO essere destinati ai rinnovi contrattuali.
Noi dipendenti siamo pronti a cambiare l’organizzazione pubblica, che ad oggi, a causa di riforme sbagliate, è al collasso, e Tu impegnati ad allineare i nostri stipendi a quelli dei colleghi europei.
Un datore di lavoro, come dici di essere, per un progetto di rilancio della Pubblica Amministrazione, deve mettere in campo, come contropartita, risorse economiche aggiuntive.
Di sicuro quelle previste, individuate con riferimento ad un indice inflattivo pari all’1,7 e 1,5%, sono insufficienti, poiché l’inflazione reale è più elevata ed il costo della vita è quintuplicato negli ultimi anni.
Compito di un datore di lavoro è quello di creare armonia nell’ambiente lavorativo, rassicurando i propri dipendenti, noi invece non siamo affatto tranquilli, perché non riusciamo neppure ad arrivare alla terza settimana con i nostri miseri stipendi !
La nostra busta paga è già decurtata dal varie ritenute (ormai sfiorano il 50%), quindi Ti chiediamo di mettere sul tavolo della trattative le risorse necessarie e di stringere con il Pubblico Dipendente, che ha giurato fedeltà allo Stato, un patto teso a valorizzarne le professionalità interne, incentivando la produttività individuale e istituendo:
1) una banca dati delle professionalità trasversali per aree omogenee;
2) imporre alle P.A., che vuole ricorrere a consulenze o incarichi esterni la previa verifica dell’assenza nella banca dati suddetta delle professionalità interne richieste.
Caro Ministro,
puoi contare sul Pubblico Dipendente e sui Funzionari dello Stato, che vogliono, pretendono, partecipare al cambiamento della Pubblica Amministrazione e elevare la produttività industriale del paese.
FIRME
______________________ ______________________ ______________________
______________________ ______________________ ______________________
______________________ ______________________ ______________________
______________________ ______________________ ______________________
______________________ ______________________ ______________________
______________________ ______________________ ______________________
______________________ ______________________ ______________________
www.dariodenni.it
No, io mi chiamo fuori. Non sono d’accordo. Brunetta, come gli altri, è un ministro con la m minuscola. Come gli altri, avrà un team di consulenti e burocratici che poco conoscono le attuali norme. Ma v’è di più: non riescono neanche a scrivere nuove norme incastrandole con quelle già in vigore. Nella fattispecie, l’art. 71 del Decreto Legge 112/2008, altro non è che una ripetizione di norme già presenti in altri articoli di legge e contratti collettivi. La variante è nell’orario delle visite fiscali che, con il predetto articolo, viene allungato. Per il resto è ripetizione e non innovazione.
Ma v’è, ancora una volta, di più: non viene stabilito il come..ma anche questa non è una novità. Il numero dei medici “fiscali” sta diminuendo da anni. Non solo. I tagli di spesa e di cassa per …m’hanno tolto il Ministero della Salute.continua a crescere con le varie finanziarie.
L’articolo 71 quindi non chiarisce quali siano i mezzi finanziari che la struttura pubblica sanitaria dovrà utilizzare per mettere in pratica questa “innovazione”, con la i minuscola.
Una “innovazione, a dire il vero, c’è. La distribuzione delle risorse finanziarie recuperate con la decurtazione delle voci accessorie dello stipendio. Quella c’è, ed è innovazione. Avete presente una briciola di pane in un bicchiere d’acqua? Pensate qualcosa almeno cento volte più piccolo.
E sottileno il fatto che, come sempre, si inaspriscono le norme per i pesci piccoli ma per i grnadi mai. Perchè non si inaspriscono pure le norme sul dirigente pubblico che non promuove i dovuti controlli? …domanda stupida….vero? …E ancora…perchè il buon ministro, con la m minuscola, non promuove la riforma dell’art. 1 del Decreto Legislativo 165/2001? Magari potrebbe inserire tra i pubblici dipendenti anche i vari dipendenti, assunti senza concorso, nelle varie società per azioni controllate al 100% dal MEF (leggi Consip, Alitalia, FFSS, RAI, Enav ecc. ecc)? Insomma quelle grandi “holding”che hanno ingigantito il baraccone amministrativo e che con i vari prestiti ponte, continuiamo a pagare? (ndr l’innovativo decreto legge del ministro con la m minuscola prevede un prestito di 300 milioni di Euro a FFSS..in barba alle direttive dell’Unione Europea e alle critiche di Berlusconi per quello Alitalia..). E voglio continuare. I fannulloni ci sono, come in tutte le attività lavorative che siano pubbliche e private.
Un politico cos’è? Un pubblico dipendente? O un libero professionista?
Le assenze dei politici sono sempre tutte giustificate? Perché un politico può essere deputato, avvocato e magari sindaco di qualche comune e pure presidente o consigliere di varie società? E un dipendente pubblico, qualifica operario a Euro 800 al mese, perché non può cercare anche qualche altro lavoretto per far mangiare i figli? O anche solo per pagarsi una vacanzetta al mare?
Perché noi abbiamo portato nel Parlamento europeo il ministro con la m minuscola che a soli Euro 12.000 al mese ha tenuto alto il nome dell’Italia ponendosi ai primi posti dei parlamentari europei sempre assenti?
Le leggi ci sono. Le visite fiscali pure. I datori di lavoro erano e sono tenuti a mandare le visite fiscali! Basterebbe che qualche politico con la P maiuscola si leggesse le varie leggi già esistenti e cercasse di farle applicare!
Ti leggevo da quando scrivevi su fare la destra. E negli anni mi sono accorto che ti basta un uomo che sappia parlare, raccontarti di innovazione e gesta epiche per fomentarti.
L’Italia è in declino. Ho il serio e convinto presentimento che se non cambieremo la nostra cultura (e tocca a noi giovani) sarà sempre peggio, con gravi rischi economici!
Aquila Nera